Il nuovo asso nella manica di Obama è la riforma di Wall Street
19 Aprile 2010
L’audacia di un afroamericano alla Casa Bianca elettrizzo’ subito l’America soprattutto quella profonda ed estesa che a partire dalle primarie dell’Iowa lo fece trionfare prima a detrimento di Hillary Clinton e poi di John Mc Cain. I giovani e i giovanissimi che lo avevano scoperto e mitizzato sulla rete festeggiarono la fine dell’"incubo Bush" e l’apertura di una era nuova in cui non avrebbero piu’ dovuto vergognarsi di essere americani. Il Paese voltava pagina con l’unilateralismo e la dottrina del "first strike", che tanto malanimo contro gli Stati Uniti aveva suscitato ai quattro angoli della terra, segnatamente nel "quadrante" dell’Islam.
Pochi dubbi che questo sia il piu’ sicuro frutto di 15 mesi di Amministrazione Obama. Lo conferma anche l’ultimo sondaggio scodellato da Bbc World Service Poll e per la prima volta dal 2005 la leadership e l’influenza Usa vengono considerate positive. Ma a raffreddare l’entusiasmo alla Casa Bianca ci pensa un altro sondaggio questa volta Pew Research Center che descrive tutt’altro quadro: 80 americani su cento hanno perso fiducia nel governo giudicato poco attrezzato per risolvere i problemi del Paese. Insomma, è il vecchio argomento secondo cui Obama piace di piu’ all’estero che in America, il Nobel per la pace che sogna un mondo liberato dagli armamenti e il politico cerebrale. Eppero’ anche il visionario (ricordate quelle ispirate parole durante la campagna elettorale "Noi siamo quello che voi aspettavate"?) timoroso di governare e incapace di diventare "comander in chief".
Solo 19 americani su cento apprezzano Barak Obama, mentre cresce l’opposizione, anzi l’ostilita’ alla riforma sanitaria che il presidente ha voluto ad ogni costo, mettendoci la propria faccia e convincendo con parecchie difficolta’ uno ad uno i riottosi deputati e senatori democratici. Situazione critica quando battono alle porte le elezioni di mid term in cui solitamente il partito del Presidente paga un prezzo in termini di seggi alla Camera dei Rappresentanti, al Senato e nel rinnovo dei governatori (37).
In realta’ Barak Obama si era mosso con determinazione a Capitol Hill, rinviando la missione in Asia proprio perche’ si era convinto di dover contrastare con scelte nette il vento di destra che i tea party avevano alzato negli States contro la riforma sanitaria e altri progetti che – accusano i repubblicani – riducono lo spazio dei privati e espandono il ruolo dello stato in un momento di crisi generale in cui viene eroso il livello di benessere e di sicurezza della middle class.
L’azione del presidente si e’ poi aperta a tutto campo con una spettacolare settimana di politica internazionale scandita dalla firma a Praga del "Salt due" con il collega russo Medvedev, altro passo verso un mondo liberato dalle armi atomiche, dal varo della nuova dottrina strategica e culminata nel summit sulla sicurezza a Washington dove e’ riuscito a portare il cinese Hu Jintao e tutti gli altri Grandi. Gran colpo d’occhio, un trionfo mediatico con scarsi frutti concreti, almeno stando a quello che dicono i sondaggi. D’altra parte, prima che con il benessere che si restringe, la gente fa i conti con una mederata ripresa che tuttavia non produce, per il momento , nuovi posti di lavoro, dopo che ne sono stati bruciati 8 milioni.
Sono fermi tutti i dossier internazionali impigliati in serie difficolta’ dalla Cina che detiene le chiavi del debito pubblico e del commercio americano con lo yuan che continua ad andare per conto suo sul dollaro, al Vicino Oriente (un dialogo tra sordi con il premier israeliano Netanyhau), all’Iran (la mano tesa a Ahmadinejad ha scoperto inutilmente l’America che, ammette il capo del Pentagono Gates, non ha una strategia di fronte all’ipotesi peggiore), all’Afghanistan (sono volate parole grosse con Karzai e si avvicina la data promessa del ritiro senza che la situazione sul campo migliori) e perfino all’Irak, dove pure sono stati eliminati i capi di Al Qaeda.
Ma Obama incurante delle accuse di voler introdurre il socialismo (si paragona a Franklin Delano Roosevelt, il padre del Social Security, la previdenza americana,"anche lui accusato di essere un sovversivo") conta di cambiare il corso delle cose. E” convinto che alla fine la gente capira’ che la riforma sanitaria si è rivelata una Waterloo per i repubblicani ( lo pensa e lo ha scritto anche l’ex speech writer di Bush David Frum) e non per i democratici e per la Casa Bianca. Il Presidente continuerà l’offensiva con una agenda liberal moderata per una America migliore, passando ad un altro cavallo di battaglia del change, la riforma del sistema finanziario.Vuole agire rapidamente, dettare nuove regole a Wall Street sui derivati per proteggere i consumatori. Materia altamente incandescente adesso con le accuse di frode alla Goldman and Sachs che e’ stato il secondo finanziatore della campagna di Obama.