“Il Pd vuole votare a ottobre ma riusciremo a impedirlo”
28 Marzo 2012
“Diciamo che la politica ha appena avuto un sussulto. In qualche modo ha risposto ai tecnici, ha detto di avere la forza di cambiare le cose. Ora deve mantenere questo impegno”. Al termine del vertice Pdl-Pd-Terzo Polo Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl e "ministro per gli affari costituzionali" degli azzurri, appare moderatamente ottimista. “Se l’accordo appena preso sarà mantenuto”, dice a Libero, “riusciremo a realizzare la modifica costituzionale più ampia fatta dal dopoguerra a oggi. E faremo una buona riforma della legge elettorale”.
Su cosa è basata questa grande riforma costituzionale che pare vedervi tutti d’accordo?
“Riduzione del numero dei parlamentari. Bicameralismo tale da consentire l’approvazione di una legge in 150 giorni al massimo, e non più in 450. Poteri al premier e all’esecutivo che sino a poco tempo fa era impossibile immaginare”.
Traguardi ambiziosi.
“Se dopo l’intesa e il comunicato congiunto che ne è seguito i partiti non vanno avanti, se l’accordo è sterile o partorisce solo il topolino di una riforma elettorale purché sia, saremo tutti ricoperti dall’ignominia”.
Eppure permane il rischio del voto a ottobre.
“Credo proprio che qualcuno nel Pd ci stia pensando. Non arrivo a dire che questa sia l’opinione prevalente. Ma di sicuro la tentazione di declassare Monti a espediente per liberarsi di Berlusconi, di vincere le elezioni a mani basse presentando la coalizione elettorale della foto di Vasto, degradare il terzo polo a secondo forno e mettere in un angolo non solo il Pdl, ma tutto quello che il centrodestra ha rappresentato dal ’94 a oggi, è una tentazione forte tra loro”.
Anche perché i tempi per fare le riforme costituzionali quasi non ci sono più.
“Grazie all’accordo appena raggiunto abbiamo la possibilità di fare entro giugno la prima lettura delle riforme al Senato. Il che ci consentirebbe di varare la riforma costituzionale entro l’anno”.
E la legge elettorale, oltre a tagliare il numero dei parlamentari, a cosa servirebbe?
“La legge elettorale va cambiata perché quella che abbiamo adesso si basa su accordi di coalizione che non ci sono più. È un dato di fatto”.
Avete detto definitivamente addio alla Lega?
“No, affatto. Ma credo che sia più facile, sia per noi che per la Lega, costruire un nuovo rapporto tra soggetti sovrani e non più tra partiti costretti a fare una coalizione elettorale. Quanto sta accadendo alle amministrative lo conferma”.
Ma cancellare il meccanismo che assegna alla coalizione vincente la maggioranza dei seggi non equivale a uccidere il bipolarismo?
“La legge elettorale non deve produrre il bipolarismo obbligatorio, ma il bipolarismo possibile. Quello che si può fare è una legge basata sui partiti, non più sulle coalizioni, costruita in modo da favorire i partiti più grandi. Anche assegnando a chi arriva primo un premio di maggioranza limitato”.
Quanto limitato?
“Una legge con impianto proporzionale può avere sia un premio implicito, secondo il quale un partito più è grande e più viene premiato, come avveniva nella prima repubblica, sia un premio di maggioranza esplicito, che ad esempio assegna un 5% in più dei seggi a chi arriva primo”.
Non quanto basta a garantire la maggioranza in parlamento. A che servirebbe?
“A fare intendere agli elettori che chi vince forma il governo. Mutatis mutandis, è quello che avviene quasi sempre in Spagna, Inghilterra e Germania. Dove chi arriva primo qualche volta può fare un governo da solo, altre volte con una coalizione piccola, altre volte deve ricorrere alle larghe intese. Ma questo dipende dalle contingenze storiche e dal voto degli elettori, cioè da due fattori che non possiamo abrogare. L’importante è che chi vince non corra il rischio di non governare”.
Che accade se non fate le riforme e si va a votare con questa legge?
“L’alternativa è che la sinistra propone una coalizione elettorale basata sulla foto di Vasto: Pd, Idv e Sel. Alla quale noi siamo costretti a contrapporre un’alleanza con la Lega che, allo stato attuale, sarebbe una forzatura. E lo dico pur essendo molto interessato a preservare il rapporto con la Lega”.
Come finirebbe la sfida?
“Difficilmente riusciremmo a vincere. Rischieremmo di consegnare il controllo del Paese a una minoranza. Si costituirebbe automaticamente un secondo forno a disposizione del Pd: se il patto costituzionale non si fa ora, lo farebbero nella prossima legislatura la sinistra e il terzo Polo. Probabihnente con una conventio ad excludendum nei nostri confronti”.
Questo spiega perché voi dovete fare le riforme adesso. Ma il Pd perché dovrebbe volerle?
“Per la consapevolezza della situazione in cui si trova il Paese. Quella che stiamo vivendo non è una crisi passeggera, è una crisi della sovranità politica. Chiunque pensa di vincere con espedienti o di usare le vecchie categorie della politique politicienne, non importa se imperniate sul realismo di Carl Schmitt o su quello di Iosif Stalin, rischia di andare incontro a una vittoria di Pirro: anche se vince al prossimo giro, subito dopo viene spazzato via”.
Tratto da Libero quotidiano