Il PDL può ripartire dal buon lavoro del Governo e dai congressi del partito
27 Settembre 2011
Per quanto possa apparire ovvio ripeterlo, ci troviamo immersi in una crisi economica internazionale di carattere epocale che ovviamente si riflette anche sull’Italia. Eppure il nostro paese è riuscito a non subire devastanti dissesti finanziari e scontri sociali. Anzi, pur se con alcune difficoltà iniziali, ha prodotto una manovra finanziaria rigorosa che consentirà di bloccare la speculazione e poi di rilanciare l’economia nazionale a partire dalle maggiori aree di crisi come il Mezzogiorno. Merito del governo Berlusconi. Ma anche merito di un PDL scopertosi partito con idee a confronto e capacità di sintesi finale (trasformate in decisioni assunte).
Ciò nonostante, però, anche al nostro interno serpeggia a volte un clima di disincanto, probabilmente dovuto anche ad una accettazione acritica dello stillicidio di pessimismo che trasudano quei mezzi di informazione che, spesso, diventano solo mezzi di propaganda antigovernativa, antiberlusconiana, persino anti-Italiana. In tal modo anche tra elettori e dirigenti di centrodestra si rischia di cadere preda della sindrome della “profezia che si autoadempie” : ci si convince che tutto va male, così tanto che infine tutto andrà davvero male. E invece, proprio a partire dalla manovra si possono rivendicare grandi meriti per il Governo e per il Popolo della Libertà. Si pensi ad esempio all’inserimento nella Costituzione dell’obbligo di pareggio del bilancio (un obiettivo perseguito e raggiunto solo da Quintino Sella alla fine del 1800). Tra i primi paesi fra le democrazie occidentali a muoversi in questa direzione, abbiamo sancito una norma chiara, semplice, vincolante: lo Stato non potrà spendere più di quanto incassa. Una garanzia per bloccare il disastroso debito pubblico, una garanzia per le future generazioni che non si troveranno più a farsi carico dei debiti di chi li ha preceduti!
Semplicemente una scelta storica, quindi, i cui effetti benefici si vedranno presto. Un atto però che ha rischiato di annacquarsi nel mare del gossip e delle strumentali polemiche politico-giudiziarie delle ultime settimane. E invece si tratta di uno degli elementi principali dai quali ripartire per rilanciare sia l’azione del governo Berlusconi sia il ruolo del PDL. Dobbiamo guadagnare la consapevolezza e la capacità di saper trasmettere a noi stessi, ai nostri elettori e più in generale all’opinione pubblica, come l’azione di governo e del PDL sia stata ancora una volta quella più efficace per il bene dell’Italia, per la difesa di un paese ancorato ai fondamenti di libertà e di stato di diritto necessari al perseguimento del benessere generale. Difendere tutto ciò è la sfida prioritaria di cui si deve far carico una classe dirigente che voglia dirsi tale e che può avere l’occasione di consolidarsi a partire dalla imminente stagione congressuale. Per il PDL insomma siamo di fronte ad un momento cruciale.
Anziché lasciarsi influenzare dalle “profezie che si autoadempiono” si può ancora una volta ripartire a testa alta; e potremo farlo – a cominciare dal tesseramento e dai congressi – dando vita a quel partito strutturato, presente fra la gente, che sia inclusivo, aperto e che al tempo stesso, però, sia fondato sulle regole condivise in base alle quali, per dirla con il segretario Angelino Alfano, possano emergere meriti e responsabilità, si possano attribuire premi e sanzioni. Un partito, e di conseguenza uno schieramento politico, nel quale il carisma e la leadership del Presidente Berlusconi restano innegabili e di cui è ingiusto ed illusorio pensare di fare a meno. Con i congressi abbiamo tutti l’opportunità di creare un partito che, proprio a partire dalla eccezionale attività del Berlusconi uomo politico e guida di governo, cominci a camminare sulle proprie gambe e con la propria classe dirigente. Non basta più, come è spesso accaduto sin qui, vivere o peggio ancora abusare (a livello nazionale come a livello locale) del riflesso derivante solo dai voti e della fiducia che gli italiani hanno ininterrottamente e in grande misura concesso direttamente a Silvio Berlusconi. Credo sia finalmente giunto il momento di saper trasferire nel PDL la storia straordinaria cominciata nel 1994.
Così da passare, come ha efficacemente sintetizzato il Sen. Gaetano Quagliariello in uno dei suoi scritti, dal berlusconismo di gestione al berlusconismo politico. L’adozione di regole dello stare assieme liberali e perciò vincolanti per gli iscritti, l’avvio di primarie serie (regolamentate con norme chiare), e infine i congressi, saranno ottimi propulsori per fare del Popolo della Libertà non solo un partito sempre più democratico e sostenuto ‘dal basso’, ma per trasformare l’esperienza contingente del centrodestra italiano a guida PDL, in un progetto politico ancora più solido e duraturo che preservi la libertà e quel sistema politico (nato con noi), fondato sui criteri del bipolarismo e del maggioritario, e perciò idoneo a transitare dalla democrazia dei partiti alla democrazia degli elettori.