Il governo ha ceduto, Hezbollah canta vittoria
13 Maggio 2008
Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha ottenuto quello che voleva. Il generale Wafiq Shuqeir rimane al suo posto come capo della sicurezza dell’aeroporto di Beirut, a garantire che le telecamere di Hezbollah continuino a fare il loro bravo lavoro di monitoraggio, mentre niente accadrà alla rete telefonica e al sistema di comunicazioni clandestino messo in piedi dal Partito di Dio. Così a Beirut è tornata la calma.
L’esercito controlla la città dopo che i miliziani di Al Mastaqbal, legati al partito sunnita di maggioranza di Saad Hariri, ne sono stati cacciati. Nel suo discorso alla nazione il premier Siniora ha lanciato pesanti accuse alle Forze Armate per il loro comportamento: hanno lasciato che Hezbollah prendesse il controllo di Beirut e hanno premuto su Siniora e i suoi ministri, ormai assediati nei loro uffici privi di potere, affinché accettassero le richieste degli Hezbollah e ritirassero i provvedimenti contestati. Il prezzo da pagare per placare la furia del Partito di Dio, ma un prezzo che potrebbe rivelarsi troppo alto anche per gli spericolati equilibrismi del generale Suleiman.
Se l’area della capitale è calma, scontri si sono registrati ancora nella serata di ieri ad est, attorno alla cittadina di Aley e a Tripoli, roccaforte di Al Mustaqbal. Il bilancio complessivo parla di oltre 50 morti e diverse centinaia di feriti, mentre molti cittadini libanesi sono già scappati verso le montagne. Al di là della situazione della sicurezza e della sua evoluzione, la prova di forza di Hezbollah lascia molti interrogativi sul futuro del Libano e di tutta la regione. Il governo Siniora è stato di fatto esautorato, incapace di far rispettare le proprie decisioni e di usare le Forze Armate. Queste ultime hanno forse evitato che il bilancio dei morti fosse più grave, ma hanno dimostrato di non essere in grado di affrontare militarmente Hezbollah, per via delle profonde divisioni confessionali interne, e di fatto si sono rese garanti delle sue richieste.
Parlare dunque di governo Siniora, e con il governo Siniora, è oggi un esercizio buono solo a salvare le apparenze diplomatiche, ma nella sostanza è privo di utilità. Quello che è accaduto in Libano non è tecnicamente un colpo di stato, ma qualcosa di ben più grave e potenzialmente più pericoloso. Con il suo arsenale, Nasrallah ha dato prova di poter prendere il potere nel giro di poche ore, e non sarebbero certo le Forze Armate libanesi o ciò che resta delle milizie sunnite e druse a impedirglielo. Tuttavia, Hezbollah sa che un golpe vero e proprio sarebbe una mossa sbagliata, di corto respiro, perché in quel caso non solo Israele ma l’insieme della comunità internazionale, compresa la maggioranza dei paesi arabi, non la accetterebbe e farebbe di tutto per contrastarla. La leadership del Partito di Dio non è così incauta da assumere le redini del Paese direttamente manu militari. Ha fatto qualcosa di più e di meglio. Ha messo il governo di fronte alla sua impotenza, lasciandolo formalmente in piedi in modo da non dare alla comunità internazionale il pretesto per intervenire. Un capolavoro. Così la diplomazia occidentale avrà sempre un numero di telefono da chiamare e potrà continuare a farlo fingendo che dall’altra parte del filo ci sia ancora un interlocutore legittimo che conta davvero qualcosa. Non avrà ragioni palesemente stringenti per intervenire contro Hezbollah e proseguirà insieme all’Onu nel suo esercizio di ipocrisia, ribadendo cioè il sostegno a Siniora e chiudendo gli occhi di fronte alla realtà di un Libano dove un governo legittimo non esiste più.
Viene da chiedersi quali potrebbero essere le conseguenze di questa situazione sulla stabilità dello scacchiere regionale e sulla missione UNIFIL. La prova di forza di Hezbollah è stata notevole. Il Partito di Dio ha preservato intatta la sua infrastruttura militare, e ha conquistato nuove posizioni in tutta la fascia centrale del Paese, creando un blocco sciita centro-meridionale in perfetta continuità territoriale e militare con la Siria. Una prospettiva da incubo per Israele i cui margini di manovra adesso si sono ridotti notevolmente. Basta un qualsiasi errore di calcolo, un semplice malinteso, una provocazione e la guerra scoppierà di nuovo. Allora che farà UNIFIL? Che faranno i nostri caschi blu? La mente corre al solito “Tutti a casa”, ma non ci vogliamo pensare. Già da questa vicenda UNIFIL è uscita gravemente ridimensionata. Fino al 5 maggio si diceva che i caschi blu si trovavano nel sud del Libano a sostegno del governo Siniora e per dare maggiore peso alle Forze Armate libanesi. Ora, del primo non resta più nulla, se non, appunto, una formale apparenza di sovranità, e delle seconde, che dire, se non che quando sono state chiamate a fare il loro dovere non lo hanno fatto. Tutto ciò deve inevitabilmente spingere i paesi i cui contingenti sono impegnati in UNIFIL, a cominciare da quello italiano e dalla Francia, a trarre le dovute conclusioni. Restare in Libano è diventato imbarazzante. Modificare il mandato della missione, rendendone più incisivi i compiti, sarebbe forse la soluzione più logica, ma come spesso accade le soluzioni più logiche sono anche quelle più costose. Oggi infatti non sembra che i paesi impegnati in UNIFIL muoiano dalla voglia di misurarsi contro le milizie di Nasrallah.