Il patto Cina-Giappone è la fuga dal dollaro, dall’euro e dall’Ue in deficit di politica
27 Dicembre 2011
di Daniela Coli
La notizia del dopo Natale è il patto tra Cina e Giappone di scambiare merci, servizi e finanza senza passare attraverso il dollaro e di contribuire a pacificare i rapporti tra Corea del Nord e del Sud. L’ accordo storico tra seconda e la terza economia del mondo avrà un impatto enorme sull’economia dell’Asia. E’ la fuga dal dollaro, ma anche dall’euro, la fuga da un occidente in crisi di cui Cina e Giappone non vogliono pagare le conseguenze.
A parte il Foglio, i media italiani non dedicano spazio alla notizia, né riflettono sull’importanza dell’accordo. Mentre cambia la mappa economica del pianeta con il Brasile che sorpassa la Gran Bretagna, i più importanti giornali italiani sembrano la fotocopia della Cnn in politica estera. Il Corriere ha proposto la foto della la signora Monti al mercato tra banchi di frutta e verdura, come se non fosse già stata abbastanza ridicolizzata Michelle Obama col carrello al discount. Mentre si continua con lo spread a 500 punti, nonostante la manovra Monti, il Corriere, di cui il governo Monti è espressione, non sa più cosa sia la politica e non riesce a immaginare altro che tasse e lotta alla “casta”.
Siamo davvero messi male se, come immagina il Corriere, tutto si risolvesse andando a comprare aspirine al supermercato, eliminando gli ordini professionali, facendo lo spezzatino di Eni, Enel e Finmeccanica e vendendolo ai nostri cari alleati. Lo spread btp/bund nel 2006 era a 24 punti, i nostri titoli di stato erano percepiti addirittura più sicuri di quelli tedeschi e britannici. Le banche italiane non erano state toccate dalla crisi finanziaria americana del 2008. La situazione è precipitata quest’estate, durante la guerra in Libia, fino ad arrivare a uno spread di 575 punti questo novembre e non è cambiata molto col governo del sobrio Monti. L’outlook positivo dell’Italia era anche il risultato degli importanti rapporti economici con la Libia e si sapeva che l’economia italiana avrebbe risentito di quanto è accaduto in Libia, dove la situazione non è ancora normalizzata.
Le relazioni internazionali sono fondate sui rapporti di forza, in guerra e nella finanza, e l’eurozona non ha mai provveduto a prendere misure per garantire la propria sicurezza geoeconomica e neppure per monitorare le sfide e le minacce. L’eurozona non ha agenzie di rating,come la Cina, non è in grado di proteggere i propri dati dallo spionaggio satellitare e non ha un organismo europeo di intelligence, come aveva auspicato Prodi. L’euro non può pretendere di competere con le altre monete, senza avere la difesa che qualsiasi moneta competitiva ha dietro di sé. Cina e Giappone hanno siglato un accordo finanziario ed economico, senza perdere tempo in un costruttivismo ideologico naif, sapendo bene, come Samuel Huntington, che non si conquista il mondo con la superiorità dei valori. Cina e Giappone sono due stati diversi, non si sono posti il problema di condividere valori, ma i propri interessi, né hanno deciso di rinunciare alla sovranità.
Diversamente, l’eurozona alla prima grande crisi ha dimostrato di non essere capace di alcuna politica estera comune. L’Europa del Sud si trova nell’occhio del ciclone della speculazione soprattutto per la sua posizione geopolitica, per la guerra fredda che si sta svolgendo nel Mediterraneo e per l’Africa dove vari paesi si sono aperti alla Cina. Basta ascoltare su Youtube qualche giovane intellettuale africano che parla dal satellite cinese-russo e afferma di preferire i cinesi agli occidentali, perché i cinesi investono in Africa per costruire dighe, ponti, strade, infrastrutture, non vogliono conquistarli, cambiare le loro abitudini. La guerra degli Stati Uniti e della Nato in Libia per eliminare Gheddafi rientra appunto in questo conflitto che vede protagonisti Stati Uniti e Cina in Africa.
È inutile chiedere alla Germania di fare gli Stati Uniti d’Europa, di chiedere alla Bce di comportarsi come la Fed, la banca centrale degli Stati Uniti, perché i tedeschi, come gli inglesi, non hanno alcuna intenzione di perdere la loro sovranità, diversamente da noi italiani, che ci troviamo di fronte al problema di doverci salvare da soli. Impresa non semplice, perché manca la politica, quella politica con una certa idea dell’Italia, che il Corriere vorrebbe abolire e che manca da parecchi decenni nel nostro paese.