Il paradosso della ‘Mitrokhin’
28 Novembre 2006
di redazione
Il residuo di potere e di controllo che l’apparato spionistico ex sovietico continua a mantenere in occidente non è questione secondaria per la corretta interpretazione dei nostri tempi. La guerra fredda ha avuto i suoi eserciti sull’uno e sull’altro versante della cortina di ferro: sono state le armate dello spionaggio in lotta mortale per il predomino del pianeta. Quella guerra ha avuto vincitori e vinti, ma è stata l’esplosione dell’impero sovietico a porre il serio problema di come abbia funzionato il riflusso di uno dei due eserciti, degli uomini che ne facevano parte, delle informazioni che avevano raccolto e delle varie catene di comando.
Per questo oggi è lecito porsi la domanda se sia Vladimir Putin a controllare gli eredi del Kgb o se siano questi ad avere strumenti di controllo sui vertici del potere russo. O in quali proporzioni le due affermazioni contengano parti di verità.
Esiste un immenso buco nero nelle attuali mappe del potere geopolitico e fino a che esso non verrà scandagliato a fondo ogni tentativo di tracciare una rotta rischia di condurre fuori bersaglio.
In Italia, la Commissione Mitrokhin aveva avuto il compito di seguire uno dei molti bandoli di questa matassa. L’operato di quella commissione ha avuto, però, un effetto paradossale: molti documenti che prima potevano essere consultati attraverso i normali percorsi archivistici, una volta acquisti dalla “Mitrokhin” sono stati secretati.
Così una commissione nata per far luce su una vicenda cruciale della nostra storia recente rischia di produrre l’effetto contrario, oscurando materiali utili alla ricerca della verità storica.
Se non vogliamo che, una volta ancora, si concentri l’attenzione unicamente sul funzionamento della Commissione al fine di oscurare l’oggetto delle indagini; se non vogliamo che le vicende legate allo spionaggio sovietico e ai suoi residui ancora drammaticamente operanti diventino materia per polemiche giornalistiche partigiane, oggi più che mai occorre fare un passo in dietro. Quelle carte devono tornare al circuito degli studiosi e degli storici secondo le normali regole vigenti all’Archivio Centrale dello Stato: la secretazione può essere l’eccezione non certo la regola.
Abbiamo il massimo rispetto per quegli arcana imperii che sono spesso ingrediente indispensabile delle prerogative di governo, ma siamo anche convinti che l’opacità sulle carte sia l’anticamera della disinformazione organizzata. Ci sono interi capitoli della nostra storia che attendono di essere riscritti. Non possiamo perdere tempo con i romanzi d’appendice.