Il governo si ricordi che in alternativa al ‘più tasse’, c’è sempre il ‘più tagli’

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Il governo si ricordi che in alternativa al ‘più tasse’, c’è sempre il ‘più tagli’

19 Settembre 2011

La crisi della finanza pubblica italiana (ed europea) sta costringendo i governi più indebitati della zona euro, tra cui l’Italia, a trovare strumenti di abbattimento del debito sovrano che minimizzino l’utilizzo della leva fiscale su imprese e famiglie, ovvero l’imposizione di nuovi tributi sui contribuenti in genere.

L’aumento della pressione fiscale che si sta avverando nel contesto di doppia recessione in corso –  fase in cui peraltro la credibilità dello Stato italiano è messa severamente in discussione – sarebbe esiziale per le già basse possibilità che l’economia italiana possa volgere a breve termine verso una rinnovata e sostenuta crescita economica.

Oggi lo spread tra Btp italiani e i Bund tedeschi si attesta a 376 punti, uno dei suoi massimi storici. La politica economica del governo italiano sembra incapace di rispondere alla crisi in corso dando vita a una scossa di liberalizzazioni e di tagli alla spesa pubblica che solo potrebbe rasserenare e calmierare i mercati internazionali e rilanciare l’iniziativa privata.

E’ opportuno ricordare, però, che, in alternativa alla politica del tax-and-cut messo in campo dall’attuale governo, esiste un’altra soluzione, a oggi negletta: la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. La sua dismissione (e ciò che ne deriverebbe in introiti) potrebbe rappresentare la vera chiave di volta per un efficace primo tamponamento all’attuale crisi, in attesa di consistenti tagli alla spesa pubblica e all’abbassamento della pressione fiscale su imprese e famiglie.

Come hanno ricordato in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera lo scorso 15 Luglio 2011 il presidente della fondazione Magna Carta, Francesco Valli, l’on. Linda Lanzillotta e il direttore dell’Istituto Bruno Leoni, Alberto Mingardi, alludendo al buon metodo di gestione di finanza pubblica, “qualunque famiglia, in balia dei debiti, deve valutare i propri attivi patrimoniali e, ove possibile, venderli. Lo stesso deve valere per le istituzioni pubbliche. Il patrimonio immobiliare delle amministrazioni locali ammonta a circa 350 miliardi di euro”.

Dato lo stato di profondo indebitamento delle amministrazioni locali e dello Stato centrale italiano, rimettere in marcia un processo di abbattimento del debito locale non solo è auspicabile ma necessario, e avrebbe il pregio, come ricordano Lanzillotta-Valli-Mingardi, “di mettere in condizione la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) di acquisire gli immobili sostituendo nel suo attivo i mutui verso gli enti locali con le quote di un fondo cui gli immobili sarebbero successivamente trasferiti come equity e di cui la Cdp potrebbe essere il quotista di maggioranza relativa”.

“La dismissione del patrimonio immobiliare inutilizzato”, ricordano nell’articolo, “consentirebbe di tamponare il debito e trasmettere sicurezza al detentori di titoli pubblici”. Infine, fanno notare i tre, “l’impatto di una tale manovra, lo si può stimare, prudenzialmente, in una riduzione del 5 per cento dei debito”. Poter oggi presentarsi di fronte ai mercati e dire: abbatteremo il debito italiano di 5 punti percentuali, in un lasso temporale di tre – quattro anni, avrebbe l’indubbio merito di dare un potente segnale al paese, all’Europa, e magari placherebbe la speculazione in corso.

Ma soprattutto rimetterebbe in condizione questa maggioranza di ritrovare la bussola per muoversi verso una politica economica responsabile e aderente al programma di governo del 2008, dopo troppi anni di neanche tanto velato colbertismo tremontiano.