Il Pdl non trova l’accordo sulla legge ma l’unico a perderci è Veltroni
31 Ottobre 2008
Indietro tutta. Il ddl di riforma della legge elettorale per le elezioni europee ritorna in Commissione e con grande probabilità tramonta ogni ipotesi di cambiamento del sistema elettorale. Una decisione giunta ieri pomeriggio al termine di un pranzo di lavoro tra il premier Berlusconi ed il presidente della Camera Fini che aveva all’ordine del giorno proprio la riforma.
Ed è stato il Cavaliere a dare l’annuncio del ritorno in Commissione del ddl spiegando, appena uscito dall’incontro, che “il testo torna in commissione e verificheremo se è possibile una intesa. Altrimenti andremo a votare con questa legge che a noi va benissimo”. Una decisione in linea con quanto auspicato dal presidente Napolitano qualche giorno fa che di fronte alla prospettiva di una riforma approvata dalla sola maggioranza aveva ammonito a trovare un’ampia convergenza.
Ma a pesare più di tutto sulla decisione di far tornare il testo in Commissione è stato certamente il clima di tensione all’interno del Pdl ed in particolare sul versante di An. Infatti da giorni proprio da via della Scrofa era partita l’offensiva per affondare il provvedimento uscito dalla Commissione soprattutto per la parte riguardante le preferenze, che il progetto di riforma aveva abolito. Questa iniziativa era stata portata avanti dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e aveva trovato l’appoggio anche del gruppo degli “scontenti” di Selinunte e di alcuni deputati dell’Mpa. Sulla carta quasi una cinquantina di deputati che quindi al momento del voto, che si preannunciava segreto, sulle preferenze avrebbero potuto mettere alle corde la maggioranza. Ma il rischio era troppo grande e il Cavaliere e lo stesso Fini hanno preferito optare per il ritorno in Commissione, sperando poi di trovare un’intesa con l’opposizione.
In realtà, al di là dei toni distesi, l’incontro tra Fini e Berlusconi ha registrato più di una qualche freddezza legata al fatto che proprio il premier aveva puntato tanto su questa riforma per consolidare lo schema politico uscito dalle ultime elezioni. Ed invece si è trovato la strada sbarrata da An al punto che lo stesso Fini è stato costretto ad ammettere la sua impossibilità a garantire il sostegno politico dei suoi al provvedimento. Ma sono in molti a giurare che in realtà il presidente di An si sia speso poco per far ritornare il sereno nel suo partito e che anzi in qualche modo abbia benedetto l’iniziativa frondista di via della Scrofa. Il tutto per mantenere aperto il dialogo con l’opposizione ed in particolare con il Pd in vista di futuri scenari tra cui anche quello del Quirinale al quale da qualche mese a questa parte Fini sembra guardare con una certa attenzione.
Tutto questo ha infastidito non poco il Cavaliere il quale ne ha anche per Veltroni, reo secondo il premier, di aver cambiato posizione sulla riforma. Infatti l’ex sindaco di Roma avrebbe dato il suo assenso ad un progetto che prevedeva una soglia di sbarramento intorno al 5 per cento e la lista bloccata ma poi, spinto soprattutto dalle correnti interne al Pd, sarebbe stato costretto a rimangiare la parola data. Un atteggiamento che a sua volta ha convinto ancora di più Berlusconi dell’inaffidabilità del suo interlocutore e dell’impossibilità di stabilire con lui un percorso politico di scelte condivise. Poco male, comunque, visto che, come ha ripetuto il Cavaliere ai suoi, la retromarcia di Veltroni rischia di penalizzare proprio lui a causa dell’estrema frammentazione nell’opposizione, visto che la sinistra radicale senza soglie di sbarramento avrà vita facile a sottrarre consensi al Pd. Ed un Pd sotto il 30 per cento metterà a dura prova la leadership dell’ex sindaco di Roma.
Da via del Nazareno però si ostenta soddisfazione per la scelta di riportare il testo in Commissione, con Massimo D’Alema che dice di “apprezzare le parole di Berlusconi” e chiedendo che queste buone intenzioni si traducano in atti concreti. Ma proprio questo sembra al momento difficile e cioè quello di trovare un’intesa tra i due schieramenti al punto che Dario Franceschini, vice di Veltroni, ammette di “vederla dura”. Difficoltà a parte gli sherpa dei due schieramenti comunque sono già al lavoro per trovare una soluzione che potrebbe essere sbarramento al 4 per cento ma con le preferenze. Ipotesi che però non sembrano trovare nel Pdl e soprattutto a Palazzo Chigi grande consenso dove invece già si ragiona con la mente alla campagna elettorale e soprattutto all’appuntamento del congresso unico di primavera che in pratica aprirà la corsa alle elezioni europee. In fin dei conti come ripete Berlusconi il voto con l’attuale legge di riforma penalizzerà Veltroni, quindi se proprio si deve trovare una via d’uscita toccherà a loro trovarla.