
Il nuovo Egitto e la futura Palestina preoccupano Israele

16 Aprile 2011
Domenica scorsa Amr Mussa, segretario generale della Lega araba, ha indetto una riunione d’emergenza al Cairo per chiedere al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di imporre una no-fly zone su Gaza, così da impedire agli aerei israeliani di rispondere al fuoco dei missili lanciati dalla Striscia. Mentre Mussa evocava l’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite (“mantenere la pace e la sicurezza internazionale e prendere efficaci misure collettive per rimuovere le minacce alla pace”) per giustificare un intervento dell’ONU, nel sud d’Israele erano già piovuti più di 120 missili. A dieci anni dal lancio del primo razzo da Gaza – Sderot venne battezzata col fuoco dei qassam il 16 aprile 2001 – per la prima volta è stato usato un Kornet 3, un missile anticarro a guida laser che è stato sparato per colpire uno scuolabus, ferendo gravemente un ragazzo di sedici anni.
L’attacco è stato rivendicato dalle Brigate Ezzedin al Qassam, braccio armato del movimento integralista palestinese Hamas, che in seguito alla rivoluzione egiziana ha ripreso i suoi attacchi contro lo Stato ebraico. A tal fine, Hamas potrebbe avvantaggiarsi della prevista sospensione da parte delle autorità ad interim egiziane della costruzione del muro sotterraneo tra Egitto e Gaza volto a bloccare le rat-lines del terrorismo. La costruzione del muro impedirebbe la vista delle piramidi da Gaza ed era un chiaro segnale dell’orientamento del regime di Mubarak nei confronti di Hamas.
Nei cables pubblicati da Wikileaks vengono riportati i colloqui tra Omar Suleiman, potentissimo ex-capo dei servizi segreti egiziani, e l’ammiraglio Michael Mullen, capo di Stato maggiore delle Forze Armate americane. Dalla lettura emerge che l’obiettivo di Suleiman era quello di “estirpare il radicalismo islamico su tutto il territorio egiziano, a Gaza, in Iran e in Sudan" (dove la scorsa settimana l’Esercito israeliano ha ucciso due uomini di Hamas che trafficavano armi verso la Striscia). Suleiman sembrava inoltre deciso a respingere i tentativi iraniani di riversare armamenti nella Striscia a beneficio di Hamas.
Il confine tra Egitto e Gaza è quindi un altro simbolo da abbattere in questa fase di deMubarakization, in quanto edificato anche con la malta sionista ed americana. Ma attraverso questo confine oltre alle armi continuano a passare anche ex galeotti delle prigioni di Mubarak implicati in attività terroristiche, come appunto vari esponenti delle Brigate Ezzedin al-Qassam e dei gruppuscoli del network salafita. Ciò renderà la situazione a Gaza ancor più esplosiva, basta ricordare quanto già accaduto nell’agosto 2009 a Rafah, quando ci furono almeno venti morti e oltre cento feriti negli scontri tra la polizia palestinese, appoggiata dai miliziani delle Brigate al-Qassam, ed il gruppo salafita Jund Ansar Allah (Soldati di Dio), tra i responsabili della recente morte dell’italiano Vittorio Arrigoni.
Come se non bastasse, si fa avanti con sempre maggiore insistenza la richiesta di riconoscere lo Stato palestinese sui confini del 1967 e con capitale Gerusalemme est, sebbene i palestinesi ancora non abbiano chiarito come quei confini andranno riempiti politicamente: comanderà Hamas o le varie brigate di Fedayn, l’ANP o i salafiti, o chi altro ancora?
Ciononostante, a dar manforte a questa ipotesi è giunto un rapporto dell’ONU, stilato insieme a Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, secondo cui l’Autorità Palestinese ha i mezzi sufficienti e necessari per funzionare in quanto Stato. Così, il primo ministro dell’ANP, Salam Fayyad, si è sentito autorizzato a domandare un “certificato di nascita” per lo Stato palestinese ed a Bruxelles, durante la conferenza dei donatori, ha presentato una richiesta di 5 miliardi di dollari in aiuti per costruire le istituzioni dello Stato (1.467 miliardi di dollari nel 2011, 1.754 nel 2012 e 1.596 nel 2013). Da parte sua, Catherine Ashton, capo della diplomazia UE, ha garantito a nome dei paesi membri il sostegno alla detassazione dei prodotti agricoli e della pesca provenienti da Cisgiordania e Gaza.
Israele, invece, ha approvato mercoledì lo stanziamento di oltre 45 milioni di shekel (più di 9 milioni di euro) per fortificare le scuole nell’area attorno alla Striscia. Allo stesso tempo, ha annunciato la disponibilità a concedere alcune zone della Cisgiordania allo Stato palestinese e l’installazione del sistema antimissile Iron Dome, per ridurre al minimo gli attacchi aerei contro i miliziani di Gaza, mescolati tra i civili.