“Il governo Monti non è un toccasana e il Pdl non può stare appeso a Casini”

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“Il governo Monti non è un toccasana e il Pdl non può stare appeso a Casini”

01 Marzo 2012

Non crede all’idea di un Monti dopo Monti e gioca la fiches del dirigente politico sul fatto che nel 2013 saranno la politica e i partiti a riprendersi la scena, da protagonista. L’orizzonte resta il partito dei moderati ma Massimo Corsaro (ex An), vicepresidente dei deputati Pdl, è convinto che per ‘findanzarsi’ con Casini bisogna essere in due (vale pure per Bossi). Piuttosto, sollecita un rilancio del partito pur apprezzando l’azione di rinnovamento portata avanti da Alfano.

Onorevole Corsaro, come è andato il vertice con Berlusconi? Cosa avete deciso?

È stato un vertice di organizzazione interna del partito e di confronto anche su temi di natura istituzionale. Abbiamo deciso di lavorare a una proposta di legge sul finanziamento ai partiti e sulle regole per la trasparenza che presenteremo a breve.

Obiettivo? In cosa consiste?

Garantire massima trasparenza nell’uso dei soldi, nell’individuare i canali di finanziamento della politica che siano verificabili e sotto gli occhi di tutti, strutturare l’organizzazione interna dei partiti in modo tale che vi siano dei livelli di controllo se non anche di certificazione delle risorse. E’ un tema sentito dall’opinione pubblica e siccome noi non abbiamo nulla da nascondere, siamo fortemente motivati ad essere i primi a presentare una proposta per modificare l’attuale norma.

Su questo sarete tutti d’accordo in parlamento…

La volontà è diffusa, poi bisogna che qualcuno si faccia parte attiva. Così come il Pdl è stato il primo partito a porre sul tavolo del confronto politico i dossier sulle riforme istituzionali e sul sistema elettorale, allo stesso modo sul finanziamento ai partiti laddove c’è una sensibilità condivisa, intendiamo intervenire con una nostra proposta.

Possibile che nella riunione a Palazzo Grazioli non abbiate parlato di amministrative?

Non ne abbiamo parlato, anche se è un tema sul quale stiamo ovviamente lavorando. Le amministrative sono un test elettorale molto complesso perché spesso rispondono a esigenze di carattere territoriale. Puoi avere una coalizione, in altri casi ci può essere bisogno di una lista civica di appoggio in altri ancora no. Diciamo che occorre procedere come quando si sfoglia un carciofo.

Ieri Maroni ha risposto stizzito alle parole di Alfano su “tra la Lega e l’Italia noi abbiamo scelto l’Italia”, dando per assodato che l’alleanza è morta e sepolta come peraltro aveva già certificato Calderoli. Con Lega è tutto finito?

Noi continuiamo a ritenere che dove abbiamo avuto esperienze positive di governo con la Lega il tentativo di riproporle vada fatto. Se nel partito di Bossi prevalgono altre logiche, da un lato motivate dalla loro opposizione al governo Monti, dall’altro magari a vicende interne di dialettica politica, ne trarremo le conseguenze. Anche perché i fidanzamenti si fanno in due e noi non vogliamo obbligare nessuno.

Come valuta la sollecitazione di Alfano a Casini sul partito dei moderati e la risposta ancora interlocutoria del leader Udc?

Il progetto di Alfano non è una novità, nel senso che nel Pdl c’è la volontà di provare a lavorare all’allargamento della base del consenso per l’area moderata. E’ il progetto naturale di un partito che vuole essere determinante che deve fungere da fulcro di attrazione e quindi essere determinante. E’ chiaro che la centralità la si determina essendo quelli che propongono istanze di collegamento e di costruzione di un futuro politico che, secondo me, è nell’interesse di quanti vogliono rappresentare il consenso dei moderati. Da questo punto di vista il progetto di Alfano non è una novità. Fa specie, invece, la sensazione che spesso da parte dell’Udc e di Casini vi sia la tentazione di far prevalere qualche forma di tatticismo del momento rispetto a una logica più generale: prima non andava bene l’alleanza con la Lega, adesso ci si attacca agli specchi su altre cose. Noi dobbiamo mantenere la nostra centralità offrendo opzioni, dopodiché il discorso sul fidanzamento vale per la Lega e vale per l’Udc: non intendiamo costringere nessuno.

