Il “modello Zingaretti”? E’ già finito

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Il “modello Zingaretti”? E’ già finito

28 Marzo 2018

Per il Pd era l’unica luce nel buio pesto generato dalla catastrofe del 4 marzo. L’unica speranza rimasta dopo il naufragio del renzismo. Tanto che la vittoria (risicatissima) alle regionali nel Lazio convinsero lo stesso Nicola Zingaretti a fare un passo in avanti, lanciando addirittura l’opa sulla segreteria Dem. “Mi candido alle primarie” fu uno dei suoi primi commenti a caldo. Ma forse il presidente era già consapevole che l’esperienza in Regione non sarebbe stata così semplice. E i fatti lo stanno dimostrando.

Ricordate? Una delle ragioni fondamentali che lo hanno spinto a mettersi in corsa per avviare la scalata al Nazareno fu quella di essere riuscito a tenere insieme nella stessa coalizione tutto il centrosinistra, compresi gli ex compagni Dem di Leu. Tanto che questa operazione fu ribattezzata, soprattutto dalla minoranza interna al Pd, “modello Zingaretti”. Un esempio da seguire, insomma. Ebbene, ora come ora, questo modello sembra essere arrivato già al capolinea prima ancora di partire.

I compagni di Leu hanno sbattuto la porta in faccia al neo presidente decidendo di non entrare in giunta. “Zingaretti ha strutturato la giunta senza coinvolgere nella discussione le forze politiche di maggioranza” la contestazione di Angelo Fredda e Piero Latino, coordinatori Leu nel Lazio. “Abbiamo appreso dalla stampa che la composizione della struttura di governo della Regione Lazio nonché la delega che ci era stata attribuita”. Non è un segreto, infatti, che gli esponenti di Leu avrebbero preferito una poltrona più ‘pesante’ per sancire l’inedita alleanza, unico caso in Italia. La vicepresidenza della Regione, ad esempio. Mentre il governatore ha proposto loro l’assessorato al lavoro. Non solo. I dirigenti di Leu avrebbero dato mandato a Zingaretti di scegliere il nome da inserire nella giunta: uno tra Paolo Cento, esponente di Si, e Piero Latino, coordinatore regionale di Mdp, due figure di riferimento delle anime interne a Liberi e Uguali. Ma, a quanto pare, Zingaretti si sarebbe rifiutato di prendersi lui la responsabilità della scelta. Di qui la rottura.

E anche se l’unico esponente di Leu in consiglio, Daniele Ognibene, fa sapere di rimanere fedele a Zingaretti, è evidente che il clima in Regione non è proprio dei migliori. Anche perché, lo ricordiamo, il neo presidente non ha la maggioranza (25 contro i 26 di M5S, centrodestra e Pirozzi) e per salvare il salvabile le sta provando tutte pur di rimanere alla guida dell’esecutivo laziale almeno fino all’anno prossimo quando, a quanto pare, verranno indette le primarie Dem.

Ora, è vero che ad un Pd malconcio va bene tutto (tanto peggio di così non si può), tuttavia è vero anche che il cosiddetto modello Zingaretti parte zoppo su tutti i fronti. E non è altro che il riflesso del disastro piddino. Nonostante ciò, il governatore prova a far finta di niente ostentando ottimismo e arrivando a dire: “Siamo partiti bene”. Della serie: bene, ma non benissimo.