
Il Pdl: “Alcune procure violano il diritto di difesa sancito dalla Costituzione”

06 Ottobre 2011
Fatti, date, città, procure. Un dossier circostanziato indirizzato al Guardasigilli. Mittenti: i vertici parlamentari del Pdl. E’ l’interrogazione presentata al Senato e alla Camera da Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto (capigruppo), Gaetano Quagliariello e Massimo Corsaro (vicecapigruppo) nella quale si denuncia la violazione del diritto di difesa sancito dalla Costituzione.
Non un atto contro la magistratura, hanno spiegato gli esponenti pidiellini nella conferenza stampa a Palazzo Madama, bensì “un’iniziativa che si rivolge agli atti di alcune procure che hanno commesso delle forzature e delle irregolarità. Un’iniziativa circoscritta ma molto precisa, perchè ci troviamo di fronte a interventi che noi riteniamo indebiti”. Quattro i casi giudiziari sui quali si chiede al Guardasigilli di avviare verifiche rigorose dei fatti e l’operato delle procure di Milano e Napoli: tre sui processi a carico del premier e uno su Alfonso Papa, parlamentare pidiellino da luglio detenuto nel carcere di Poggioreale.
Nell’elenco dei fatti si parte dalla revoca di una decina di testimoni della difesa di Berlusconi, in un primo tempo ammessi, nel processo Mills, Tribunale di Milano (19 settembre). Con la “chiara finalità – scrivono i firmatari dell’interrogazione – di addivenire in ogni caso al pronunciamento di una sentenza di primo grado di un processo comunque prossimo alla prescrizione e già viziato da un’opinabile e arbitrario slittamento in avanti di due anni dei termini della prescrizione”
Analogo comportamento – si denuncia nell’atto parlamentare – si è manifestato nel processo Mediaset dove i giudici del Tribunale di Milano (26 settembre) hanno tagliato testimoni chiesti dai legali del premier. E ancora nel caso Ruby, dove la tesi accusatoria “è per lo più sostenuta da atti di indagine compiuti in aperta violazione” della legge Boato sull’intercettazione di comunicazioni di esponenti del parlamento, dell’articolo 68 della Costituzione e di “una consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale”. Di fronte a “tali violazioni documentate in atti parlamentari di sindacato ispettivo e segnalate dalla difesa di Berlusconi, il Tribunale non ha ritenuto di motivare adeguatamente” quanto evidenziato dalla stessa difesa, ricordano al Guardasigilli i vertici parlamentari del Pdl che si soffermano su un altro punto: “Nonostante la chiara finalizzazione degli atti di indagine nei confronti del presidente del Consiglio, l’iscrizione di Berlusconi sul registro degli indagati per il caso Ruby si è verificato con inspiegabile ritardo, al punto da non poter escludere che tale procedura di garanzia sia stata ritardata al fine di consentire la praticabilità del rito immediato e agevolare la prosecuzione dell’attività intercettiva in violazione della legge”.
La vicenda Papa. Prima il no del gip di Napoli alla richiesta di arresti domiciliari presentata dai legali del parlamentare sottoposto a carcerazione preventiva malgrado “l’avvenuto rinvio a giudizio immediato con tanto di prima udienza già fissata”, poi nonostante le sollecitazioni del collegio difensivo, lo stesso gip non avrebbe acquisito la cartella clinica del detenuto che certifica “uno stato di salute difficilmente compatibile con il regime carcerario (già di per sé di dubbia rispondenza ai requisiti di legge sulla sussistenza delle esigenze cautelari)”.
Una situazione che associata al perdurare del regime di carcerazione preventiva “ha indotto i legali di Papa a rimettere il proprio mandato, motivando tra l’altro questa decisione con l’impossibilità di esercitare correttamente il diritto di difesa, considerata l’ingente quantità di atti di inchiesta prodotti dalla procura di Napoli e delle difficoltà di esaminarli insieme all’accusato che sta in carcere”.
