Alle dieci e mezzo del mattino di quel maledetto 12 novembre, un camion cisterna imbottito di tritolo salta in aria davanti alla base italiana “Maestrale” a Nassiriya. Il carabiniere scelto Andrea Filippa, 31 anni, un passato in Bosnia e nel Kosovo, reagisce sparando dal suo posto di guardia con il mitragliatore in dotazione. I kamikaze rispondono al fuoco. Il camion-bomba provoca l’esplosione della santabarbara della base italiana. Restano sul terreno 28 morti: 12 carabinieri, 5 soldati dell’esercito, 9 civili iracheni e 2 italiani. Circa 140 feriti.
La commozione popolare in Italia dopo l’attacco fu grandissima. In occasione dei funerali delle vittime gli italiani mostrarono grande compostezza e un forte senso di appartenenza nazionale. Ma ben presto le forze politiche tornarono a dividersi sulla permanenza delle truppe in Iraq. Lentamente sui morti di Nassiriya iniziò a scendere un velo di oblio. Il primo dicembre 2006 la bandiera italiana veniva ammainata e i nostri militari lasciavano la città irachena. Il governo Prodi completava il ritiro. Nella manifestazioni di piazza in Italia circolavano già i primi insulti contro i caduti italiani.
I familiari delle vittime sono stati i primi a reagire alla retorica spicciola di istituzioni disattente. Genitori, vedove, orfani, si sono chiesti perché ai loro cari fosse negata la medaglia d’oro al valor militare. Una delle vedove dichiarò: "Mi sento presa in giro. A noi non interessa il lato finanziario della vicenda perché non vogliamo la medaglia d’oro per ottenere il vitalizio. Vogliamo avere un riconoscimento perenne per chi è morto mentre serviva il proprio Paese e contribuiva a far rinascere la democrazia in Iraq".
Nel 2005 la Fondazione Magna Carta decise di promuovere una “Giornata della memoria” per ricordare i caduti italiani nelle missioni di pace italiane all’estero e nella lotta al terrorismo. Una ricorrenza a cui si è affiancata una proposta di legge che è stata depositata in Senato durante la scorsa legislatura. A farsene promotore, tra gli altri, fu il senatore di Forza Italia Gaetano Quagliariello che aveva lamentato la mancanza di iniziative pubbliche e istutuzionali su quella che è stata la più grande carneficina di militari italiani dopo la Seconda Guerra mondiale. La Fondazione pubblicò anche un libro "Nassiriya: Eroi senza medaglia" in onore di quei soldati che qualcuno ancora fatica a chiamare valorosi.
Oggi finalmente il governo italiano ha ricordato come si deve il nostro 12 Novembre. Il ministro della Difesa La Russa ha deposto una corona sull’Altare della Patria a cui è seguita una messa nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso il "commosso ricordo delle 19 vittime di quella terribile strage, a cui unisce la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita nell’assolvimento delle missioni di pace".
Il presidente della Camera Fini ha parlato di "quei nostri valorosi connazionali a cui rivolgiamo un pensiero deferente e commosso, stringendoci intorno alle famiglie dei caduti e partecipando al loro dolore". "Non possono esserci né stabilità né prosperità se i diritti umani sono calpestati e se la libertà è minacciata dal terrorismo”, ha concluso Fini invitando l’Assemblea a osservare un minuto di silenzio. Il Senato della Repubblica ha intitolato la sua Sala conferenze stampa ai caduti di Nassiriya.
Abbiamo raggiunto il senatore Quagliariello che ha commentato con queste parole la giornata della memoria: "è un evento che, solo fino a un paio di anni fa, non sarebbe stato neanche immaginabile". C’erano troppe divisioni tra destra e sinistra sull’Iraq e la guerra al terrorismo. Stavolta ha prevalso "una partecipazione bipartisan". La politica estera italiana inizierà a parlare una sola lingua pur nelle sue logiche e necessarie divergenze?
Resta aperta la questione dei mandanti e delle responsabilità. Quali furono le colpe del comando militare italiano in Iraq? Ci furono davvero delle "omissioni" nella gestione della difesa di Base Maestrale? E chi è stato il mandante della strage? Una inchiesta condotta dalla procura di Roma lo ha identificato in Abu al-Zarqawi, luogotenente di Bin Laden in Iraq. In alternativa si è parlato di una cellula terroristica libanese vicina ad Al Qaeda, visto che le modalità dell’attacco ricordavano gli attacchi terroristi condotti a Beirut nei decenni precedenti.
In ogni caso chi decise di colpire gli italiani veniva fuori da Nassiriya. La popolazione locale non era ostile al nostro contingente. E questo spiega perché gli italiani furono colpiti.
(Roberto Santoro)