Il “matrimonio di comodo” tra Cina e Usa potrebbe rompersi presto

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Il “matrimonio di comodo” tra Cina e Usa potrebbe rompersi presto

30 Giugno 2009

La scorsa settimana Cina e  Stati Uniti hanno ripreso i loro colloqui sulla sicurezza militare, consultazioni di alto livello in materia di difesa che vengono condotte con scadenza annuale ormai dal 1997. L’ultimo incontro, previsto per l’ottobre dello scorso anno, era stato annullato dai cinesi per protestare contro la decisione di Washington di vendere armi a Taiwan. In seguito Pechino e Washington avevano ripreso le consultazioni.

Tra il 23 e il 24 giugno, a Pechino, c’è stato il primo colloquio di alto livello tra le due superpotenze dopo 18 mesi di basso profilo, nonché il primo della presidenza Obama. La discussione ha riguardato problemi di interesse comune come la sicurezza nell’area asiatica e del Pacifico, la lotta al terrorismo e la questione nordcoreana. Le due parti hanno salutato l’evento come un grande passo avanti nella reciproca comprensione, e hanno affermato la volontà di rafforzare i propri legami militari all’insegna della trasparenza e della collaborazione. Nella conferenza stampa di chiusura si è posto l’accento sui progressi fatti negli ultimi anni, evidenziando che le relazioni Usa-Cina sono le "più importanti del mondo" – parola del ministro cinese della difesa, Liang Guanglie.

Secondo alcuni analisti, tuttavia, il rapporto tra Cina e Usa è come un matrimonio di comodo in cui, dopo 30 anni di alti e bassi, la fiducia non può che essere una cosa fragile. A Pechino sono emerse questioni spinose che mostrano la persistenza  di alcuni elementi di tensione tra le due superpotenze. Prima fra tutte, la questione degli scontri in alto mare tra le flotte americana e cinese, che ha occupato 45 minuti delle circa 3 ore di discussione. Nell’ultimo anno vi sono stati ben quattro casi di scontri nel Mar cinese meridionale. L’ultimo è avvenuto l’11 giugno scorso, quando un sottomarino cinese ha danneggiato un dispositivo sonar del cacciatorpediniere americano USS John S. McCain.

Gli Usa hanno più volte denunciato l’aggressività della flotta cinese, mentre i cinesi accusano gli americani di aver invaso il loro territorio marittimo. Secondo gli esperti, tra una marina cinese in espansione e una marina americana abituata ad agire incontrastata nell’area, scontri di questo tipo saranno sempre più frequenti. La causa è una diversa interpretazione del diritto marittimo. Il Mar cinese meridionale, considerato una zona economica esclusiva dai cinesi, è in realtà un mare popolato da una serie di isolotti inabitati – circa 700 – contesi tra Cina, Filippine, Malaysia, Vietnam, Taiwan e Brunei, in quanto ritenuti ricchi di giacimenti di gas e petrolio. Negli ultimi mesi la Cina ha intensificato la sua presenza nell’area, inviando le proprie navi a pattugliare le (contese) isole di Spratly e Paracel, ufficialmente per "impedire la pesca illegale". Gli Usa, pur astenendosi dal prendere una posizione riguardo le contese territoriali, rivendicano il loro diritto di transito nell’area, garantito dalla Convenzione per il Mare delle Nazioni Unite.

Nel corso dei colloqui di Pechino, il capo di stato maggiore dell’Esercito di Liberazione Popolare Ma Xiaotian, a capo della delegazione cinese, ha ribadito "la ferma opposizione della Cina alle attività di sorveglianza condotte da navi o aerei americani nella loro zona economica esclusiva". Le due parti hanno infine fissato un colloquio nel mese di luglio per discutere nello specifico della questione, al fine di "evitare ulteriori incidenti".

Un altro punto di discussione è stata la prevista vendita di armi a Taiwan da parte degli Usa, che i leader cinesi considerano come "il più grande ostacolo alle relazioni sino-americane". Michele Flournoy, Sottosegretario alla Difesa degli Usa, ha espresso l’apprezzamento americano per la distensione in corso negli ultimi mesi tra Pechino e Taipei. In seguito ha ribadito la posizione degli Usa, che "si attengono alla politica di una sola Cina e si pronunciano contro l’indipendenza di Taiwan". Alle richieste cinesi di annullare il progetto di vendita di armi a Taipei, la Flournoy ha risposto che "si tratta di un progetto ereditato dall’amministrazione Bush, ora in corso di revisione. L’amministrazione Obama non ha ancora preso una decisione a riguardo”.

Ulteriore motivo di attrito, la preoccupazione degli Usa sulla scarsa chiarezza della Cina riguardo le sue spese militari, che stanno subendo negli ultimi anni un incremento senza precedenti. I cinesi, dal canto loro, chiedono meno interferenze e più fiducia agli Usa. Nel marzo scorso, un rapporto sul potenziale bellico cinese diffuso dal Pentagono era stato definito da Pechino "un’interferenza nei suoi affari interni dettata da una mentalità da guerra fredda". I leader cinesi considerano l’aumento della spesa militare attuale – pari al 14  per cento nel 2009 – fondamentale per colmare le insufficienze militari di lunga data, nonché coincidente con la crescita di altri settori della spesa pubblica – si parla di circa il 20 per cento per sanità, istruzione e salvaguardia ambientale. Secondo Pechino lo sforzo militare è modesto, destinato a salvaguardare l’integrità territoriale del Paese e soprattutto "non orientato ad allarmare la comunità internazionale".