Il Pd è diviso sulle Primarie perché non ha mai trovato una linea politica
07 Gennaio 2011
Sarà un gennaio caldissimo per il Partito Democratico. Un mese ad alta tensione in cui la creatura politica di Via del Nazareno rischia seriamente di dover lottare per la sua stessa sopravvivenza, facendo i conti con trasmigrazioni e frammentazioni.
Le spine, lunghe e affilate, che Pierluigi Bersani dovrà affrontare sono sostanzialmente tre: la questione primarie; la vicenda Fiat- Fiom; il voto sul testamento biologico. Tutti nodi che hanno un profondo valore simbolico e appaiono fondamentali per la definizione dell’ identità di un partito che non riesce a liberarsi del passato e appare impossibilitato a consumare passi limpidi verso la modernità, senza rifugiarsi nel “ma-anchismo” e nel terreno delle non-scelte.
Il problema è sempre lo stesso: la definizione di una linea politica. Per il momento il segretario si limita a scrivere all’Italia una lunga lettera pubblicata dal Messaggero con la quale lancia “una sfida per la riscossa dell’Italia” e soprattutto rivolge un ultimo appello a Gianfranco Fini e a Pier Ferdinando Casini affinché si uniscano in una sorta di Santa Alleanza anti-berlusconiana. Un’offerta che appare ormai fuori tempo massimo e senza possibilità di successo ma che va ascritta alla necessità di essere presente nel dibattito e rivendicare una qualche iniziativa politica, evitando di toccare i punti deboli e irrisolti della propria leadership.
Le questioni vere, oggi, sono altre. Innanzitutto gli strumenti di democrazia interna, primarie in primis. Matteo Renzi, Giuseppe Civati e i cosiddetti rottamatori hanno già indetto una riunione per il prossimo 12 gennaio in cui lanceranno la battaglia per la difesa delle primarie, strumento a forte rischio di congelamento nelle intenzioni del segretario e di altri big come Massimo D’Alema. Un incontro, organizzato a Roma alla vigilia della direzione nazionale del partito, che ha un sapore quasi “resistenziale” rispetto a uno dei miti fondativi del Pd oramai sempre più vacillanti. “Vogliamo le primarie sempre e comunque non solo perché hanno un valore in se stesse, ma anche perché rappresentano lo spirito del Pd”, spiega Civati, leader con il sindaco di Firenze del think tank "Prossima fermata: Italia". All’incontro pare parteciperanno anche Walter Veltroni e Ignazio Marino. Presenze non casuali visto che c’è chi inizia a ventilare scenari futuribili proiettati al 2013, anno in cui scaduto il mandato di Renzi a Firenze e quello di Bersani alla guida del partito, il sindaco di Firenze potrebbe competere con lo stesso Veltroni per la leadership del Pd.
Il fronte delle primarie, però, in questa fase non appare come il più caldo. A preoccupare, in questa fase, c’è soprattutto la questione Pomigliano-Mirafiori che ha provocato spaccature trasversali, scompaginando schieramenti correntizi tradizionali, con D’Alema che apre all’approccio di Sergio Marchionne e molti dalemiani che si dissociano. Oppure con Veltroni che si ritrova sulle stesse posizioni di Enrico Letta. Il tutto mentre Antonio Di Pietro incalza il Pd sul caso Fiat-Fiom schierandosi dalla parte del sindacato dei metalmeccanici e invitando gli strateghi del Nazareno a non accontentarsi “del tozzo di pane di Marchionne”. Una contrapposizione che rischia di approfondirsi con l’approssimarsi del voto delle tute blu sull’accordo di Mirafiori, previsto per il 13 e il 14 gennaio, e dello sciopero proclamato dalla Fiom per il 28 gennaio e cavalcato dall’Italia del Valori.
Ultima spina è quella del disegno di legge sul testamento biologico che i cattolici di tutti gli schieramenti (capeggiati dall’Udc Paola Binetti e dall’ex futurista Silvano Moffa) chiedono venga messo al più presto all’ordine del giorno. Apparentemente si tratta di un tema ad alta tensione su cui verificare la tenuta del Terzo Polo, tra le posizioni laiche di Fini e Della Vedova e quelle di Paola Binetti e dei cattolici dell’Udc. Ma dentro il Pd c’è la consapevolezza che su questa battaglia una trentina tra deputati e senatori democratici finirebbero per sostenere le posizioni della maggioranza e del governo. Una circostanza che potrebbe accentuare la conflittualità interna ed esacerbare rapporti già logori. Favorendo la definitiva rottura di quel filo sottile che lega ancora i cattolici al Partito Democratico.