Il Pd perde consensi e Franceschini studia nuove mosse
26 Marzo 2009
di redazione
I sondaggi parlano da sé, il Partito Democratico è in crisi. Dati in mano i dirigenti del Pd hanno convocato sondaggisti e sociologi in due riunioni riservate per capire che cosa non va e cercare di rimediare al più presto per affrontare la prossima sfida elettorale delle europee. In allarme per le ultime statistiche di gradimento del loro partito – che vedono il Pd a quota 25,5% – a Largo del Nazareno è già iniziato il mea culpa.
I vertici di partito devono ora prendere atto che la fetta maggiore dei suoi elettori ha più di 55 anni (e i più sono over 65), anche se è pur vero che tra i giovanissimi (18-24 anni) il Pd è ancora vivo. La maggior parte degli elettori infatti sono o studenti o pensionati. Il partito perde quindi lo storico consenso di categorie che un tempo rappresentavano la base elettorale dei Ds e della Margherita, come quella degli operai e dei dipendenti pubblici, tra cui anche gli insegnanti.
Ma non è tutto. Il colpo più forte al calo del sostegno è quello a livello territoriale: il Pd perde soprattutto al Centrosud (meno 12,4%), ma lo smottamento dei consensi nel Settentrione è inferiore. Si passa dal meno 8,5 per cento del Nordovest al meno 5 per cento del Nordest. Ancora peggio va il paragone tra centri rurali e centri cittadini. Il Partito Democratico perde soprattutto nelle grandi città: nei Comuni sopra i centomila abitanti, il Pd subisce una flessione secca dell’11,1%.
Franceschini non sembra però aver tutte le colpe. Dopo il tracollo che è seguito alle dimissioni di Veltroni e l’ulteriore flessione registrata nella prima settimana della nuova segreteria, c’è stato un lentissimo, ma costante, avanzamento del partito, che nel giro di tre settimane ha recuperato lo 0,9%. Il segretario poi non viene disprezzato dai suoi elettori: dopo Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini è lui il leader più quotato e se nelle prime settimane la sua popolarità è andata calando adesso invece è in risalita. Risulta infatti che leader del Pd ha maggiore “appeal” rispetto al suo stesso partito: un più 10,7%, che non è affatto poco se si considera che Silvio Berlusconi stacca il suo partito di meno del 2% e Antonio Di Pietro del solo 0,5%.
C’è chi ritiene però che la principale minaccia di Franceschini si trova nelle fila del suo stesso partito. Pochi giorni fa infatti il quotidiano spagnolo El Pais ha battezzato Debora Serracchiani, avvocato 38enne di Udine, “una stella nascente della sinistra italiana”. Segretario comunale del Pd e consigliere provinciale, la Serracchiani ha lanciato un discorso “forte e commovente” contro il proprio partito, tale da accendere le speranze di alcuni ottimisti della Sinistra (se ne sono ancora rimasti) a dire di lei che sarà “la Obama del centrosinistra italiano”.
Nella sua requisitoria non ha salvato nessuno. “Ne ho per tutti” ha aggiunto fra gli applausi la Serracchiani, lanciandosi poi in un gragnola di attacchi ai mille personalismi dei dirigenti democratici. Ha accusato il Pd di “non avere mai una parola chiara, mai una linea netta, mai una linea unica”. Un atteggiamento, questo, che non ha nulla a che spartire con il pluralismo: la diversità del Pd, ha detto la Serracchiani “è la sua ricchezza, però bisogna imparare a parlare con una voce sola, a rispettare le maggioranza e, se necessario, a lasciare a casa qualcuno”. Per molti infatti è già stato abbastanza significativo che sia bastato un solo intervento per scaldare la stampa internazionale e farle scommettere su un futuro di primo piano nella Sinistra italiana. Poi, come sottolinea Panorama, lei è testimone che esiste ancora quella “base” che ci vuole credere: sul sito della tv del Pd, youdem.tv, il suo intervento è stato il più cliccato del mese di marzo e su Facebook continuano a fiorire i gruppi dei suoi fan.
Per i sondaggisti quindi non c’è dubbio, se Franceschini vuole recuperare terreno deve puntare sulla vecchia arma – e minimo comun denominatore – della Sinistra: l’antiberlusconismo. Dai dati risulta chiaro che quel 0,9% di crescita dei consensi deriva proprio dalle ultime prese di posizione su questa linea. Ma è proprio su quest’arena che il segretario del Pd trova la peggiore delle concorrenze: la stessa Sinistra dei comunisti e dell’Italia dei Valori. Infatti, mentre alle politiche dello scorso anno il cartello che rappresentava questo frastagliatissimo arcipelago ottenne il 3,1%, adesso, invece per quanto divisa la Sinistra tutta insieme veleggia intorno al 7%. Tutto ciò non può che portare gli esperti del settore ad una previsione: durante la campagna elettorale ci sarà un crescendo di toni ostili nei confronti del presidente del Consiglio per tentare di riconquistare i voti di questa fetta dell’elettorato.