Il Pd non è ancora nato e ha già perso

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Il Pd non è ancora nato e ha già perso

29 Maggio 2007

Per tutta la campagna elettorale, preoccupati dal vento ostile che soffiava nel Paese, hanno attuato la strategia di minimizzazione preventiva derubricando le elezioni amministrative a mere “questioni locali”. Ieri, durante lo stillicidio degli scrutini, hanno provato a tenere botta parlando di una “questione settentrionale”. Oggi, con in mano i risultati definitivi, nessuno può più negare l’evidenza.

La notte dei lunghi coltelli nell’Unione è iniziata ufficialmente, e le dita degli azionisti di minoranza della coalizione sono inesorabilmente puntate contro quello che per tutto il periodo pre-elettorale è stato il vero convitato di pietra nell’agone politico: il Partito democratico. In tutta Italia Ds e Margherita sono arretrati, e nel migliore dei casi non sono cresciuti di un voto. Separati in casa o uniti nelle liste dell’Ulivo, i promessi sposi alla prima uscita pubblica hanno trovato da parte degli elettori un’accoglienza glaciale. A Genova, dopo la coalizione di governo è riuscita a strappare il Comune al primo turno (ma non la Provincia), il risultato è stato assai deludente rispetto a quello raggiunto in passato da candidati meno moderati. A L’Aquila lo “scippo” alla Cdl l’ha messo a segno un seguace di Fabio Mussi. A Taranto il ballottaggio vede favorito un candidato a sinistra del Pd.

E adesso? C’è da giurare che Romano Prodi tenterà di restare incollato alla poltrona. Richieste formali di udienza al Quirinale da parte del centrodestra non ne sono ancora arrivate, ma non è escluso che tra oggi e domani il Cavaliere – non appena i dati definitivi saranno ufficializzati – decida di tener fede a quanto annunciato alla vigilia del voto, e bussare alla porta di Napolitano per chiedere elezioni anticipate. La parola d’ordine nella maggioranza è ricordare che nel quinquennio di governo la Cdl ha subito diverse battute d’arresto in occasione delle tornate elettorali amministrative. Ma la risposta che circola insistentemente fra le file di Forza Italia è che nel 2001 la Cdl le elezioni politiche le aveva vinte per davvero, e nel 2006 non le ha perse. Dunque il paragone non regge, neanche un po’.

Ce la farà l’Unione a resistere al fuoco di fila dell’opposizione? La situazione non è semplice, anche perché a sinistra tira aria di resa dei conti. L’ala radicale della coalizione è decisa a chieder conto agli alleati della pesante battuta d’arresto. Rifondazione comunista sventola i dati numerici per dimostrare che il Partito democratico è perdente ancor prima di nascere. E il fatto più preoccupante per Fassino e compagni è che alla stessa conclusione sembrano essere arrivati personaggi di punta nel settentrione come Sergio Chiamparino e Mercedes Bresso. “A me di stare in un organismo che non capisco neppure bene, non importa”, ha dichiarato il presidente della Regione Piemonte. Fortemente critico anche il sindaco di Torino, che i registi della fallimentare “operazione Pd” starebbero invece pensando di inserire, assieme a Massimo Cacciari, nel già elefantiaco comitato incaricato della travagliata gestazione.

Tace per ora Walter Veltroni, l’aspirante condottiero, che in questo momento ci piacerebbe immaginare impegnato nel tentativo di sbloccare la Capitale paralizzata da due gocce di pioggia. Tace anche Francesco Rutelli, che poche settimane fa aveva gettato sul tavolo il problema dell’Ici, lanciando previdente un segnale d’allarme che nelle elezioni ha trovato piena conferma. E’ preoccupato Piero Fassino, che se la prende con Berlusconi e Montezemolo (“colpevoli” d’aver convinto il nord a voltare le spalle alla maggioranza di governo), ma sa bene che per comprendere le ragioni della sconfitta deve guardare innanzi tutto nella sua casa, presente e futura. Cerca di minimizzare Romano Prodi, che si consola con l’aglietto di un paio di agenzie di stampa internazionali che parlano di “equilibrio” tra i due schieramenti, e sfidando il ridicolo invita la coalizione a “dimostrare di essere compatta anche adesso”. Anche. Come se da un anno a questa parte l’Unione l’avesse mai pensata allo stesso modo.