“Il Pdl deve rilanciare una proposta forte puntando su tasse e servizi pubblici”
24 Gennaio 2012
In Lombardia sarebbe “folle” non rispettare il patto con gli elettori. Monito a Bossi. Il Pdl deve rilanciare una piattaforma programmatica riscoprendo lo spirito del ’94. Monito al partito da chi come Mario Valducci presidente della Commissione trasporti della Camera, nel ’94 ha fatto nascere Forza Italia e di quell’esperienza conserva l’attualità della mission, un po’ appannata negli ultimi anni ed oggi nel tempo del governo dei professori.
Onorevole Valducci, Bossi è pronto a staccare la spina a Formigoni se Berlusconi non la staccherà a Monti. Lei è lombardo, cosa risponde?
In Lombardia sarebbe una follia non rispettare il mandato degli elettori che ci hanno votato nel 2010 per governare insieme fino al 2015.
Bossi però ha parlato chiaro.
La vedo più come una negoziazione, resta il fatto che i patti con gli elettori vanno rispettati.
Secondo lei cosa c’è dietro?
Il fatto che la Lega vuole correre da sola alle amministrative. Non è una novità perché per le competizioni locali ha la tendenza ad andare in autonomia al primo turno.
Sì ma il Pdl che intende fare?
C’è la necessità ancora più forte di adottare il meccanismo delle primarie per scegliere i candidati sindaco della nostra area politica.
Cioè non solo Pdl?
A livello comunale ci sono molte liste che si presentano alle amministrative e quindi mi auguro che si possano fare primarie della nostra area. Del resto, abbiamo predisposto un regolamento molto aperto in base al quale è possibile accedere alle primarie per la selezione del candidato sindaco da parte di chiunque sottoscriva la Carta dei valori del Pdl, in sostanza aderendo ai principi valoriali e identitari che noi riteniamo necessari. E naturalmente, deve essere in grado di raccogliere la metà delle firme necessarie.
Al di là del test amministrative e guardando in prospettiva 2013, è definitivamente archiviata l’alleanza con la Lega?
In questa fase ci troviamo di fronte a un passaggio in cui questa alleanza non c’è perché noi, responsabilmente, abbiamo deciso di sostenere questo governo “strano” come lo ha definito lo stesso Monti e la Lega si è collocata all’opposizione anche in maniera molto forte ed è l’unica forza politica che in parlamento si è messa in queste condizioni. Al quadro nazionale fa da contraltare il territorio dove Pdl e Lega governano in 4 regioni, 25 province e un numero importantissimo di città. Da un lato viviamo una fase in cui a livello nazionale le nostre strade sono separate, dall’altra resta un percorso che dura da oltre dieci anni.
Come si risolve questa contraddizione che può essere penalizzante sul piano elettorale?
Il problema non riguarda solo noi e la Lega, ma lo scenario politico nazionale nel prossimo anno e mezzo. Stiamo vivendo gli ultimi 14 mesi di legislatura e nel 2013 gli schieramenti si presenteranno alle elezioni con candidati premier diversi dal passato. Su questo non ho dubbi, come sul fatto che potrà nascere qualcosa anche da questo governo.
Lei pensa a Monti e alcuni ministri che da tecnici diventeranno politici?
Dico che da questo esecutivo potrebbe nascere un movimento politico. Francamente dire chi ora lo guiderà è difficile, ma non è difficile pensare che non ci sia. Avuto venti anni di storia politica nella quale spesso gli schieramenti si sono coalizzati attorno o contro Berlusconi, è chiaro che se viene meno il pilastro di questo lungo periodo, ci saranno nuovi scenari. Ecco perché serve fin d’ora ricalibrare una proposta politica credibile ed efficace.
Come?
La nostra identità deve essere quella originaria che ci ha guidato fino al 2006. E’ questa la stella polare e su questa direzione dobbiamo unirci con coloro che condividono la nostra piattaforma di valori e programmi che dovranno essere aggiornati certo, ma sempre nel recinto del nostro dna. Potrei sintetizzarlo con una frase: modernizzare l’Italia mantenendo i valori della nostra tradizione.
