Il governo vuol salvare Eluana per decreto
05 Febbraio 2009
Il tempo stringe. Oramai è questione di ore. Da domani i medici dell’équipe che hanno accettato di dare esecuzione alla sentenza della Cassazione che riguarda Eluana darà il via alla riduzione dell’alimentazione, e da allora basteranno quattro giorni di fame perché i danni procurati alla giovane donna in stato vegetativo siano irreparabili. Quattro giorni sono pochi, pochissimi per intervenire, anche se il Governo – come ha detto ieri sera Silvio Berlusconi – “ci sta lavorando” e anche se la procura friulana ha dichiarato proprio oggi che intende verificare le testimonianze di amici e parenti sui reali desideri espressi dalla giovane donna di Lecco, perché dagli esposti inviati in questi giorni a Polizia, Carabinieri e alla Procura stessa del capoluogo friulano si capisce che c’è qualcosa che non convince e quel qualcosa riguarda l’intero impianto fondativo che ha dato corpo alla sentenza dei giudici milanesi: quale fosse l’effettiva volontà espressa da Eluana Englaro prima dell’incidente nel quale rimase ferita.
Se i giudici friulani dovessero accertare che in nessun caso Eluana avrebbe voluto morire così, allora sì che tutta la storia di questi ultimi mesi, dalla pronuncia della sentenza a oggi, apparirebbe ciò che agli occhi di molti è apparsa da sempre: un atto di forza dei giudici nei confronti del parlamento. E non solo.
Forzatura per forzatura, anche il governo ha deciso di intervenire. Quando, non si sa ancora, dato che tra le questioni all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri che si terrà domani mattina Eluana non c’è. Il come invece è chiaro: l’ipotesi più efficace sarebbe quella di un decreto legge. Alla base della decisione la convinzione, espressa dal sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, e dall’assessore alla Sanità della Regione Friuli Venezia Giulia, Wladimir Kosic, che la casa di cura in cui è ricoverata Eluana, la Quiete (casa di cura che avrebbe chiesto un’autorizzazione ufficiale proprio alla Regione Friuli), non sia idonea all’attuazione del decreto dei giudici milanesi e che Eluana non può essere affidata e «presa in carico» dall’Associazione «Per Eluana» (composta dall’anestesista Amato De Monte, altri medici e una decina di infermieri specializzati), costituita la settimana scorsa per interrompere l’alimentazione e l’idratazione della donna. “In base alla regolamentazione regionale e dello stesso Servizio sanitario nazionale, infatti, per ogni paziente deve essere previsto un Piano assistenziale individualizzato (Pai) che non può prevedere trattamenti non in coerenza con le finalità del Servizio sanitario nazionale”, dichiara la Roccella e “non è possibile che la Clinica consegni a terzi la paziente o che offra cure per cui non è attrezzata”.
Il testo del decreto, secondo una anticipazione dell’Ansa, dovrebbe contenere un solo articolo dal titolo: ”Disposizioni urgenti in materia di alimentazione ed idratazione”. In pratica si sostiene che ”in attesa dell’approvazione di una completa e organica disciplina legislativa in materia di fine vital’alimentazione e l’idratazione, in quanto forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze, non possono in alcun caso essere rifiutate dai soggetti interessati o sospese da chi assiste soggetti non in grado di provvedere a se stessi”.
Ma se il decreto dovesse essere approvato dal governo la questione si complicherebbe. E non poco. Un intervento del governo, infatti – come ha dichiarato stamane anche l’avvocato degli Englaro – bloccherebbe l’esecuzione della sentenza, poiché – ha detto Campeis – “non si può far commettere un reato ai medici” e aprirebbe un vulnus profondissimo sul piano istituzionale. L’ultima parola, infatti, non spetterebbe né al governo né al parlamento ma al presidente della Repubblica. È lui, infatti che dovrebbe firmare (o non firmare) il decreto, assumendosi la responsabilità piena e ultima di decidere delle sorti di Eluana. Tutto da definire, dunque. E non è escluso che proprio la delicata posizione in cui si verrebbe a trovare il presidente della Repubblica nel caso in cui l’esecutivo decida di decretare d’urgenza, induca alla fine il governo a pensare che il sacrificio di Eluana è un prezzo istituzionale, alto, altissimo, ma necessario, da pagare.