Il governo di Londra salva Pegah dalla lapidazione
12 Settembre 2007
Almeno a Londra qualcuno ieri ha celebrato degnamente la
tragica commemorazione dell’11 settembre. In realtà è una “qualcuna”,
cioè Pegah Emambakhsh. Una donna che
proprio nella tarda serata di ieri ha riacquistato la libertà e la certezza di
non venire estradata in Iran dove l’attenderebbe la lapidazione. Pegah nota
ai media come “la lesbica di Teheran” da ieri ha acquisito lo status
di rifugiata politica.
La notizia della liberazione di
Pegah Emambakhsh dal centro di detenzione di Yarl’s Wood è arrivata proprio
ieri notte a Matteo Pegoraro, Roberto
Malini e Dario Picciau del Gruppo EveryOne%2C una ong che si occupa di diritti
umani e che insieme al sito internet secondoprotocollo.it si era battuta
strenuamente perchè il governo di Gordon Brown ripensasse l’atto con cui aveva
accettato incredibilmente di dare corso all’estradizione della stessa donna
verso l’Iran.
E infatti proprio da
“secondoprotocollo.it” è arrivata stamani di buon ora la splendida
notizia. La mobilitazione a favore di Pegah
era iniziata poco dopo ferragosto quando il tam tam di internet aveva fatto
finire la sua storia anche sui grandi quotidiani come il Corriere della Sera. I protagonisti del piccolo
miracolo adesso usano toni entusiastici, ancorchè oggi alle due del pomeriggio
la notizia era stata ripresa solo dal sito internet della Stampa di Torino.
A Londra gli amici di Pegah,
presso cui la donna provvisoriamente risiede, hanno sottolineato il fatto che
” i ragazzi del Gruppo EveryOne guidato da Roberto Malini, Dario Picciau e
Matteo Pegoraro sono stati fantastici, hanno organizzato una iniziativa,
“Flowers for Pegah”, che ha portato nel carcere dove Pegah era detenuta
qualcosa come 30.000 mazzi di fiori, mettendo in crisi l’intero apparato
detentivo inglese… insieme abbiamo intaccato il sistema quando abbiamo proposto
all’Italia di accogliere Pegah, una richiesta appoggiata da migliaia di firme e
che non poteva essere sottovalutata.”
Per gli avvocati è un’ottima
notizia “perché Pegah non è più considerata una clandestina ma una profuga con
diritto d’asilo. Entro due settimane sarà sentita per la prima volta dalla
Corte d’Appello e nei prossimi cinque mesi sarà ascoltata ancora, fino alla
concessione dell’asilo, ormai molto probabile”.
Pegah Emambakhsh che è una donna
di 40 anni aveva trovato rifugio nel
Regno Unito nel 2005, in seguito all’arresto, alla tortura e alla condanna a
morte per lapidazione della sua partner sessuale. Ma la sua domanda di asilo era stata respinta con motivazioni a dir poco
burocratiche: secondo l’Asylum Seeker
Support Initiative di Sheffield, dove Pegah si trovava fino a ieri sera
rinchiusa, “quando le è stato chiesto di fornire le prove della sua
omosessualità e lei non ha potuto farlo”.
Ci si chiede che tipo di prove
dovesse dare. A metà agosto le era anche stato riferito che doveva essere
deportata. L’estradizione doveva avvenire il 23 agosto e all’ultimo momento era
stata rinviata al 28. Poi finalmente la campagna stampa promossa dal
gruppo Everyone e ieri anche l’attesa svolta che dovrebbe avere scongiurato per
sempre almeno l’esecuzione della condanna a morte che la riguarda. Lei ci ha guadagnato la pelle,
l’Inghilterra almeno la faccia.