Il governo dovrebbe essere più vicino all’Islam italiano moderato

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Il governo dovrebbe essere più vicino all’Islam italiano moderato

28 Aprile 2009

Negli ultimi tempi si parla di nuove forme di terrorismo dicendo che ai metodi tradizionali ora si sarebbe aggiunto un altro tipo di jihad, quello che si svolge nei tribunali e che ottiene lo scopo di spaventare personalmente ed anche economicamente.

Anche io come molti altri giornalisti, circa 45, tra cui tutti quelli che si occupano di islam nella redazione dell’Occidentale diretta da Giancarlo Loquenzi, sono stata querelata dall’UCOII per diffamazione. L’accusa è basata su una mia intervista rilasciata a “Il Giornale” e su un mio intervento alla Camera dei Deputati dove ho affermato che l’UCOII non ha firmato la Carta dei Valori stilata dal Ministero per entrare a fare parte della Consulta per l’Islam e che la stessa organizzazione è riconosciuta da parecchi Paesi, non solo europei, ma anche arabi, come un’organizzazione di estremisti.

Lo scorso 22 Aprile la Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera ha giudicato insindacabili le affermazioni per cui sono stata denunciata, in quanto espresse nell’esercizio della mia funzione parlamentare. La Camera, all’unanimità, ha optato per un giudizio di insindacabilità che sta a presidio della libertà di opinione dei parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni e a tutela di un dibattito assembleare il più libero, informato, genuino e indipendente possibile. Si tratta dunque di una prerogativa funzionale dell’organo di appartenenza: “ciascun parlamentare deve essere difeso da iniziative giudiziarie pretestuose, infondate o intimidatorie”, riporta la decisione del Parlamento.

Ma c’è di più: lo stesso Ministro Maroni, lo scorso 20 Aprile, ha confermato in un comunicato stampa che l’UCOII non è tra i sottoscrittori della Carta dei valori. Maroni, tuttavia, non si sente di escludere dalla Consulta Islamica quella che definisce, sì, la più grande e ramificata organizzazione islamica in Italia, ma che reputa anche essere “su posizioni radicali perché sostiene la Fratellanza Musulmana, cioè una dottrina fortemente identitaria che contrasta l’integrazione, soprattutto nei Paesi occidentali”. Il fatto che il Ministro ritenga non rappresentative le correnti di islamici moderati mi ha stupito: mi preme qui ricordare che la rappresentatività non viene misurata nel numero dei garage aperti, ma nella forza del pensiero diffuso di una maggioranza di musulmani moderati. Gandhi, attraverso la forza e la semplicità delle sue idee, è riuscito a cambiare il volto del mondo.

Recentemente poi ho ricevuto da Abdellah R. una mail che denuncia non solo la presenza di imam  “fai da te” esaltati e integralisti che spendono “parole di odio per le altre culture, inneggiano alla jihad e promuovono raccolte di fondi per scopi non chiari”. Così come è successo nella scandalosa vicenda della moschea di Colle Val d’Elsa in cui non si sa ancora che fine abbiano fatto i fondi insieme al suo imam Fares Jabaren, sparito nel nulla da un giorno all’altro. Afghanistan? Pakistan? Ci venga fornita una risposta.

Abdellah continua snocciolando nomi, indirizzi e associazioni a Torino che agiscono in maniera spregiudicata: come lupi travestiti da agnelli partecipano alle tavole rotonde per la pace, ma sottobanco affilano le loro armi spesso ben più potenti di bombe e kalashnikov: perché fanno leva sulla persuasione, sulla movimentazione di denaro e su finanziamenti poco trasparenti che non si sa da dove partano, né dove arrivino. “La comunità musulmana moderata – continua Abdellah – sta cercando davvero un’integrazione nella società torinese, ma gli imam integralisti islamici lo impediscono, perché altrimenti perderebbero il controllo sui musulmani e non potrebbero tenerli chiusi in una realtà di menzogne da loro costruita”.

Si tratta di una testimonianza importante che dà la misura della battaglia che infuria all’interno delle comunità musulmane, spaccate da una divisione che vede sempre più contrapposti frange integraliste intransigenti e moderati che aspirano ad una convivenza pacifica. Proprio per questo, assieme all’avvocato Loredana Gemelli, già legale parte civile, con la sua équipe, nel processo per Hina Salem, che si è offerta di difendere gratuitamente tutti i giornalisti querelati dall’UCOII, ho sporto denuncia alla polizia della Camera affinché venga fatta chiarezza su una vicenda che è tanto esplosiva quanto una polveriera. Ed infatti, anche i moderati di Torino, con in testa l’intellettuale Mohamed Lamsouni da tempo prendono una posizione netta di distanza da pensieri estremisti: mi chiedo anch’io perché la voce di tanti moderati che chiedono a gran voce chiarimenti venga ignorata o addirittura oscurata, senza ricevere alcun appoggio istituzionale.

Detto questo il puzzle comincia a comporsi e non si possono chiudere gli occhi di fronte a manovre fosche e pericolose: l’avanzata dell’Islam estremista prosegue minacciando la dignità dell’uomo e della donna, i diritti fondamentali dell’individuo e la vita democratica nel nostro Paese. Da tempo i rapporti di Polizia e servizi segreti, oltre ai fascicoli presenti nei tribunali italiani provano i propositi oscuri di alcune organizzazioni.

Come ha scritto l’intellettuale Abennour Bidar in un suo intervento, la verità è che non esiste una comunità musulmana europea e che questa categoria risulta essere sociologicamente vuota: vi è piuttosto quello che lui chiama un self islam, cioè una cultura dell’autonomia e della scelta personale, un islam degli individui e non della comunità. E’ naturale allora che alcune organizzazioni concentrino i propri sforzi per terrorizzare, da una parte, e creare consenso, dall’altra. Porre le basi per un immaginario collettivo cui appellarsi rappresenta la condizione essenziale per far attecchire la cultura dell’estremismo, spacciata come cultura islamica. Una cultura che si nutre di odio e vede nell’Occidente e nelle sue radici culturali un nemico da abbattere, una sorta di zona franca in cui portare avanti la propria “battaglia di civiltà”: una strategia lenta e a lungo termine su cui l’attenzione deve restare sempre alta.

Proprio per questo è invece necessario favorire un’integrazione reale che aiuti i musulmani e tutti gli immigrati in Italia a conoscere e comprendere il nostro Paese, attraverso lo studio della sua lingua e delle sue leggi, per accoglierli nel proprio tessuto sociale. Non significa attuare un’assimilazione coatta, ma un processo di vera integrazione Escluderli da questo significa consegnarli nelle mani degli estremisti e fornire un ulteriore pretesto per far attecchire l’odio religioso, culturale e, ahimè, razziale. Lo Stato ha il dovere di tutelare la libertà di espressione e di critica soprattutto per coloro – giornalisti, ricercatori e moderati – che hanno a cuore la civiltà e il futuro dell’Occidente.