Il Pd apre sulla giustizia e il dialogo riparte dall’immunità parlamentare
18 Gennaio 2010
C’è un segnale nuovo che si fa strada lungo il cammino delle riforme condivise e riguarda il capitolo giustizia. E’ ancora presto per dire se, di qui a breve, si concretizzerà nella collaborazione reciproca tra maggioranza e opposizione ma il segnale arriva direttamente dai vertici Pd. Violante e la Finocchiaro lo lanciano al convegno promosso dalla Fondazione Magna Carta dal titolo "Dove va la giustizia?".
L’apertura è sul tema dell’immunità parlamentare contenuto nella proposta di legge firmata dai senatori Chiaromonte (Pd) e Compagna (Pdl), a patto che si proceda in un quadro di riforme di sistema. Al convegno della Fondazione Magna Carta che trae spunto dal quadrimestrale "Percorsi costituzionali" (edito da Rubettino e realizzato dalla stessa Fondazione), l’ex presidente della Camera Luciano Violante, oggi responsabile del dipartimento riforme del Pd, non usa giri di parole quando afferma che su questo si può avviare una riflessoine ma "solo nell’ambito di una riforma complessiva della Costituzione. Laddove invece venisse presentata una riforma a sè stante che portasse a uno squilibrio tra politica e giustizia voteremo no e andremo al referendum”.
Dello stesso avviso anche la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro per la quale "non esiste che noi votiamo un provvedimento sull’immunità ad hoc per i parlamentari senza che questo venga inserito in un quadro di riforme complessivo”. L’esponente democrat spiega che la soluzione ”meno dannosa” tra quelle oggi messe in campo dalla maggioranza sarebbe la ”sospensione dell’azione penale: dovrebbe essere richiesta dal soggetto, valere per un solo mandato, votata da una maggioranza qualificata, giudicata da una giunta eletta su base proporzionale". E’ il quadro all’interno del quale si può pensare all’immunità per i parlamentari e questo- è il ragionamento della Finocchiaro – ha un senso "se noi lo iscriviamo in una riforma di sistema per cui attribuiamo all’immunità la funzione propria di riequilibrio tra i poteri".
Il punto attorno al quale ruota il dibattito, scandisce, nasce non tanto dall’esigenza di tutelare il libero esercizio della funzione parlamentare, quanto "il sereno svolgimento della funzione di governo. Usciamo dalla metafora, oggi si torna a discutere di immunità parlamentare perché sono state adottate iniziative per difendere l’esercizio della funzione di governo e si torna a parlare di immunità quasi in sostituzione del processo breve o del legittimo impedimento".
Il centrodestra apprezza la disponibilità del Pd e il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello replica con un "va benissimo", spiegando che la maggioranza vuole "riformare complessivamente la giustizia”. In questo contesto "è chiaro che l’immunità rientra nell’ambito di un nuovo equilibrio che si dovrebbe creare tra politica e giustizia per eliminare la conflittualità permanente che esiste tra i due ordini. Quindi siamo d’accordo”. Tuttavia non ci sarà alcun passo indietro nè sul processo breve che Quagliariello definisce "una norma di civilità" e che domani sarà votato dall’Aula del Senato, nè sul legittimo impedimento che la settimana prossima approda nell’Aula di Montecitorio. L’indicazione è allargare "quel viottolo tracciato con la proposta Chiaromonte-Compagna” perché la questione di fondo resta la "necessità di dare al Paese una riforma organica della giustizia. Sappiamo che per questo era necessario disinnescare il conflitto tra politica e giustizia che ha infiammato la prateria fino al 13 dicembre scorso. Ce ne assumiamo la responsabilita’ in prima persona perché siamo convinti che i cittadini capiranno”. Per questo, osserva Quagliariello, rimane l’auspicio ”di una collaborazione dell’opposizione e siamo d’accordo sul fatto che la giustizia è il capitolo di una riforma più ampia che serve a mettere l’Italia nella condizione di competere meglio nel mondo”.
Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano chiede che si cominci da una parte, purché si cominci ad affrontare il nodo centrale, ovvero il "corto circuito" tra giustizia e politica che ormai è avvertito da tutti, "a destra come a sinistra". E non senza un accenno polemico, si domanda per quale motivo "ogni volta che il centrodestra propone qualcosa sulla giustizia il centrosinistra chiede di cominciare a discutere di altro". Se sull’esigenza di superare il conflitto tra poteri condivisione e sensibilità appaiono ormai consolidate è pur vero che "ogni volta che qualche esponente del Pd sottoscrive una proposta o un’apertura, dall’alto del suo partito arrivano le bacchettate sulle mani. Io credo che da qualche parte si debba iniziare: aspettare una riforma costituzionale complessiva richiederebbe tempi molto lunghi", avverte Mantovano. Nel corso del convegno non sono mancati approfondimenti tecnico-giuridici sui quali si sono soffermati studiosi ed esperti tra i quali i costituzionalisti Zanon e De Vergottini, Chiappetti e Guarneri.
Il Pd non respinge pregiudizialmente neppure l’ipotesi di un provvedimento per la sospensione dei processi per i quali non siano stati dati i tempi necessari per richiedere il rito abbreviato in presenza di nuove contestazioni da parte del pm. La pre-condizione è che ci si attenga fedelmente al testo della sentenza della Consulta. Su questo Violante non chiude la porta sottolineando che ”se il governo ritenesse di fare qualcosa di ragionevole e cioè una norma semplicemente applicativa della sentenza della Corte Costituzionale, se ne potrebbe discutere” e la Finocchiaro aggiunge che "una norma applicativa della sentenza della Consulta avrebbe un impatto contenuto, decisamente non devastante come il processo breve”.
Dal responsabile riforme del Pd arriva anche un’altra sollecitazione. Nel suo intervento al convegno di Magna Carta, Violante richiama le forze politiche a interrogarsi se "sia possibile che istituzioni che fanno parte della governance del paese abbiano uno statuto di totale separatezza istituzionale, una totale autodisciplina”. Di qui l’invito a confrontarsi sul concetto di "totale autonomia e totale autogoverno” delle magistrature, anche perché "il termine autogoverno non esiste nella Costituzione. E’ stato inventato solo successivamente”. Tuttavia, aggiunge, ”il fatto è che le magistrature del 1948 non sono quelle del 2010. Allora erano all’estrema periferia dei poteri, mentre al centro del sistema c’erano partiti e sindacati. Oggi e’ il contrario, con il Parlamento che sta sostanzialmente perdendo la natura di potere”. E di fronte alla nuova centralità della magistratura, dunque, è il caso di chiedersi ”se il loro statuto sia adeguato”.
C’è un altro capitolo al centro del convegno di Magna Carta: lo evidenzia nel suo intervento Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia del Senato. Riguarda la questione della responsabilità civile del magistrato, norma introdotta nell’88 dopo il caso Tortora ma considerata inadeguata, al punto lo stesso Berselli propone la "revisione della legge in Parlamento" chiamando le forze politiche ad un impegno bipartisan, tenendo lontano dal tavolo del confronto " qualsiasi logica di strumentalizzazione".