Lei è stato tra i fondatori di Forza Italia e ha vissuto le evoluzioni di questi venti anni, fino al Pdl. E’ stato definito un ‘movimentista’ e non ha risparmiato critiche a una certa gestione dirigista o quanto meno ingessata del partito. Qual è l’analisi che oggi fa della politica ai tempi del governo Monti?
Confusa. Dobbiamo superare questo momento di disorientamento. Alfano è sicuramente una guida che potrà tracciare la rotta vincente ma è necessario un rilancio della nostra linea programmatica e a mio avviso dobbiamo avare il coraggio anche di mettere in prima linea dirigenti politici validi che abbiamo e che oggi stanno in terza linea.
Vuole azzerare la classe dirigente?
Non ho detto questo e non lo penso. Trovo però difficile recuperare e consolidare il consenso se ripresentiamo la stessa squadra che ha governato in questi tre anni e mezzo e la stessa prima linea. Se fosse così anche con un rilancio della piattaforma programmatica correremmo il rischio che la gente non ci creda fino in fondo.
Dica la verità: cosa serve e cosa manca al Pdl?
Penso serva un po’ di coraggio. Tutti dovremmo avere come obiettivo finale quello di essere ancora una forza politica competitiva in grado di governare l’Italia e per far questo occorre rilanciare il programma in termini concreti.
Faccia qualche esempio.
Se diciamo aboliamo le province dobbiamo dire cosa comporta questa operazione, come attuarla, quanto si risparmia e dove vanno a finire competenze e funzioni. I cittadini hanno bisogno di conoscere nel dettaglio una proposta.
Ma il nodo attorno al quale ruoterà la prossima campagna elettorale sarà quello economico, ovvero le cose da fare per uscire dalla crisi. Cosa propone?
Quando parlo di rilancio della piattaforma economica sempre in linea con i nostri valori, dico che dobbiamo spiegare alla gente cosa intendiamo fare ad esempio sul tema dell’evasione fiscale. Necessario e doveroso combatterla e il governo Berlusconi lo ha fatto più e meglio di altri, tuttavia dobbiamo anche saper dire che quando si supera una certa asticella, il recupero fiscale deve essere impiegato da parte dello Stato per abbattere la pressione fiscale. Altrimenti non rispettiamo quella che in questi venti anni è stata la nostra bandiera. Non è più pensabile che ciò che si ricava dalla lotta all’evasione fiscale vada a finire nella spesa corrente perché deve andare ad abbattere le tasse; così come al centro della nostra proposta politica ci deve essere un forte contributo alla digitalizzazione del paese che ancora non c’è.
In questa fase con chi deve dialogare il Pdl, con Bersani o con Casini?
Il Pdl deve parlare ai e con i cittadini. Con Bersani e Casini deve confrontarsi su alcune riforme ormai improcrastinabili, ad esempio la riduzione del numero dei parlamentari, l’eliminazione del bicameralismo perfetto e l’abolizione delle province. Temi dei quali discutiamo ormai da oltre trent’anni.
Le liberalizzazioni di Monti la convincono?
Ho in mente una cosa che risale al ’94, il fatto cioè che siamo nati come un partito liberale di massa rispetto a questa definizione è ovvio che dobbiamo stare molto attenti a criticare le liberalizzazioni. Tuttavia il punto è che mercati più competitivi devono essere a vantaggio dei cittadini-utenti; quindi se le liberalizzazioni vanno in quella direzione non possiamo che sostenerle e cercare di essere più avanti degli altri. Ad esempio, sul piano dei servizi pubblici locali dobbiamo spingere per favorire l’incentivazione e la concretazione delle aziende di trasporto pubblico che oggi sono ancora contenitori più che di efficienza e di servizio, strumenti di clientelismo politico.
Cosa resta dell’esperienza politica del ’94?
Dovremmo tutti tenerla presente per un nuovo inizio.