Il Pdl non cede su Rai e giustizia che ora piacciono tanto a B&C
14 Marzo 2012
Bersani riscopre la priorità-giustizia dopochè per tre anni ha urlato il contrario e su questo ha impostato la battaglia anti-Cav. Casini sale in cattedra e raccomanda ai soci di maggioranza (in realtà al Pdl) di non “fare bambinate”. Alfano tiene il punto: nell’agenda del governo ci devono stare anzitutto crescita e accesso al credito per famiglie e imprese. E Monti? Tenta la mediazione: spinge sulla giustizia ma almeno per ora sembra tenersi alla larga dal dossier su Viale Mazzini. In realtà, la partita che interessa al Pd e sulla quale si intrecciano i veti incrociati della politica alla vigilia del vertice a Palazzo Chigi.
L’agenda di Monti è in preparazione. La chiave per portare Abc al tavolo di Palazzo Chigi e fare sintesi è: ‘mediare’. Se martedì il premier aveva annunciato il vertice fissato per domani facendo sapere che si parlerà anche delle prossime scadenze relative ai provvedimenti del governo, compresa la questione nomine Rai, ieri si è mostrato più prudente bypassando completamente l’argomento e concentrandosi invece sul tema della giustizia che lega all’azione di rilancio economico che il suo governo sta portando avanti. Dentro al titolo ‘giustizia’ ci mette, infatti, due nodi da sciogliere: lo scarso appeal dell’Italia per gli investitori esteri a causa delle lungaggini nei contenziosi giudiziari e la corruzione. Anche per questo non considera la giustizia estranea ai compiti ai quali i ‘tecnici’ sono chiamati, tant’è che ritiene ‘doveroso che questo governo se ne occupi”.
Ma ciò che ieri nei commenti in Transatlantico alcuni deputati pidiellini facevano notare è il silenzio di giornata del premier sulla Rai. Il Pd fa pressing, sia sulla questione nomine che sul capitolo più complesso della riforma della governance ma è costretto a fare i conti con le dichiarazioni eloquenti del ministro Passera per il quale il nuovo Cda di Viale Mazzini (in scadenza a marzo) si farà con le regole della legge Gasparri. Il che – nelle file pidielline – viene letto come uno stop alla pratica o quanto meno una frenata. E che l’ipotesi non vada giù ai democrat lo si capisce quando da Largo del Nazareno si fa sapere che se così sarà il partito non parteciperà alla nomine e non darà indicazioni sui membri in quota, nel nuovo consiglio di amministrazione.
Tema caldissimo. Che per Alfano non può e non deve essere prioritario nell’agenda delle cose da fare per portare il paese fuori dalla crisi. E non è un caso che derubrichi la voce tra le ‘varie ed eventuali’ del confronto di domani con Monti e i leader di Pd e Udc, mettendo invece in cima alla lista la riforma del lavoro, tema sul quale i democrat restano in forte fibrillazione anche per la linea oltranzista dei sindacati – Cgil in testa – ai quali il ministro Fornero ha risposto picche: senza un sì alla riforma niente paccata di miliardi sugli ammortizzatori sociali. Una bella grana per Bersani che alla titolare del Welfare ribatte stizzito: “Paccata di miliardi? Nessuno li ha visti…”. Tutto ciò nel giorno in cui da Palermo la commissione dei garanti certifica la regolarità delle primarie del centrosinistra e la vittoria dell’outsider Ferrandelli candidato sindaco.
Alfano cavalca politicamente il dossier sulla riforma del lavoro, sia perché stava nel programma (incompiuto) del Pdl e ora nell’azione dell’esecutivo Monti, sia perché è uno dei primi punti che l’Europa chiede all’Italia e che lo stesso premier ha fatto proprio. A questo aggancia l’altro tema sul quale da Orvieto ha lanciato la sfida: l’accesso al credito per famiglie e imprese, alias banche. Questione che proprio oggi il segretario del Pdl affronterà nel faccia a faccia con il numero uno dell’Abi, Mussari.
Lavoro e banche, dunque. Due questioni sulle quali il Pdl calibra la strategia: sul piano istituzionale per renderli centrali nel confronto col governo e condizionarne l’azione; sul versante politico per intestarsi una battaglia e consolidare il consenso, alla vigilia delle amministrative. Il responso, tra ventiquattrore.