Ancora su Napoli ma il caso, stavolta è quello Lavitola-Tarantini accusati di estorsione nei confronti del premier. Nell’atto parlamentare si fa riferimento alla linea tenuta dalla procura, poi dichiarata priva della competenza territoriale dal gip e dal Tribunale del riesame. In particolare la stessa procura – si legge nell’interrogazione – “secondo notizie di stampa, avrebbe disposto una perizia sulla memoria del telefono cellulare di Tarantini per conoscere i contenuti dei messaggi tra l’indagato e il suo avvocato. Comunicazioni tutelate dal codice di procedura penale (articolo 103) e dalla stessa Costituzione (articolo 24 sul diritto di difesa)”. Gli altri casi citati vanno dall’iniziativa dei pm di Napoli che avrebbero assunto informazioni nei confronti dei difensori di un indagato, alle ordinanze restrittive della libertà personale “a dispetto della chiara incompetenza territoriale”, tra le quali quella a carico della moglie di Tarantini “madre di due bambine una delle quali di due anni, nonostante il codice di procedura penale (articolo 275) vieti tale misura, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, nei confronti di madri con figli che hanno meno di tre anni di età. Solo in un secondo momento la misura cautelare è stata trasformata in arresti domiciliari”.
Nell’interrogazione vengono inoltre riportate le dichiarazioni del procuratore Lepore in un’intervista dove afferma che ‘ il sistema delle intercettazioni è l’unico mezzo di prova rimasto. Scavando, scavando, si arriva a fatti di reato che certo non possiamo far finta di non sentire”. Affermazioni che, secondo gli esponenti del Pdl, significano ammettere “l’uso delle cosiddette intercettazioni a strascico, ovvero delle intercettazioni come mezzo di ricerca del reato e non come mezzo di ricerca della prova, come previsto dal codice di procedura penale”.
L’azione del Pdl non si limiterà alla richiesta rivolta al Guardasigilli, al quale viene chiesto se non ritenga necessario intraprendere “ogni iniziativa di sua competenza” per ripristinare i diritti della difesa. Lo spiega Quagliariello: “La prima cosa che mi viene in mente, è la possibilità di adottare un’attività ispettiva verso quelle procure che hanno commesso le forzature da noi denunciate. Questa è solo la prima di una serie di altre interrogazioni che presenteremo e che farà da apripista” e tuttavia non è all’ordine del giorno l’idea di una commissione di inchiesta sull’operato dei magistrati. Dal ministero, precisa Gasparri, il Pdl “si aspetta una verifica rigorosa dei fatti, lasciando ovviamente all’autonomia del ministro le eventuali iniziative. Noi vogliamo avviare una campagna di verità che intendiamo portare e compimento”. E in questa direzione va l’appello rivolto al presidente della Repubblica affinchè “ascolti queste nostre valutazioni” e, al tempo stesso, un richiamo al Csm affinchè svolga fino in fondo le sue funzioni di controllo. Perché, denuncia Cicchitto “in Italia esiste una crisi dello stato di diritto, che si fonda sulla terzietà del giudice, che introduce fattori di destabilizzazione gravi nella dialettica della politica, nelle istituzioni, nella gestione della magistratura”. Per il presidente dei deputati Pdl “c’è un settore della magistratura che fa politica e si collega a certi settori politici del Pd e dell’Idv e questo cambia le regole e il gioco, ma soprattutto complica la dialettica politica nel nostro paese”.
Non si tratta di una difesa d’ufficio del premier, non è questo. C’è altro e c’è di più. Lo rileva Quagliariello quando intervenendo al convegno sui 150 della Magistratura insiste su quello che, al netto delle strumentalizzazioni, resta il punto centrale: “Assistiamo con forte preoccupazione allo sfaldamento esplicito delle garanzie che la legge pone a presidio di quel principio inviolabile che è il diritto di difesa. Se si accetta tutto questo con la scusa che direttamente o indirettamente c’è di mezzo Silvio Berlusconi, non si legittima soltanto l’uso di armi non convenzionali per liquidare in un dato momento storico una stagione politica: ci si assume la grave responsabilità di spogliare dei suoi diritti ogni cittadino, per oggi e soprattutto per l’avvenire”. E’ su questo che il Pdl vuole portare avanti una battaglia di libertà. E di civiltà.