“Il mio popolo vuole un nuovo Iran libero dal potere religioso”

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“Il mio popolo vuole un nuovo Iran libero dal potere religioso”

19 Marzo 2010

Il video della sua morte ha fatto il giro del mondo. Neda, la ragazza uccisa barbaramente da un miliziano basji mentre manifestava insieme al padre nelle vie di Teheran, è diventata il simbolo del movimento che vuol cambiare l’Iran. A quasi un anno dalla sua scomparsa – avvenuta il 20 giugno 2009 –, il fidanzato Caspian Makan fa visita a Roma in veste di ospite per un’audizione presso la Commissione Esteri della Camera dei Deputati, con l’obiettivo di “informare meglio su quello che accade in Iran e dire al mondo che deve prendere una posizione unitaria e determinata contro la dittatura iraniana”. L’audizione cade  simbolicamente nel giorno in cui le famiglie delle vittime, tra le quali anche quella di Neda, hanno esortato gli iraniani a riunirsi nei cimiteri per commemorarle.

Il dissidente iraniano, Caspian Makan, ha affermato che la sua compagna, Neda Agha-Soltan, “è solo una delle decine di migliaia di vittime del regime in questi 31 anni. Solo in questi ultimi nove mesi – ha specificato – 100 persone sono state uccise, duemila imprigionate, 500 ferite e 50 disperse, alcune delle quali sono state uccise e tumulate in tombe anonime”. Arrestato l’estate scorsa per aver preso parte alle manifestazioni di piazza contro il governo e prigioniero per due mesi nel famigerato carcere di Evin – che stando alle sue parole lo ha psicologicamente segnato –, Makan ha raccontato la sua esperienza personale vissuta a Teheran durante quei giorni di fermento politico, ma anche di violenta repressione dei dimostranti da parte delle forze di sicurezza. “Sono stato testimone di violenze e omicidi dopo le elezioni”, ha dichiarato Makan. “Sono un regista e ho raccolto moltissimo materiale che documenta i delitti compiuti dal governo, come quello di Neda. Dopo la sua morte – ha proseguito – dieci persone hanno fatto irruzione nella mia abitazione, mi hanno portato a Evin, sequestrando tutti i filmati che avevo fatto”. Le pressioni del governo iraniano hanno costretto il dissidente iraniano a lasciare il suo Paese per andare a vivere con lo status di rifugiato in Canada.

Makan ha quindi sottolineato che gran parte degli iraniani, che oggi “hanno preso coscienza della situazione” politica nella Repubblica Islamica, si sono “risvegliati contro il regime e ne vorrebbero la caduta, non curandosi troppo delle accuse di brogli elettorali”, sollevati dai capi dell’opposizione subito dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni presidenziali. Proprio ai dirigenti riformisti che guidano l’opposizione, Makan non ha risparmiato critiche. “L’Onda Verde – ha spiegato – è divisa in due gruppi, alcuni si trovano in Iran altri all’estero. Tra quelli nella Repubblica Islamica – ha proseguito – ci sono dirigenti riformisti che in realtà sono figli di questo regime (il riferimento è a Mir-Hossein Mousavi, leader dell’opposizione ed ex primo ministro negli anni ’80, ndr) che vorrebbero fare ‘pulizia’, mantenendo un governo di stampo religioso e facendo solo piccoli cambiamenti che permetterebbero alla popolazione di ottenere solo una parte dei loro legittimi diritti”.

Adesso in Iran, ha precisato Makan, “ci sono sempre meno sostenitori dei dirigenti riformisti, ma molti chiedono un nuovo sistema di governo non più basato sulla religione”. Makan ha quindi aggiunto che fanno parte dell’opposizione anche gruppi filomonarchici che vogliono il ritorno al potere del figlio dello Shah, forze di sinistra e movimenti laico-secolari, auspicando “che tutti i gruppi che sono contrari a questo regime si uniscano per rovesciarlo”. Il dissidente ha quindi criticato il governo iraniano per il mancato rispetto dei diritti umani, soprattutto di quelli delle donne che, ha dichiarato Makan, “subiscono le violenze più gravi”. Inoltre, il fidanzato di Neda ha puntato il dito contro il ricorso sistematico del governo alla censura dei mezzi d’informazione che “impedisce alla gente di sapere cosa realmente succede in Iran”. Makan ha, inoltre, dichiarato di essere favorevole a nuove sanzioni che la comunità internazionale vuole imporre all’Iran a causa del suo controverso programma nucleare. “Dotarsi di energia nucleare a scopi pacifici è diritto di ogni Paese del mondo ma non lo è degli Stati come l’Iran dove c’è una dittatura che farà un uso negativo (dell’energia nucleare) e metterà a repentaglio la sicurezza anche di altri Paesi”.

Per Casipan Makan – che durante la conferenza stampa successiva all’audizione, ha sentitamente ringraziato il Governo italiano per l’appoggio da sempre dimostrato agli oppositori del regime di Ahmadinejad –, la migliore sanzione contro il regime di Teheran è quella di non comprare più il petrolio del Paese. L’85% del bilancio dell’Iran, ha ricordato Makan, deriva proprio dai redditi del petrolio. “Se dall’estero non comprano più petrolio, cosa sarà del regime?”, ha chiesto Makan. “La migliore sanzione è proprio questa – ha proseguito – ed è una di quelle che non si abbattono sul popolo e che non finiscono per colpire persone come Neda e tanti altri”. Makan ha inoltre invitato i Paesi occidentali ad aiutare il popolo iraniano ad essere informato, facendo ricorso a trasmissioni via satellite, per superare la pesante censura compiuta dal regime, per esempio – ha continuato – attraverso l’oscuramento di trasmissioni dall’estero in farsi come quella della Bbc.

L’immagine del volto di Neda rigato di sangue ha commosso il mondo intero e ha profondamente colpito l’opinione pubblica. Politici del calibro di Barack Obama, Gordon Brown hanno evocato il suo nome per condannare la durissima repressione del regime iraniano. Davanti alle ambasciate di tutto il mondo la gente ha indossato T-shirts con la sua immagine, decine di fiaccolate sono state dedicate a lei mentre persino il prestigioso The Queen’s College di Oxford ha istituito una borsa di studio a suo nome scatenando le ire del governo iraniano.

Il suo compagno, visibilmente provato nel ricordarla, ha ribadito che la sua morte non è stata inutile. Come lei stessa aveva detto “quando si tratta di pretendere i nostri diritti rubati non dobbiamo esitare. Ognuno è responsabile. Ogni persona che lascia una impronta in questo mondo lo è”. Lei l’ha lasciata. Grazie al suo sacrificio, l’Onu proclamerà il prossimo 21 giugno, primo anniversario della sua morte, la giornata internazionale contro l’omicidio.