Il nuovo “mostro” cinese è Chongqing
04 Settembre 2007
di Fabio Mango
In Cina tutti ne parlano, nel mondo nessuno la conosce. The Guardian l’ha addirittura definita la città più grande del mondo di cui nessuno ha mai sentito parlare. Ad ogni modo benvenuti a Chongqing.
Situata nella Cina centrale, con una popolazione che supera abbondantemente i 30 milioni di abitanti, Chongqing è il nuovo miracolo cinese. La soluzione, secondo il governo centrale di Pechino, a tutti quei problemi creati da quelle politiche economiche liberiste che hanno causato gravi squilibri tra la Cina industrializzata della zona costiera (Shanghai per intenderci), fiore all’occhiello dell’economia cinese, e quella occidentale, povera, popolata perlopiù da contadini, vittime di continui espropri delle loro terre e artefici di circa 50.000 tra proteste e rivolte l’anno.
Una delle questioni più serie, che ha consentito a Chongqing di essere una delle città più contaminate della Cina, è l’inquinamento atmosferico, sopratutto d’inverno quando la maggior parte dell’energia elettrica viene prodotta utilizzando il carbone. Ma nonostante sporcizia e inquinamento, il dinamismo dal punto di vista economico è sorprendente. Chongqing infatti cresce a ritmi da capogiro. Il PIL nel 2005 ha superato del 4.7% quello nazionale. Carrefours, Starbucks, Mc Donald, Pizza Huts, Walmarts, tutte le maggiori “foreign retailers” sono un pò sparse ovunque nella città, così come sono presenti le più famose catene alberghiere internazionali: da Harbour Plaza a Hilton, per passare da Holiday Inn fino ad arrivare all’ International JW Marriot. Insomma Chongqing sembra godere di ottima salute. Lo confermano gli stessi imprenditori cinesi che iniziano a delocalizzare le loro produzioni proprio qui e paesi come Australia, Canada, Giappone, Danimarca, Gran Bretagna, Svizzera e Austria (di cui nessuno può dubitare in quanto a lungimiranza) che hanno aperto rappresentanze diplomatiche e camere di commercio, seguite dalle rispettive mutinazionali. Attualmente Chongqing rappresenta ciò che servirebbe alle piccole e medie imprese italiane ovvero un nuovo sbocco commerciale, alternativo a Shanghai, Canton e Pechino dove la maggior parte dei settori sono già saturi o monopolizzati dalla presenza di grandi multinazionali straniere. Ma l’Italia per ora resta a guardare. La sua presenza nella Municipalità si limita ad appena una dozzina circa di joint-venture, tra cui Piaggio. Nessun consolato ne tantomeno camera di commercio ha deciso di aprire a Chongqing. L’istituzione italiana che ha la competenza su quest’area della Cina interna è nientedimeno che l’ICE di Pechino con il risultato che il monitoraggio delle opportunità d’investimento per le aziende italiane risulta inesistente. Eppure i nostri colleghi stranieri hanno fatto fortuna proprio nei settori più rilevanti per il Belpaese: dall’energia all’ambiente, dalla meccanica strumentale (tessile, cuoio e ceramica) all’agricoltura e agroalimentare.
Ad ogni modo definirla città è comunque improprio. Con un passato da capitale durante il periodo della Guerra Sino-Giapponese (1937-1945), nel 1997 il governo centrale l’ha onorata assegnandole lo status di Municipalità, ovvero il privilegio di aver poter legiferare in maniera autonoma sulle politiche economiche e fiscali, titolo esclusivo fino ad allora delle più note Pechino, Shanghai e Tianjin. La speranza era (ed è) quella di creare un polo economico alternativo a quello della costa, che facesse da traino alle economie delle province sud-occidentali (Sichuan, Yunnan, Guanxi, Gansu ecc.), e con l’obiettivo di “offrire un tetto” a tutti quei malcapitati che sono stati sfollati in seguito al costruzione della diga delle Tre Gole (opera che verrà completata nel 2008 e che è divenuta una delle mete turistiche preferite dei cinesi). Solo alcuni mesi fa è stato ribadito dal Consiglio di Stato il ruolo chiave di Chongqing e approvato un piano di finanziamenti per lo sviluppo urbano ed agricolo fino al 2020. Attraversata dal Jialing e dallo Yangtze (Fiume Azzurro), fiumi che rappresentano più una minaccia, per il loro livello di sostanze inquinanti, che una risorsa, Chongqing è diventata quindi un sogno per le oltre 1370 persone che ogni giorno arrivano dalle contee limitrofe o da altre province nella speranza di trovare un impiego stabile (si stima che ci siano 3 milioni di operai “forestieri” che non abbiano un permesso di soggiorno regolare). Questi flussi continui creano naturalmente molti squilibri sociali e problemi ambientali: dopo l’inquinamento atmosfgerico, lo smaltimento giornaliero di circa 3.500 tonnellate di rifiuti è solo uno di questi.