Il governo prova a sciogliere il nodo invalidità civili
22 Luglio 2009
Il governo prova a sciogliere il nodo invalidità civili con due misure previste nel decreto legge n. 78/2009 (articolo 20). La prima, a favore di una semplificazione del processo di riconoscimento dello stato di invalidità civile (cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità), entrerà in vigore dal 1° gennaio 2010; la seconda, che apporta modifiche alla disciplina del contenzioso, invece, è immediatamente operativa (dal 1° luglio).
La prima misura si presenta come una vera e propria rivoluzione: dopo circa vent’anni, la disciplina subirà una radicale trasformazione che dovrebbe garantire ai cittadini trasparenza ed equità di trattamento. In sostanza, l’intero processo decisionale sullo status invalidante e sul riconoscimento delle relative prestazioni passerà in mano all’Inps.
Nel 2008 si sono contati più di 2,5 milioni di italiani che hanno ricevuto un sussidio per invalidità civile, per una spesa di 15 miliardi di euro; nel 2009 si prevede che saliranno a 3 milioni, per una spesa di 16,2 miliardi di euro. La riforma avanzata nel decreto manovra dovrebbe incidere (anche) su questi numeri: l’Inps, per conto dello stato infatti, ne ricaverà la possibilità di fare maggiori (e più opportuni) controlli, affinché le risorse vengano devolute a situazioni realmente bisognose e per smascherare i false invalidità.
Oltre questo la prima misura punta anche a migliorare prestazioni e tutele (cioè i bisogni, anche economici) di chi versa in stato invalidante, specialmente in termini di minor tempo-attesa per la prima liquidazione. In certe regioni, oggi, il sussidio arriva secondo prassi che non trova alcun tipo di intoppo; in altre regioni, invece, per poterlo incassare occorre attendere anche più di un anno. E’ questo il primo aspetto di disparità di trattamento esistente sul territorio nazionale, a cui si aggiunge un’altra sperequazione ingiustificata dovuta al fatto che tra regioni e regioni, tra territori e territori, spesso le Asl adottano criteri e metodi differenti per riconoscere lo status invalidante.
L’attuale procedura per il riconoscimento dell’invalidità civile prevede in media un tempo-attesa di 345 giorni; con la riforma dovrebbe scendere a 120 giorni. Oggi, in particolare, chi deve chiedere il riconoscimento dell’invalidità civile è tenuto a formulare domanda all’Asl dove passerà una prima visita medica. L’Asl trasmette il verbale all’Inps, che lo vaglia potendo dare accordo alla decisione dell’Asl o richiedere ulteriori accertamenti (il che vuol dire riprendere esami e visite mediche). Una volta che l’Inps conferma il verbale, questo è ritrasmesso all’Asl che lo invia all’ente concessore (regione, provincia, comune, asl, prefettura e Inps) che a sua volta lo ritrasmette all’Inps (in qualità, adesso, di ente erogatore) il quale può finalmente provvedere alla liquidazione. Dal 1° gennaio prossimo, invece, il cittadino potrà formulare la domanda direttamente all’Inps, in via telematica (su internet). Presso l’istituto di previdenza avverrà sia l’accertamento sanitario (opererà una commissione medica integrata: Asl e Inps) sia amministrativo definitivo, in un arco di tempo che non dovrebbe superare i 120 giorni per la liquidazione della prestazione.
Per quanto riguarda la seconda novità, dal 1° luglio l’Inps è l’unico legittimato passivo nei ricorsi proposti in materia di prestazioni di invalidità civile. Ciò in quanto risultano soppresse sia la previsione della notifica degli atti introduttivi dei giudizi agli uffici dell’avvocatura dello stato, sia la previsione che nei medesimi giudizi sia considerato litisconsorte necessario il ministero dell’economia. La modifica al contenzioso, secondo l’Inps (circolare n. 93/2009), procede nell’azione di individuazione nell’istituto previdenziale il centro di responsabilità per la gestione coordinata delle attività e delle informazioni gestionali ed economiche connesse al processo di riconoscimento degli stati di invalidità civile.
Certo, è un campo molto minato quello in cui si muove la seconda traccia di riforma. Il contenzioso amministrativo e giudiziario è una zavorra che il nostro Welfare si tiri avanti da anni. L’ultima nota in merito è arrivata dal Civ dell’Inps (il consiglio di indirizzo e vigilanza) nella deliberazione n. 9 del 23 giugno scorso. I dati statistici sul 2008 forniti dal Civ denotano un’elevatissima percentuale di soccombenza delle cause in cui è coinvolto l’istituto di previdenza: il 53,1% su tutto l’universo delle prestazioni (pensionistiche, a sostegno del reddito, e via dicendo) significando che l’Inps vince solo nel 46,9% delle cause. Il settore delle invalidità civili è quello più critico: addirittura, il dato sulla soccombenza nelle cause schizza al 67,4% (il più alto di tutti ), che sta a significare che l’Inps vince soltanto 33 cause su 100 (cioè nel 32,6% dei casi); in valore assoluto, le cause perse dall’Inps sono state 97.162 quelle vinte 46.919.
Il divario è troppo evidente: il contenzioso Inps è un problema generale, ma quello sulle invalidità civili è un dilemma. Se dal dato totale sulla soccombenza delle cause si toglie il dato relativo alle invalidità civili – che da solo vale come detto il 67,4% – la percentuale scende al 46,8%, il che vuol dire che negli altri settori, escluso quello dell’invalidità civile, l’Inps vince più di 63 cause ogni 100: il 63,2%.
Puntando i riflettori sull’invalidità civile, il problema dunque non appare tanto nella gestione o nella procedura del contenzioso. C’è da chiedersi – e qui va trovata un’adeguata soluzione – perché su 100 cause intentate sull’invalidità civile i giudici danno ragione 68 volte alla parte ricorrente e solo 32 volte all’Inps? Probabilmente, la questione si annida nella presenza di una disciplina e di principi sul riconoscimento dell’invalidità civile (e delle relative prestazioni) che non è più a passo con i tempi e con l’evoluzione del pensiero giurisprudenziale. Pertanto, è vana la speranza di risolvere il problema modificando (solo) l’iter procedurale del contenzioso. Occorre, piuttosto, sciogliere l’Inps dal legaccio di dover adottare criteri e principi che i giudici possono disapplicare con facilità. Su questo fronte, il passo di riforma è troppo piccolo, forse insignificante.
E’ previsto, infatti, (comma 6 dell’articolo 20) che entro la fine del mese di luglio il ministro del lavoro, di concerto con quello dell’economia, convochi una commissione con il compito di aggiornare le tabelle indicative delle percentuali dell’invalidità civile (quelle che risalgono al 5 febbraio 1992). Ma a quando un vero e proprio aggiornamento della disciplina?