Il Pdl alza il tiro sulla riforma del lavoro e si divide sull’arresto di Lusi
19 Giugno 2012
C’è la disponibilità a licenziare la riforma del lavoro prima del Consiglio europeo, come chiesto da Monti ma non a scatola chiusa. Il Pdl vuole dal governo impegni ‘legislativi e politici’ sulle modifiche che intende sostenere in Parlamento. Una su tutte: maggiore flessibilità in entrata. Ma c’è un’altra questione sulla quale il partito si interroga e fino a ieri era diviso: il voto sull’arresto di Lusi, l’ex tesoriere della Margherita.
La riunione serale tra il ministro Fornero e i capigruppo della ‘strana’ maggioranza (copyright Monti) non è stato risolutivo ma ha comunque segnato un passo in avanti da entrambe le parti. Se Pdl, Pd e Udc hanno detto sì alla richiesta del governo di chiudere sulla riforma del lavoro entro il Consiglio europeo (28 giugno) è sulle ‘condizioni’ per arrivare a quel sì che si lavora. La prima condizione – quella determinante – è che il governo dia risposte chiare e precise da un lato al Pd che vuole maggiori garanzie sugli esodati (oggi Fornero ai 65mila già stimati ne ha aggiunti altri 55mila) e dall’altro al Pdl, deciso a puntare sulla flessibilità in entrata rispetto alla quale ci sono “limiti inaccettabili” avverte Cicchitto. Più soft la posizione di centristi e futuristi.
E’ proprio il presidente dei deputati pidiellini a mettere in chiaro che il gruppo è disponibile ad accogliere la richiesta del governo di accelerare l’iter parlamentare per evitare il rischio di una figuraccia planetaria al Consiglio europeo (con conseguente screditamente dell’Italia rispetto a una riforma indicata dall’Europa già un anno fa) ma non o farà a scatola chiusa e il punto di caduta sta nell’assunzione da parte dell’esecutivo di “impegni politici e legislativi” sulle modifiche da apportare al testo. Che il ddl Fornero non entusiasmi i pidiellini non è una novità e del resto i malumori parlamentari li sintetizza il Giuliano Cazzola: disco verde alla riforma entro il 28 giugno ma senza troppa convinzione. In molti nel partito sottoscrivono la definizione tranchant del ‘mite’ Squinzi, numero uno di Confindustria che bolla il provvedimento come “una boiata”.
Tra i più riottosi al voto favorevole, soprattutto se il governo dovesse ricorrere alla fiducia, ci sono l’ex ministro Brunetta e il deputato Crosetto. Ma prima di questa ipotesi, ci sono le ‘condizioni’ che Cicchitto lega alla possibilità che Monti voli a Bruxelles con la riforma approvata in tasca. Oggi Palazzo Chigi dovrà dire la sua. Giornata campale, con al centro un’altra questione delicata: il voto al Senato sull’arresto di Lusi. Dopo l’ok della Giunta per le autorizzazioni a procedere, sarà l’Aula a dover dire l’ultima parola sul destino dell’ex tesoriere della Margherita, accusato di appropriazione indebita dei fondi che appartenevano al suo ex partito.
La linea dei vertici del gruppo del Pdl al Senato e confermata da Alfano resta per la libertà di coscienza e un’indicazione a favore del voto palese e in questo senso è stato chiesto ai senatori che già lo avevano fatto, di ritirare la firma dal documento con cui si chiedeva il voto a scrutinio segreto. Ma nella riunione-fiume del gruppo alcuni senatori hanno manifestato disappunto per l’orientamento sul voto palese. Malumori e perplessità che hanno fatto slittare l’esito della riunione ad oggi, a ridosso del voto in Aula. Tra i più critici Matteoli, Nania e Nitto Palma convinti che vi sia contraddizione tra il voto palese e la libertà di coscienza.
C’è poi chi ha pensato bene di infarcire la questione con una buona dose di strumentalizzazione puntando il dito ma da dietro lo ‘scudo’ dell’anonimato, contro il vicepresidente dei senatori Quagliariello favorevole a voto palese e libertà di coscienza. Le critiche tirano in ballo il diverso atteggiamento ad esempio nei confronti del voto su De Gregorio, ma Quagliariello stoppa ogni tentativo di speculazione politica: “Leggo di presunte ‘tensioni’ nei miei confronti da parte di alcuni senatori i quali, a fronte della posizione espressa dal gruppo del PdL a favore del voto palese sul caso Lusi, mi contesterebbero di aver sostenuto l’esatto opposto quando in aula mi espressi per il voto segreto su de Gregorio. Poichè oltre al voto segreto sembrano andare di moda anche le dichiarazioni anonime, non so a chi devo rispondere. Ma ci tengo a farlo lo stesso”.
E lo fa senza mezzi termini: “Se oltre a distribuire lo stenografico del mio intervento del 6 giugno scorso i solerti colleghi si fossero presi il disturbo di leggerlo, si sarebbero accorti che la mia richiesta di voto segreto su De Gregorio era motivata dal fatto che in quel caso vi era stata una precisa indicazione di voto da parte del gruppo, rispetto alla quale era giusto garantire ai senatori la possibilità di esprimersi liberamente mediante una votazione non palese. Poichè su Lusi il gruppo del Pdl non ha dato alcuna indicazione, ma ha lasciato ai senatori totale libertà di coscienza, è evidente che il problema non sussiste, che non vi è alcuna obbligazione dalla quale l’autonomia dei singoli debba essere tutelata, e che dunque il parallelismo è fuorviante”.
Da garantista convinto Quagliariello tiene il punto: “ Per molti nel Pdl il garantismo è un principio non negoziabile, e io sono fra questi. Ma vi sono momenti nei quali chi ci crede deve affermarlo a viso aperto, per evitare che la difesa di un principio venga travolta da chi quello stesso principio ha interesse a sputtanarlo. Sarebbe un film già visto nella storia d’Italia”.
Oggi a dire l’ultima parola saranno i numeri sul tabellone elettronico di Palazzo Madama.