Il governo non fa miracoli, i partiti non fanno niente…

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Il governo non fa miracoli, i partiti non fanno niente…

13 Maggio 2012

Proviamo a parlarci chiaro, guardando per un momento le cose della politica come se le vedessimo per la prima volta, senza debiti e senza crediti verso alcuno. Il governo Monti non fa miracoli, sbaglia, pasticcia, torna sui suoi passi, ha spesso un linguaggio inadeguato nei toni e improvvisato nei contenuti e nel lavoro corale non manca qualche stecca. Però ha qualcosa che lo distingue dai governi precedenti: da l’impressione di fare ciò che dice voler fare. Ed é forse questo che gli fornisce il suo tratto meno politico.

Con questo non voglio dire che quello che fa é sempre la cosa giusta, anzi molte delle scelte del governo possono  non piacere e non essere condivise e anche legittimamente contrastate. Ma non mi sembra si possa accusare Monti e la sua compagine di ministri di ciò che in genere si imputa alla politica, il dire disgiunto dal fare, il promettere e non mantenere. Anche qui cerco di mantenermi su un giudizio di media. Gli uomini e le donne che formano l’esecutivo non sono tutti forgiati nella stessa lega e non formano un blocco omogeneo come un esercito di cloni. Ce ne sono che hanno convinto più di altri: penso alla Fornero e per certi versi anche alla Severino e a Grilli. Poi ce ne sono di deludenti come Passera, Ornaghi o la Cancellieri, e molti altri di cui si sono un po’ perse le tracce. Penso all’ammiraglio di Paola alla Difesa, a Riccardi e allo stesso Terzi.
Nel complesso peró, alle condizioni date e nel breve lasso di tempo trascorso dal suo insediamento, il governo ha fatto ciò che aveva detto di voler fare. Che ci piaccia o no.

Diverso é invece il giudizio sui partiti. Questi non hanno fatto (ancora?) quello che avevano detto di voler fare. La riforma costituzionale – riduzione del numero dei parlamentari, modifica dei poteri dell’esecutivo, revisione del bicameralismo – langue al Senato e comunque non sembra aver preso il passo necessario per arrivare a compimento entro fine legislatura. Al punto, stando a quello che intuisce dall’incontro tra Monti e Napolitano di ieri, che anche su questo fronte il governo sembra pensare a una propria iniziativa. La riforma elettorale che sembrava aver raggiunto un più incoraggiante punto di maturazione ha subito l’impatto del risultato delle amministrative costringendo i partiti ad un precipitoso ripensamento. La nuova legge sul finanziamento ai partiti e sulla loro natura giuridico-costituzionale ha una andamento carsico, tanto che il governo ha dovuto mettere un suo commissario per sorvegliarne il percorso.

É questo gap tra il dire e il fare che mette la politica in condizioni di minorità rispetto all’azione di governo e rende meno credibili i sui proclami, le sue minacce e anche le sue trame. I partiti danno la costante impressione di ordire e non ardire, di riprodurre vecchi schemi di autodifesa in un panorama che é invece completamente cambiato.  

Prendete la vicenda dei suicidi che se non fosse tragica sarebbe ridicola. Monti ha detto qualcosa che non doveva dire sulle responsabilità dei “costi umani”, tanto più lui che aveva raccolto una diffusa solidarietà quando Di Pietro lo aveva accusato in modo molto brutale di avere quelle morti sulla coscienza. Ma da qui a raccogliere le firme per chiedere a Monti di giurare e garantire che il precedente governo non ha nulla a che fare con i sucidi che ne passa. Davvero il Pdl ha bisogno della parola di Monti per sentirsi assolto dalle sue eventuali colpe. Non è questo un modo bambinesco di dargli addirittura troppa importanza? Eppoi siamo seri: o a un governo si può imputare qualsiasi cosa accade nel tessuto sociale del paese che è affidato alle sue cure, allora  ogni governo è responsabile anche di chi si toglie la vita per la disperazione ecomomica: da Parri a Monti per restare al dopoguerra. Oppure, e sarebbe meglio, si dovrebbe lasciare cadere un argomento così delicato e così soggetto all’emulazione invece di farne un bieco strumento di lotta politica.

E qui entra in gioco un altro elemento dell’attuale panorama poltico troppo spesso lasciato in ombra ma altrettanto determinante: non c’è infatti solo il governo e i partiti ad agire nello spazio pubblico ma ci sono anche i media, la stampa, i giornali, con il loro interessi, i loro guai, la fame di lettori che non è diversa dalla fame di elettori dei partiti tradizionali.

La vicenda dei suicidi, come ha mostrato un tempestivo studio dell’Istat, mette bene in evidenza il ruolo potente dei media nel determinare la temperie politica. Non c’è un’emergenza sucidi, dice l’Istat, anzi nei primi cinque mesi del 2012, il numero di coloro che si sono tolti la vita per cause economiche è inferiore alla media dei due anni precedenti. Semmai c’è un epidemia di populismo e di morbosità in molti giornali. I suicidi per causa economica che per anni non trovavano spazio neppure in un trafiletto in cronaca ora si guadagnano puntualmente le prime pagine. La drammatizzazione forse paga in termini di copie vendute, mettersi a parteggiare per i cittadini oppressi, facendoli magari apparire anche più oppressi di quello che sono,  consente ai giornali di fare la voce grossa contro il governo e attirarsi le simpatie di lettori svogliati e in libera uscita. Tutto questo si può capire, i giornali devono vendere e le provano tutte per tirarsi fuori da una crisi che somiglia molto a quella della politica contro la quale si scagliano con ritrovato ardore. Eppure qualche considerazione sull’effetto che fa dovrebbe risiedere anche tra chi mette i titoli in prima pagina, a meno di non volere considerare il quarto potere totalmente irresponsabile, mentre sappiano che non c’è potere senza responsabilità (l’Uomo Ragno docet).

Ai giornali può costare nulla incitare a giorni alterni i partiti a staccare la spina al governo Monti. Ce ne sono che hanno smesso di dare notizie e ormai si limitano a incitare i partiti alle elezioni anticipate. Quello che è certo è che costerebbe e molto ai partiti. Perchè forse è vero che la popolarità di Monti è in calo nei sondaggi, ma a parte Grillo che non appare pronto a prendere le redini del paese, è difficile credere che sarebbe premiato dalle urne chi decidesse di mandare il governo a casa anzitempo. Quello tra Monti e i partiti è un matrimonio di interesse divenuto necessario dopo il divorzio traumatico tra i partiti e gli elettori. E una nuova storia d’amore non sembra pronta a rifiorire in breve tempo.