Nella componente aennina c’è malumore per la virata al centro di Alfano. Matteoli e La Russa ad esempio chiedono un rilancio del Pdl mentre Alemanno e Ronchi puntano sul partito dei moderati. Lei che viene dalla stessa area da che parte sta?

Non mi piace la semplificazione relativa all’area ex An. Ci sono posizioni e sensibilità diverse, assolutamente trasversali tra gli ex An e gli ex Fi ad esempio su come si deve sostenere il governo: alcuni manifestano atteggiamenti acritici, altri esaltano l’azione dell’esecutivo quasi fosse la panacea a tutti i mali come se fossimo stati noi gli artefici del male, quando sappiano bene che la nostra esperienza di governo ha consentito di affrontare la fase più dura della crisi. C’è chi sembra averlo dimenticato e vede nell’operato di Monti una sorta di funzione salvifica che purtroppo – e lo dico realisticamente – non è.

Si spieghi meglio.

Lo dimostrano le circostanze. Da quando c’è questo governo le agenzie di rating hanno retrocesso l’Italia dimostrando così che non bastava mandare a casa Berlusconi. E’ un aspetto che a molti di noi fa dire che per senso di responsabilità verso il paese abbiamo rinunciato a un governo eletto democraticamente e non sfiduciato, ma questo non significa buttare il cervello all’ammasso e ritenere che tutto ciò che ci viene propinato sia la scienza assoluta. Rivendichiamo la nostra criticità rispetto ad alcune scelte dell’esecutivo e lavoriamo per migliorare i provvedimenti che arrivano in parlamento.

Come accaduto sulle liberalizzazioni?

La nostra posizione è stata molto chiara fin dall’inizio: siamo stati il primo partito ad attivare tavoli di confronto con tutte le categorie toccate direttamente o indirettamente dal testo uscito da Palazzo Chigi. Riteniamo da sempre che le liberalizzazioni vadano fatte e anche di corsa ma quelle vere, cioè banche, assicurazioni, servizi pubblici locali, rete del gas e dell’energia, acqua, ferrovie. Qualcuno mi spieghi dove sta la maggiore produttività e ricchezza per il paese sull’aumento del numero delle licenze dei taxi o sul fatto che alcuni farmaci escono dalle farmacie ed entrano nei supermercati.

Quanto ha inciso il Pdl sulle modifiche al provvedimento?

Abbiamo ottenuto miglioramenti sensibili sulle banche, sulla separazione di Eni e Snam. C’è ancora molto da fare sui servizi pubblici locali, il trasporto su ferro; le assicurazioni poi sono state solo sfiorate.

Nel Pdl e nel Pd è scattata la gara a chi è più montiano di Monti e lo stesso Berlusconi non ha escluso che l’esperienza di questo governo possa superare il 2013. Lei come la vede?

Io a questa ipotesi non credo. Siamo di fronte a una stagione straordinaria rispetto alla quale la politica ha fatto un passo indietro con grande senso di responsabilità, nella speranza che il venire meno della contrapposizione frontale tra gli schieramenti, possa consentire alla tecnicità di conseguire risultati immediati sul versante della crisi e questo è l’auspicio di tutti, indipendentemente dalla provenienza politica. Tuttavia, alla prossima tornata elettorale credo che la politica debba tornare protagonista e con essa si debba tornare all’unico sistema in grado di garantire il rispetto della volontà popolare, per il tramite dei partiti. Poi possiamo cambiare il nome dei partiti, le modalità di elezione ma non esiste al mondo un’altra forma di democrazia che non trovi nei partiti mediazione e rappresentanza. Altrimenti sarebbe anarchia.

Sì ma intanto occorre rilegittimare la politica e il ruolo dei partiti. In che modo?

