Il Mar Nero, le mine e la crisi alimentare in arrivo

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Il Mar Nero, le mine e la crisi alimentare in arrivo

Il Mar Nero, le mine e la crisi alimentare in arrivo

02 Giugno 2022

Molte a volte a scuola ci hanno ripetuto che “l’Ucraina è il granaio d’Europa”. È una di quelle nozioni che sanno tutti, come la coltura delle barbabietole da zucchero nell’Europa mediterranea. Peccato che, invece, fosse scarsa la consapevolezza delle implicazioni geopolitiche di questo fatto. Il grano ucraino, insieme a quello russo, sfama circa 700 milioni di persone, soprattutto in Africa, Asia e Medio Oriente.

Il presidente del Consiglio, Draghi, ha parlato apertamente del rischio di una “catastrofe alimentare a causata dalla guerra provocata da Vladimir Putin”.  Il ministro del Esteri ucraino, Kuleba, ha spiegato che “per evitare conseguenze disastrose, lo sblocco dei porti deve avvenire entro due settimane al massimo”. La Russia ha già razziato parte degli approvvigionamenti ucraini, mentre una parte è ostaggio dalle mine navali sparse nel Mar Nero e d’Azov.

Le accuse reciproche che bloccano la situazione

Negli scorsi mesi erano state trovate mine galleggianti al largo di Turchia e Romania, che avevano provveduto a rimuoverle. Mosca e Kiev, intanto, si stanno incolpando a vicenda. Il punto focale è che il responsabile di dovrà occupare anche di rimuovere gli ordigni. Johannes Peters, esperto di strategia marittima presso l’Università di Kiel, ha dichiarato che “entrambe le versioni sono plausibili”. Com’è ovvio, questa difficoltà nello stabilire le responsabilità rischia rinviare ulteriormente la partenza delle navi.

Naval news prova a fare chiarezza sulle mine

Naval News, un giornale specializzato in difesa marina, ha raccolto alcuni elementi che suggeriscono la responsabilità dei russi. I mezzi della marina ucraina sono molto minori rispetto a quella di Putin, difficilmente sarebbe stata in grado di realizzare una simile operazione passando inosservata agli occhi dei nemici. Si può fare un discorso analogo per quanto riguarda la posa di centinaia di mine con arei, sottomarini o rimorchiatori: Kiev non dispone delle forze necessarie per un piano di tale portata.

Un altro elemento sospetto è la conoscenza da parte dei russi del numero esatto di mine galleggianti in questione: 420. Come se non bastasse, inoltre, l’autore sottolinea che i tempi non tornerebbero. “Sembra improbabile che una mina alla deriva possa aver percorso 360 miglia nautiche (da Odessa n.d.r.) in così poco tempo”.

Le (poco fondate) accuse dei russi

I fatti sembrano scagionare gli ucraini con ragionevole certezza, ma le accuse della Russia non sono tardate: l’Ucraina avrebbe avuto interesse a posizionare le mine per motivi strategici. Non a caso Dmitry Polyansky, ambasciatore russo alle Nazioni Unite, ha preso una posizione nettissima, ribadendo le parole di Putin in un colloquio con Draghi. “Non è la Russia a rifiutarsi di aprire i porti ucraini, è l’Ucraina che si rifiuta di rimuovere le mine dal Mar Nero per garantire un’uscita sicura delle navi”.