Il missile dell’Iran: fra Trump e Rohani non metterci le “Guardie della Rivoluzione”

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Il missile dell’Iran: fra Trump e Rohani non metterci le “Guardie della Rivoluzione”

23 Settembre 2017

Anche per l’Iran come per la Corea del Nord rullano i tamburi di guerra. O almeno così sembra. Nel suo discorso pronunciato alle Nazioni Unite nei giorni scorsi, il presidente americano Donald Trump è andato all’attacco di Teheran e dell’accordo stretto a suo tempo dal presidente Obama con i turbanti atomici proprio sul nucleare, meglio conosciuto come “Iran deal”. Trump ha definito l’accordo di Obama “imbarazzante” e l’espressione sconsolata dell’ambasciatore iraniano al Palazzo di Vetro mentre il Don parlava diceva tutto della distanza siderale che c’è tra Washington e Teheran. Tanto più che appena cinque giorni dopo gli iraniani lanciano un nuovo tipo di missile a lunga gittata, “Khorramshahr”, dopo averlo fatto sfilare in pompa magna nella capitale in occasione di una parata. A dare la notizia del lancio, le Guardie della Rivoluzione, la potente elite militare del Paese, che hanno in dotazione la testata e definiscono il test “un successo”. Il Khorramshahr può essere armato con testate multiple ed ha un raggio di azione di 2.000 chilometri (come i precedenti Qadr-F e Sejjil). Insieme ai missili è scattata anche una grande mobilitazione di terra con esercito, artiglieria pesante e mezzi aerei.

Scontata la reazione di Israele, unica democrazia dell’area minacciata da decenni dal regime iraniano (Ahmadinejad, il predecessore dell’attuale presidente Rohani, voleva cancellare Israele dalle carte geografiche). Dopo il lancio del missile, il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman ha tuonato accusando Teheran di avere mire espansionistiche: “Il missile balistico che l’Iran ha lanciato è una provocazione per gli Stati uniti e i suoi alleati, a partire da Israele”, ha detto Lieberman. “Questo significa anche testare le nostre reazioni, oltre che essere una nuova prova del’ambizione dell’Iran di diventare una potenza mondiale per minacciare i paesi del Medio Oriente e gli stati democratici nel mondo”. Gerusalemme dunque tira in ballo Washington ma che farà Trump dopo il discorso infuocato alle Nazioni Unite? Cosa c’è dietro il sibillino “ho deciso” pronunciato dal presidente Usa a proposito dell’accordo nucleare voluto da Obama con gli iraniani? E siamo sicuri che l’Iran è così folle da stracciare gli accordi e minacciare Israele e gli Usa proprio adesso che a Washington c’è un uomo che dietro i toni incendiari non sembra esattamente il ritratto del pistolero con le dita pronte a tirare il grilletto?

Certo, l’Iran resta una minaccia alla stabilità internazionale, è un Paese che finanzia i terroristi di Hamas a Gaza e l’Hezbollah libanese, ed ha allargato la sua sfera di influenza a paesi chiave del medio oriente come il Libano, la Siria e l’Iraq, ma il lancio del missile che rischia di archiviare gli accordi sul nucleare forse non è solo una reazione al discorso di Trump all’Onu. C’è anche la politica iraniana. Per quanto l’Iran sia un regime ‘bulgaro’, in cui il potere si concentra nelle mani dei chierici falchi o ‘moderati’ che siano, dopo la vittoria di Rohani alle ultime elezioni (è il secondo mandato) le crepe tra l’entourage del neo presidente e le Guardie della Rivoluzione pare si siano allargate, e molto, anche per ragioni economiche. Chissà insomma che dietro il lancio del missile non si nasconda una qualche prova di forza interna. La propaganda all’esterno in ogni caso resta identica al passato, “l’Iran non cercherà il permesso di nessun Paese per produrre missili di vario tipo e armi di difesa terrestre, navale e aerea”, dice minaccioso il ministro della difesa Hatami, “finché la retorica di alcuni costituirà una minaccia, il rafforzamento del potere di difesa dell’Iran continuerà”. Messaggio inequivocabile a Trump, ma ricordiamo che prima del discorso di Donald all’Onu c’erano state le condoglianze espresse dalla Casa Bianca all’Iran dopo l’attentato di Isis dentro il parlamento di Teheran. Condoglianze che scatenarono un mare di polemiche ma che a leggerle bene avevano un che di “simpatetico” verso Teheran, come ha scritto The Atlantic.

Per adesso non sembra che gli USA abbiamo messo in campo azioni precise per rompere gli accordi con l’Iran del 2015, anzi c’è chi dice che gli accordi potrebbero essere anche allargati, ad esempio proprio ai missili balistici. Scopriremo presto o tardi qual è il piano che ha in testa Trump: se prendere le distanze dalla Unione Europea e dagli altri sostenitori dell’Iran Deal (anche troppo sostenitori, se si pensa all’atteggiamento dell’Alto Rappresentante Mogherini verso l’Iran), schierandosi apertamente con Israele, oppure mediare tra le diverse parti in campo, magari con l’aiuto di Putin e scegliendo come scacchiere la martoriata Siria, alleato storico dell’Iran.