Questo è il motivo per il quale non dobbiamo rinunciare a mettere in chiaro le nostre posizioni pur nel sostegno a questo governo. E non mi stupirei se qualche provvedimento non trovasse la totale adesione del Pdl perché i partiti e la politica devono prepararsi al vaglio, al giudizio dei cittadini.

La sensazione, invece, è che sotto l’ombrello di Monti la politica stia più comoda, al riparo. Cosa risponde?

Da parte di alcuni c’è questa tendenza ed è ciò che io cerco di contrastare.

Cosa serve per rilanciare il Pdl? I sondaggi sono tutt’altro che incoraggianti e cresce l’area del non voto.

I sondaggi in questo momento non sono incoraggianti per nessuno. Noi soffriamo, il Pd pure, il Terzo Polo non sfonda, la Lega nel migliore dei casi rimane ferma al palo. Il dato vero è la disaffezione di un’area vasta di elettori, sulla quale dobbiamo lavorare. Una parte di coloro che oggi dicono che non andranno a votare mano a mano che ci avvicineremo alle politiche diminuirà in maniera fisiologica, ma non c’è dubbio che è su quella fascia di consenso che dobbiamo recuperare. C’è un dato certo…

Quale?

Nel Pdl c’è stata una fase di sbandamento subito dopo le dimissioni di Berlusconi, diciamo di elaborazione del lutto. Oggi va superata con una forte azione di rinnovamento del partito, come hanno indicato Alfano e Berlusconi e come peraltro stiamo già facendo.

Faccia un esempio.

Il primo segnale concreto che abbiamo dato – e in questo siamo stati i primi – è stata la volontà di aprire una fase di ricambio generazionale dentro il partito, iniziata con l’elezione unanime di Alfano a segretario. Berlusconi proprio in questi giorni ha esortato chi sta in parlamento da trent’anni a essere meno ‘primadonna’ e a lasciare spazio alla nuova generazione della classe dirigente. Il cambiamento non è stato solo l’indicazione del segretario del Pdl ma ciò che Alfano sta facendo, ovvero l’avvio di una fase di strutturazione di un partito basato finora sulla rappresentanza carismatica del leader. Stiamo passando dalla fase carismatica a quella organizzativa, come dimostra il tesseramento – al di là di sterili polemiche spesso create ad arte internamente ed esternamente al Pdl – da cui poi è derivata la stagione congressuale che stiamo vivendo in queste settimane.

Con quali risultati?

Da un lato consolidando la rete del partito sul territorio con una classe dirigente scelta dal basso e non imposta; dall’altro dando una risposta netta e intransigente a quanti alimentano polemiche a fini speculativi. Insomma, chi ha fatto il furbo, ha fatto solo il cretino.

Le primarie in Puglia per i candidati sindaco hanno rivelato un dato insolito per un partito poco pratico di questo strumento: una massiccia partecipazione del popolo di centrodestra. Che significa? Possono essere estese anche per le altre cariche elettive e per scegliere il candidato premier?

 Credo che le primarie non debbano essere uno strumento al quale impiccarsi.  In politica l’obiettivo è il fine, non il mezzo. Le primarie sono il mezzo per arrivare all’individuazione della migliore candidatura sia per il partito che per la coalizione. Ma le opzioni – tutte credibili – possono essere anche più di una. In qualche caso le primarie possono essere un rafforzativo di una scelta; in altri casi io non mi ci impiccherei.

Alfano candidato premier alle primarie per il 2013?

Il mio voto andrebbe a lui.

Cosa farà Berlusconi tra un anno?

Sarà un leader politico di riferimento.

E Casini?

Auspichiamo che sia uno dei protagonisti della stagione di consolidamento del polo moderato.

E Bossi?

Più difficile da dire, perché in questo momento credo sia più impegnato sul fronte interno che esterno. La mia esperienza politica mi insegna che quando vi sono problematiche interne, chi non fa parte di quella realtà per una regola di galateo non dovrebbe entrare nel merito. Diciamo che se la devono sbrogliare da soli.