Il Pd gioca a risiko con la riforma elettorale per darsi l’illusione di esistere
15 Settembre 2011
Scenari futuribili e per questo difficili da decifrare oggi. E l’oggi ha altre priorità: l’onda lunga anti-casta che ripropone clichè già visti nell’era di Tangentopoli (solo che allora erano i partiti il male assoluto, ora sono diventati i politici in quanto politici); la crisi economico-finanziaria che tiene sotto scacco l’Italia e tutta l’Europa, le misure sulla crescita per rimettere il paese in carreggiata. In tutto questo il Pd, prima si divide, poi cavalca un ‘evergreen’: la riforma della legge elettorale. Tatticismi.
Il tema è in campo, non c’è dubbio: c’è una raccolta di firme (oltre quattrocentomila) per il referendum che tra quindici giorni quando scadranno i termini fissati dalla legge, potrebbero superare quota cinquecentomila, soglia necessaria per portare il dossier al vaglio della Consulta. Obiettivo: cancellare la legge Calderoli (il tanto vituperato Porcellum) e restaurare il Mattarellum che consente l’escamotage di tenere insieme uno schieramento disomogeneo.
Solo pochi mesi fa, proprio sulla riforma della legge elettorale a Largo del Nazzareno si è consumato uno psicodramma: prima Passigli a proporre lo strumento referendario avendo come bussola il proporzionale puro,l’abolizione del premio di maggioranza e il ripristino delle preferenze (senza tuttavia incassare grandi entusiasmi della nomenclatura, salvo D’Alema), poi l’iniziativa dei ‘bipolaristi’ del Pd con in testa il prodiano Arturo Parisi, a lanciare il ripristino del Mattarellum attraverso il referendum, nel tentativo di rompere le uova nel paniere a Bersani, rendendogli più difficile il rapporto con il Terzo polo. Iniziativa che in tempi di anti-casta e dei politici che in quanto politici sono-tutti-farabutti ha preso campo e fatto intuire a Di Pietro e Vendola che quella poteva essere la strada giusta nella quale infilarsi nell’eterna lotta per la leadership del centrosinistra. E così è stato: il leader Idv che, stando ai calcoli di queste ore avrebbe cammellato più adesioni degli altri, rivendica la sua capacità di mobilitazione, mentre Bersani e D’Alema che fino a pochi mesi fa sponsorizzavano, a parole, il sistema francese hanno deviato sul Mattarellum nel momento in cui si sono resi conto che le firme ci sono e che il referendum potrebbe essere ammesso.
Ma cosa c’è dietro al referendum elettorale? Anzitutto la volontà di togliere di mezzo la legge Calderoli e tornare alla norma precedente che consente di tenere insieme uno schieramento disomogeneo e in caso di vittoria alle politiche ottenere una maggioranza più ampia. L’altra ragione è che se la Consulta ammettesse il referendum, si ritiene più facile arrivare allo scenario delle elezioni anticipate nel 2012 e, di conseguenza, impedire ad Alfano di riorganizzare il partito e di avere buone chances di vittoria.
Nel merito della proposta, i ‘bipolaristi’ del Pd puntano alla cancellazione del ‘Calderolum’ confidando nel fatto che abolendola si faccia rivivere quella precedente (la cosiddetta tesi della ‘reviviscenza’). Sul piano giuridico, secondo alcuni analisti, pur essendo molto contrastata in dottrina, la tesi non appare del tutto peregrina e potrebbe essere tenuta in considerazione dalla Consulta. Insomma, l’ipotesi dell’ammissibilità del quesito ci sta, e su questo nelle ultime settimane si è riaperto il dibattito politico.
Il segretario del Pdl Angelino Alfano ha già chiarito che l’attuale norma non è né un dogma né il Vangelo e che ci si può ragionare sopra ma certe condizioni: conferma dell’impianto fortemente bipolare e indicazione obbligatoria del candidato premier. Resta il fatto che da qui a gennaio e soprattutto se la raccolta di firme raggiungerà la soglia prevista, il tema si dovrà affrontare. Nelle file della maggioranza c’è chi come Peppino Calderisi, capogruppo Pdl in commissione Affari Costituzionali a Montecitorio ed esperto di sistemi elettorali, si riconosce nelle parole di Alfano ed evidenzia la necessità di intraprendere un’iniziativa parlamentare prima del pronunciamento della Corte Costituzionale, in un confronto aperto con Pd e Udc. Due le questioni che pone a premessa dell’analisi. Primo: “Chi pensa che il referendum sarà sicuramente bocciato dalla Consulta, si fa grandi illusioni. Sono maggiori le probabilità che venga ammesso, basta pensare all’incredibile decisione della Cassazione sul nucleare”. Secondo: “Eventuali modifiche per evitare il referendum, tipo la reintroduzione delle preferenze che peraltro sarebbe deleteria, non riuscirebbero a superare la consultazione popolare”. Detto questo, sul Mattarellum è disposto a ragionare ma partendo da paletti precisi e non negoziabili: “Quel testo così com’è non va perché consente trucchi inaccettabili, ad esempio le liste civetta, l’elusione dello scorporo, desistenze e alleanze mascherate, diomogeneità degli apparentamenti da circoscrizione a circoscrizione, mancata indicazione del capo della coalizione. Questi elementi vanno corretti. Il problema è se Casini rinuncia o no alla pregiudiziale anti-bipolare, dopodiché come ha detto Afano, si può ragionare su diversi sistemi che garantiscono il bipolarismo, migliorandolo”.
Un punto non da poco, visto che l’Udc si è sempre dichiarato favorevole al modello tedesco, in sostanza al proporzionale puro, che evidentemente in Italia non garantirebbe affatto il bipolarismo. Difficile pensare che oggi possa tornare sui suoi passi, perchè il sistema bipolare lo costringerebbe a scegliere da che parte stare e restarci.
Siamo ai preliminari, ma se lo scoglio delle firme sarà superato, entro la fine del mese potrebbe già scattare il count down. La sinistra ci gioca sopra la sua fiches anti-Cav., si arrovella su una questione certamente non prioritaria, non avendo granchè da dire sull’agenda economica o su altre contingenze. Gioca al risiko della riforma elettorale per darsi l’illusione di essere viva.