Il Pd rinnega Monti e pensa al voto ma il prezzo lo pagano gli italiani. E la politica
26 Marzo 2012
Si sta scassando tutto. E non soltanto per la riforma del lavoro o per la Rai o per la giustizia o per chissà quale altra diavoleria. La frana si è incominciata quando il bislacco patto di novembre ha prodotto i suoi effetti. Nessuno dei sostenitori coatti del governo Monti ha mai creduto fino in fondo a quel che stava facendo. Hanno offerto tutti voti per pura paura, disperazione o viltà, mai per convinzione. Quando hanno iniziato a fare i conti del dare e dell’avere – come tutti i bottegai normalmente fanno, non esclusi quelli che vendono politica ed illusioni – allora sono stati avvertiti i primi dolori. In tutti gli schieramenti la diffidenza ha finito per avere la meglio sulla buona fede e su un autentico spirito di servizio in nome del bene supremo del Paese.
Personalmente non ho mai creduto all’improvvisato patriottismo sbandierato da chicchessia per il semplice fatto che un tale nobile sentimento non s’improvvisa dopo decenni di denigrazione e di negazione. Tantomeno questa volta quando è stato chiaro, fin dal primo momento, che lo spirito di coesione rispolverato dai neo-patrioti all’amatriciana serviva per mascherare le loro inadeguatezze, fidando sull’indulgenza popolare e sulla comprensione di quanti, pur sbigottiti, hanno assistito all’ennesima giravolta di soggetti letteralmente soggiogati dalla paura che li ha determinati, loro malgrado, a sostenere tutt’altro che appassionatamente un governo che ognuno ha cercato di tirare dalla propria parte. Il patriottismo è un’altra cosa. Vadano a leggersi qualche pagina di Oriani, di Corradini, di Michels, di Delcroix per farsene un’idea questi pigmei che non sono stati neppure sfiorati dall’idea di rispolverare le pagine di autori rinchiusi nel cattiverio dell’ignoranza almeno in occasione delle retoriche celebrazioni del centocinquantenario dello Stato unitario. Dubito che lo faranno alle prese con ben altre faccende che poco o niente hanno a che vedere con il patriottismo.
E allora ecco che, squarciato il velo di Maya, si intravvede la realtà nella sua deprimente essenza. Il sistema dei partiti è crollato. E nel crollo nessuno vuole rimetterci più degli altri. Perciò, dunque, la fuga da Monti, l’inizio dell’esodo verso terre incognite, l’avventuroso passaggio nel bosco dove tutti gli agguati possono realizzarsi e restare impuniti. Ecco la selvaggia guerra elettorale che si approssima dimenticando in un momento quella responsabilità assunta davanti al Paese per la quale ognuno metteva da parte le proprie ragioni al fine di comprendere e farsi carico delle ragioni di tutti.
E’ durato poco il proposito. La sinistra, frustrata dopo essersi disfatta del “nemico”, cerca una via di sopravvivenza ed è disposta a togliere l’ossigeno al governo che vorrebbe riformare il mercato del lavoro e mettere la parola fine al classismo togliendo a Bersani e alla Camusso i motivi profondi della loro esistenza politica e sindacale. Il Terzo Polo vede spegnersi la flebile fiammella accesa nei giorni della tregua e sta cominciando a credere davvero che i sogni muoiono all’alba. Il Pdl non sa da che parte voltarsi: circondato da liste civiche, fratture tra componenti e nella messianica attesa che il Pd vada in catalessi, si affida a chi non voleva proprio al governo, vale a dire a Monti, per tentare di tenere a galla una barca che fa acqua da tutte le parti. L’impazzimento della maionese, si potrebbe sintetizzare.
In un tale contesto è assolutamente impossibile immaginare riforme elettorali o costituzionali; neppure la ordinaria manutenzione dell’economia è assicurata; i cittadini non sanno che fine faranno i loro risparmi e non appena l’Imu si affaccerà tra i loro impegni con lo Stato non è detto che non collasseranno. Sì è vero, si può morire di spread, ma non è detto che senza di esso si viva comunque. I partiti, patrioti del tartufesco bene comune, non hanno ancora realizzato il significato di ciò che sta accadendo è per questo che tutti, dico tutti, si sentono accerchiati da un’opinione pubblica che li considera dannosi oltre che inutili.
Mi domando come mai, almeno da novembre ad oggi, passati ormai più di quattro mesi i suddetti soggetti non si siano posti il problema di come riformarsi profittando della conflittualità affievolitasi per necessità e, dunque, organizzarsi in vista di una riapparizione non devastante sullo scenario tale da ingenerare naturale inimicizia da parte dei cittadini. Francamente la risposta non ce l’ho. Posso soltanto azzardare che fidando sulle reciproche debolezze hanno ritenuto che dopotutto il governo Monti gli toglieva le castagne dal fuoco e tanto poteva bastare per riconquistare la credibilità perduta. Non è andata così, come si vede. Ed ognuno già pensa a quel che accadrà tra un anno, o, con molta probabilità, anche prima.
Il Pd è già in campagna elettorale: le parole di Bersani e di D’Alema non lasciano dubbi al riguardo. L’Udc vorrebbe fare il “partito della nazione” e ricongiungersi con i “moderati”, ma capisce che il tempo sta inesorabilmente fuggendo. Il Pdl vorrebbe darsi un po’ d’ordine e formulare una proposta politica che lo avvicini a Casini o alla Lega o a tutti e due e già questa ipotesi è di per sé fantasiosa. Non accadrà niente. O meglio accadrà tutto. Nel senso che quanto prima si andrà a votare. Gli esiti sono imprevedibili. Ma è più che probabile che vinca il populismo e la demagogia. Cioè il caos.
Soltanto dopo si faranno i conti. E quello più salato lo pagheranno gli italiani sui quali continuerà a scorrere la crisi economica e tra un anno saranno (saremo) tutti più poveri e più disperati e più incazzati. Ma neanche allora si alzerà qualcuno per proporre un’idea semplice ed efficace, tante volte vagheggiata dal Maldestro: l’indizione di un’Assemblea costituente che fissi nuove regole istituzionali e sprigioni energie giovani, idee nuove, passioni sopite. Insomma, che offra l’occasione per l’emersione di una classe dirigente che non assomigli per niente a questa moribonda banda di sopravvissuti alla Prima Repubblica della quale hanno rinverdito i fasti peggiori.