Il nuovo piano nucleare di Obama non risolverà il pericolo degli stati canaglia
06 Aprile 2010
La seconda “T” di START, l’accordo sugli armamenti nucleari che il presidente americano Obama ha siglato la scorsa settimana con la Russia, sta per “treaty”, “trattato”. Il che va a significare che i due terzi del Senato sono obbligati a sottoscrivere l’intesa. Gli Stati Uniti trarrebbero vantaggio da un chiarimento attento e completo al Senato su quale sia la direzione in cui Mr. Obama sta conducendo la nazione riguardo agli aspetti offensivi e difensivi delle armi atomiche.
Lo Strategic Arms Reduction Treaty – noto come “New START”, il nuovo Trattato per la riduzione degli armamenti strategici – è di modesta portata e, se non altro, fa relativamente pochi danni. Il patto taglia del 30 per cento le testate nucleari strategiche (portandone il numero a 1.550) rispetto ai livelli concordati nel Trattato di Mosca del 2002, un accordo che a sua volta aveva effettuato tagli ben più drastici all’originario Strategic Arms Reduction Treaty del 1991 scaduto a dicembre. Quelle cifre sono state livellate verso il basso senza alcun accordo formale. Il Senato, però, ha bisogno della sicurezza che il nuovo tetto non metta a repentaglio la potente funzione di deterrenza rappresentata dalla triade nucleare statunitense: bombardieri strategici, sottomarini e missili balistici intercontinentali.
A necessitare di un più accurato controllo sono le riduzioni dei vettori o dei lanciatori. Gli Stati Uniti e la Russia si sono accordati per mantenere 800 bombardieri e missili terra-aria e sottomarini, muniti di testate sia nucleari che convenzionali. Con gran parte del proprio arsenale ormai obsoleto e divorato dalla ruggine, la Russia si trova già a quel livello e ha cercato di portare gli Stati Uniti ad abbassare sino a 500 il numero degli apparati di lancio.
Sui lanciatori, il nuovo START riduce praticamente all’osso quel che per i pezzi grossi del Pentagono era sufficiente. I bombardieri B-2 costituiscono un utile strumento per una power projection globale e per il trasporto di armi convenzionali non soltanto nel corso di un conflitto nucleare. Questa estate, in una relazione al Congresso, il generale James Cartwright, vice capo degli Stati Maggiori Riuniti, aveva calcolato in 860 il numero minimo indispensabile di “launchers”. Questo trattato si spinge ancora oltre.
Per quel che concerne la difesa missilistica americana, i funzionari dell’amministrazione insistono sul fatto che il trattato non ponga limiti “vincolanti” sui futuri piani degli Stati Uniti. Ma il Cremlino nel suo comunicato ha affermato che il collegamento fra armi di offesa e di difesa “verrà definito in maniera legalmente vincolante”. L’impressione è che la Russia stia rivendicando una sorta di diritto a ritirarsi dal trattato nel caso in cui, a suo avviso, gli Stati Uniti dovessero andare troppo oltre nell’approntare difese missilistiche. Con un presidente americano così ansioso di andare avanti sulla strada del controllo degli armamenti, ciò potrebbe costituire un incentivo per Mosca a tenere in ostaggio i futuri programmi missilistici statunitensi.
Il Senato dovrebbe premere sulla questione. Lo scorso anno Mr. Obama ha staccato la spina ai missili intercettori a lungo raggio in Polonia. Un gesto che ha fatto molto piacere ai russi, i quali hanno cercato poi di farsi vedere infastiditi quando l’amministrazione ha reso pubblico un piano alternativo, “per gradi”, di difesa missilistica per l’Europa. Quel disaccordo ha tenuto in sospeso il trattato per tre mesi. D’altra parte, il gioco degli scacchi applicato al controllo degli armamenti è un noto sport russo.
Ma dalla difficoltà il Senato potrebbe tirar fuori anche una speranza: cominciare ad affrontare in modo serio la modernizzazione del deterrente nucleare americano. È l’amministrazione che per legge deve presentare un piano decennale che porti gli obsolescenti laboratori nucleari e la tecnologia degli armamenti americani nel ventunesimo secolo. Nel mese di dicembre, 41 senatori – abbastanza per bloccare la ratificazione dello START – hanno detto al presidente di andare avanti su questa proposta se vuole che il trattato passi. Il Senato ha l’obbligo di assicurare che ciò che resta del nostro arsenale nucleare sia funzionante. E dovrebbe insistere anche per una nuova testata, che il Pentagono vorrebbe, ma alla quale gli attivisti per il controllo degli armamenti e lo stesso Obama si oppongono.
Il mese prossimo, il presidente Obama ospiterà a Washington un “summit per la sicurezza nucleare” e ha in animo di ridare vita al Comprehensive Nuclear Test-Ban Treaty (il trattato internazionale che proibisce i test nucleari in qualunque ambiente) che il Senato non ha ratificato dieci anni fa. Egli poi partecipa alla rinnovata conferenza del Trattato di non proliferazione nucleare. Tutto ciò, e in particolare il regime di non proliferazione, finirà per non avere alcun senso se l’Iran si dotasse di una bomba. Ma anche mentre accoglieva il patto della scorsa settimana con la Russia, l’amministrazione stava stemperando una già debole bozza di sanzioni delle Nazioni Unite a carico dell’Iran.
Nel dare l’annuncio dell’accordo con la Russia, il segretario di Stato Hillary Clinton ha ripetutamente affermato che il trattato mostra a Iran, Corea del Nord e simili che “una delle nostre priorità è di rafforzare il regime globale di non proliferazione” nucleare. E che in qualche modo l’accordo tra Stati Uniti e Russia indurrà Teheran e Pyongyang a partecipare.
Questa non proliferazione basata sulla fiducia va contro la storia. Mentre negli ultimi vent’anni Stati Uniti e Russia hanno ridotto gli arsenali, gli stati canaglia hanno accelerato la costituzione dei propri. E vanno avanti. Quello che il Senato dovrebbe valutare prima di ratificare lo START è se un’altra era di promesse di disarmo su pergamena renderà l’America più sicura.
Tratto dal Wall Street Journal
Traduzione Andrea Di Nino