Il Governo si prepara ad affrontare gli esuberi e a salire sul treno della ripresa

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Il Governo si prepara ad affrontare gli esuberi e a salire sul treno della ripresa

08 Settembre 2009

Che strana crisi la nostra! Il barometro della congiuntura segnala un incremento straordinario della cassa integrazione e della disoccupazione, eppure l’Inps – che è poi l’Istituto che eroga le prestazioni – dichiara un avanzo di gestione per il 2009 intorno ai 6 miliardi di euro.

Quanto meno un siffatto risultato avrà pure un preciso significato: il Governo non mente quando afferma di aver stanziato risorse aggiuntive adeguate a far fronte ad una crisi improvvisa ed accelerata come quella da cui stiamo faticosamente uscendo. Certo, ora dobbiamo aspettarci il cosiddetto dimensionamento della struttura produttiva delle aziende. In sostanza, le imprese (che fino ad oggi hanno avuto la possibilità – grazie ai massicci stanziamenti della cig in deroga – di temporeggiare evitando le decisioni dettate dal panico del crollo del sistema come si temeva nei primi mesi dell’anno) dovranno cominciare a trarre dei bilanci sugli effetti della crisi e, se vorranno ripartire senza esiziali gravami, saranno costrette ad adeguare gli organici alle nuove dimensioni produttive e di mercato. Ma, come ha dichiarato la presidente Marcegaglia, non sarà una catastrofe.

Il sistema sarà in grado di fronteggiare alcune decine di migliaia di esuberi, non solo con l’intervento delle tutele sociali ma anche promuovendo politiche attive del lavoro, perché, insieme ai licenziamenti, vi saranno anche delle assunzioni.

Intanto, mentre il Paese guarda già avanti – come dimostrano gli esiti del questionario distribuito agli imprenditori presenti al Seminario dello Studio Ambrosetti a Cernobbio – le forze politiche si interrogano sulla gravità della crisi e sulla rapidità della ripresa. Persino il presidente della Repubblica ha ritenuto di prendere posizione esternando, nel messaggio inviato al Meeting di Villa d’Este, la convinzione che la crisi non sia finita. Così da oggi abbiamo anche una linea di interpretazione autentica, proveniente dal Colle, sui dati dell’economia e sulle relative performance.

Ma come stanno veramente le cose? In tanti si cimentano nel delineare degli scenari possibili (con diagrammi ad U o a WW a seconda delle differenti scuole di pensiero), ma in generale tutti gli osservatori nazionali ed internazionali concordano nel ritenere che si stia aprendo una fase nuova. Volendo fare il verso ad una frase celebre (una delle tante) di Winston Churchill (che usò questa espressione a proposito della vittoria nella campagna d’Africa) verrebbe da dire che siamo ormai "alla fine dell’inizio". Purtroppo, un dibattito estivo che – oltre al solito gossip – si è molto impegnato ad agitare problemi propagandistici (le differenziazioni salariali, tra Nord e Sud, ad esempio, una questione sicuramente da affrontare, ma assai mal posta fino adesso), non ha ancora consentito di individuare i termini delle sfide dell’autunno, ad eccezione del tema dei rinnovi dei contratti di lavoro che stanno man mano venendo a scadenza.

Il Governo, in quanto datore di lavoro dei pubblici dipendenti, si è accorto che il famoso indicatore IPCA è destinato a creare seri problemi, quanto meno nel primo triennio di applicazione. A fronte, infatti, di un saggio d’inflazione appollaiato sullo 0,50 per cento il nuovo indice consentirà – rebus sic stantibus – di rinnovare i contratti con un tasso pari ad almeno tre volte. Così una delle operazione più gravide di elementi critici si svolgerà in autunno sull’elaborazione delle piattaforme per i rinnovi dei contratti nazionali. E’ su questo terreno che la Cgil sta cercando di rientrare in gioco, volendo dimostrare di aver salvato, nei fatti, le posizioni tradizionali del sindacato sul primato della contrattazione di categoria, che l’accordo quadro, a suo avviso, aveva mortificato.

In sostanza, la Cgil avrà vinto se le richieste salariali – a livello nazionale – saranno consistenti. La linea del Governo, invece, è un’altra: le risorse disponibili vanno allocate su quelle voci retributive che favoriscano la produttività e, a tale fine, sono state previste anche le misure di detassazione, che giustamente prescindono dall’esistenza o meno di un accordo tra le parti. Incrementare la produttività in azienda, secondo l’esecutivo, è una delle primarie esigenze dell’economia, proprio perché in questo modo sarà possibile accompagnare le ripresa, con un surplus di produttività sollecitato dalla concorrenza internazionale. Il ministro Maurizio Sacconi ha persino avvertito le parti sociali della possibile revisione delle norme di incentivazione fiscale se le politiche salariali assumeranno la deriva dell’egualitarismo.