Il nucleare italiano procede tra intoppi burocratici e ostilità delle regioni
03 Febbraio 2010
Chi sul nucleare si aspettava per l’inizio dell’anno uno sprint finale da parte del Governo è rimasto deluso. Le commissioni parlamentari hanno iniziato l’esame dello schema di decreto legislativo per l’esercizio della delega ma i nodi da sciogliere sono ancora molti e molto probabilmente nulla sarà deciso prima di marzo, cioè prima delle elezioni Regionali.
La partita è difficile anche a causa dell’ostilità dei giocatori schierati in campo. Da una parte ci sono governatori come il pugliese Vendola, che ha accusato il governo di voler “nuclearizzare” la Puglia ed ha minacciato che dovrà essere usato l’esercito per imporre ai suoi territori le centrali, e dall’altra quelli come il veneto Galan che ha chiesto al governo di “non arretrare di un millimetro” sulle decisioni prese. Galan ha anche accusato il fronte no-nuke di aver provocato un danno di almeno 60 miliardi di euro al Paese (in ogni caso, lascerà la patata bollente al suo successore Zaia).
Giorni fa il ministro Scajola è tornato a difendere il suo piano in un’intervista a l’Unità – rimarcando quelle che sono le motivazioni che hanno portato a questa scelta strategica per il futuro del nostro Paese: l’indipendenza energetica, la diminuzione del costo della bolletta energetica, la sfida del cambiamento climatico: E’ per questo che anche esponenti del centrosinistra preoccupati per la salute e per l’ambiente, come Umberto Veronesi e Chicco Testa, lo ritengono necessario”. Ma il buonsenso del ministro si scontra con la generale levata di scudi dei governatori – compatte quelle di sinistra, in ordine sparso quelle di centro-destra – riunite all’interno della Conferenza Stato-Regioni, che partecipa alla definizione dei criteri con cui si sceglieranno i siti destinati ad ospitare le centrali.
Il 15 gennaio scorso, la Conferenza ha detto ‘no, grazie’ al nucleare, facendo riscorso alla Corte Costituzionale perché, dicono, la legge sul nucleare italiano è incostituzionale: il ministro Fitto, questa l’accusa, avrebbe cercato di accelerare i decreti attuativi, in assenza del parere finale della Conferenza stessa e del Consiglio di Stato. Ad oggi, pur con qualche mal di pancia, solo Lombardia, Veneto e Friuli, hanno dato il loro appoggio al governo. “Il parere delle Regioni non è vincolante – ha affermato il sottosegretario allo sviluppo Saglia – noi andiamo avanti”, ma resta il fatto che le Regioni saranno coinvolte nelle diverse fasi dei processi autorizzativi, così come, una volta scelti i siti, potranno costituire dei “Comitati di trasparenza” per confrontarsi con le popolazioni locali – altri passaggi destinati ad allungare i tempi del piano.
Le Regionali saranno quindi un’occasione ghiotta per il fronte anti-nuclearista per “soffiare sul fuoco della paura”, come ha spiegato il deputato del Pdl, Benedetto della Vedova. In fondo, proprio a ridosso delle elezioni cominciano a spuntare sempre più mappe sui presunti “siti” dove verranno localizzate le centrali, si moltiplicano le manifestazioni contro questo o quell’impianto (come quella che si è svolta il mese scorso a Sessa Arunca, in provincia di Caserta), si usa il problema dello smaltimento delle scorie come una clava (costi che insieme allo smantellamento dei reattori dovranno accollarsi le imprese, è bene precisarlo). Ma poi è lo stesso ad di Enel, Fulvio Conti, ad ammonire che è “assolutamente prematuro” parlare dei siti, perché bisogna aspettare le decisioni e le valutazioni della Agenzia per la sicurezza nucleare.
Il ruolo che l’Agenzia andrà a svolgere è fondamentale, le funzioni e i compiti di autorità nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e l’autorizzazione ai fini della sicurezza delle attività che riguardano l’energia nucleare, la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari, la protezione dalle radiazioni, nonché le funzioni e i compiti di salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica. Dovrà essere l’agenzia ad aiutare il Governo ad allestire il decreto sui "criteri" per la scelta dei siti dove piazzare le nuove centrali atomiche italiane e spetterà all’agenzia anche il compito di promuovere una efficace comunicazione, che sia capace di smantellare la ritrosia delle popolazioni. Il presidente dell’agenzia italiana (designato dal premier al termine di una serie infinita di consultazioni che coinvolgono tutto il mondo politico e industriale), sarà affiancato da quattro commissari, due nominati da ministero dello Sviluppo e due dall’Ambiente. Attualmente però, esiste solo una lista di papabili in quanto la nomina dei vertici al momento è congelata.
Se sul fronte governativo, tecnico e burocratico, i tempi si allungano (vedremo che succederà dopo il giro di boa delle Regionali), il mondo dell’impresa sembra invece pronto a fare la sua parte. Sono due i gruppi italiani che non hanno mai abbandonato la tecnologia atomica e che oggi sono candidati a guidare il piano di rilancio dell’atomo nel nostro Paese: Enel e Finmeccanica. Il primo è stato uno dei protagonisti dell’accordo italo-francese che ha aperto la strada alla tecnologia European pressurized reactor, Epr, sviluppata da Areva con l’obiettivo di realizzare quattro nuove centrali da 1.600 MW ciascuna. L’investimento previsto ruota tra i 4 e i 4,5 miliardi di euro a unità, per un costo complessivo del programma pari a 16-18 miliardi (la prima centrale non sarà accesa prima del 2020).
Con il secondo gruppo invece, il Governo ha aperto la strada alla tecnologia americana Westinghouse AP1000, concorrente della francese Epr. Le quattro centrali sono infatti destinate a coprire soltanto circa la metà del fabbisogno nucleare fissato da Scajola nel mix ideale di fonti per il 2020: 50% fossile, 25% rinnovabile, 25% atomica e di conseguenza, la Finmeccanica di Pier Francesco Guarguaglini, giocherà un ruolo di primo piano (pur restando interessata a entrambi i raggruppamenti) per la seconda parte del progetto attraverso la controllata Ansaldo Energia che ha in portafoglio il 100% di Ansaldo Nucleare. Insomma, se le prime quattro saranno a tecnologia francese le successive potrebbero essere con il sistema Westinghouse.
Sono questi, quello francese e quello americano, i più importanti accordi siglati dal Governo. Del resto, solo consentendo la più ampia partecipazione si potrà aprire la strada ad una diversificazione tecnologica capace di garantire sicurezza, efficienza e competitività. E siccome l’industria italiana può affermare di avere competenze realizzative in campo nucleare non inferiori a quelle di molte altre industrie europee, il meglio dell’ingegneria italiana s’è rimessa in moto anche sul fronte italiano. Non solo. Al lavoro ci sono anche gli operatori e le altre compagnie operanti nella filiera nucleare, che hanno cominciato a marciare sulla strada degli accordi in vista di futuri investimenti. Le imprese che potranno essere coinvolte – una volta entrate in possesso delle necessarie certificazioni – arriveranno infatti dai settori più disparati: a parte le opere civili e la tecnologia nucleare vera e propria, opere e forniture riguarderanno componenti meccanici, elettronici, elettrotecnici, apparati elettrici, sistemi informatici di gestione e controllo.