Il PdL sarà un partito con più internet e meno tessere
15 Ottobre 2008
Quattordicimilioni di elettori. Questo è il dato, il numero, il segnale che afferma la nascita del Popolo della Libertà. Sono i cittadini che il 13 e il 14 aprile del 2008 hanno votato per Berlusconi e il suo progetto. Il comitato costituente, i due reggenti, i mal di pancia di qualcuno: tutto secondario. Per Daniele Capezzone, ex radicale, ex pupillo di Pannella, ex parlamentare ed ora portavoce di Forza Italia, il Popolo della Libertà è già nato, è in salute e sta crescendo.
Capezzone altro che lavori in corso, qui si è gia nel Pdl?
Certo. Per volontà di 14 milioni di italiani che hanno detto sì alla proposta di Berlusconi. Ai dirigenti dico: “Non fate danni”.
C’è questo rischio?
Non credo e non penso. Sarebbe delittuoso sprecare questa occasione storica che ci si è presentata davanti. Guardiamo i numeri, il 70% degli elettori ha votato per i due partiti maggiori, l’84% per le due colazioni.
Tutto sta filando liscio?
Quasi tutto. Sapete cosa mi preoccupa? Vedere il Pd in grave difficoltà. Il Pdl è avanti. Per me, che sono un bipartitista convinto, è un rammarico. Il Pd ha detto cose giuste ma ha fatto cose sbagliate. A cominciare dall’alleanza con Di Pietro che rischia di togliere consenso. All’orizzonte ci sono le europee e si rischia che il Pd non vada oltre il 30% e Di Pietro superi il 10%.
E da portavoce di Forza Italia non può che rallegrarsi di questo…
In realtà no, una opposizione del genere rischia di rimanere tale per decenni. Per il bipartitismo ci vogliono due partiti.
Perché il Pdl è avanti?
Ha centrato i tre obiettivi per la realizzazione di un compiuto bipartitismo all’americana. Leadership forte, compattezza programmatica e un grande pluralismo culturale espresso da fondazioni, centri studio, associazioni, riviste. Luoghi dove si produce software politico. Chi entra in questa realtà non deve chiedere in affitto una stanza. Deve tenere le porte aperte e far circolare idee. Alzi la mano chi conosce tre idee del Pd. Hanno fondazioni ma non contribuiscono a dare un profilo al partito. Dovrebbero, e in questo sono carenti, creare qualche difficoltà al Governo. Sarebbero delle benvenute difficoltà. Ma questo non accade.
Qualche giorno prima della rivoluzione del predellino lei era in tutt’altra situazione, sia politica sia personale, si sarebbe mai aspettato di assistere a questo scenario?
Quelli erano giorni nei quali i giornali parlavano ed ironizzavano della mancata spallata. Gli osservatori politici scommettevano sulla durata del Governo Prodi e della sua legislatura, io invece mi dimettevo dalla presidenza di una commissione, cosa inusuale in Italia. Nel mio piccolo,la sera del 18,come tanti milioni di italiani ritenni credibile quel progetto. Berlusconi è sintonizzato sulle lunghezze d’onda della massa. Gli analisti politici guardavano le lunghezze d’onda del palazzo.
Ma ci sarà qualcun altro sintonizzato come Berlusconi sugli umori della piazza?
In Italia non ce ne sono. Vedo la maggior parte dei politici più impegnati a stare nei pastoni politici dei tg serali e preoccupati di partecipare alle trasmissioni di approfondimento, ma questo ha poco a che fare con il sentire di 40 milioni di elettori.
Qualcuno faticherà pure a stare dentro la nuova creatura o è tutto rose e fiori?
Fatiche, disagi ed incertezze ci saranno pure. Ma, e questo è un dato eloquente, non c’è una persona o una organizzazione, e se c’è io non me ne sono accorto, che abbia detto o chiesto di tornare indietro. Si è creato una positiva e voluta irreversibilità del processo. E ripeto: irreversibilità voluta, perché il processo non è stato subito. Questo la dice lunga sulla positività del processo.
Stefania Craxi in una intervista rilasciata a “Libero” ha detto che il Pdl non è un partito
Se abbiamo come riferimento l’esperienza storica dei partiti italiani sono d’accordo ed è una buona notizia. Io credo che il Pdl possa essere un partito all’anglosassone, che punti sulle nuove tecnologie. Sa come lo vedo io il Pdl? Come un partito dove ci sia più internet e meno tessere.
Finito il partito delle tessere?
I tesserati, gli iscritti al partito, quando erano tanti, rappresentavano il 4, il 5% dell’elettorato. Per questo guardo con estremo interesse al modello anglosassone. Io vorrei un partito che si espande nel momento elettorale, per poi comprimersi quando nei momenti più tranquilli.
Comprime, brutto termine, sembra un sinonimo di chiusura.
Non sarà mai un partito chiuso e non ci sarà bisogno della burocrazia del partito comunista degli anni ‘50. Deve esserci partecipazione ma questa non deve necessariamente passare per la sezione di partito, per questo via all’utilizzo di internet, sms e possibilità di partecipare in modi nuovi. I cittadini devono frequentare il partito non dovendo necessariamente recarsi in sezione. Verdini e Berlusconi questo l’hanno capito e stanno puntando in questa direzione.
Viene in mente un partito liquido, di facile fruizione, che si insinua dove prima i partiti non arrivavano.
Se vogliamo, un partito moderno come quello che sta nascendo, da questo punto di vista può anche definirsi “liquido”, mentre, e ci tengo fortemente a sottolinearlo, deve essere solidissimo per quel che riguarda il dibattito culturale. “Il Velino” (di cui Capezzone è direttore editoriale ndr) come l’Occidentale e la Fondazione Magna Carta, rappresentano realtà che fanno vivere suggestioni, creano dibattiti, forniscono idee, producono software politico. Riviste, giornali, fondazioni sono fondamentali per tenere in vita il dibattito culturale. Sia il partito Repubblicano americano, sia quello Democratico, hanno queste basi. Dietro di loro ci sono molte realtà che elaborano idee.
Su questo il Pd a che punto è?
Dietro di noi. Ci sono fondazioni, ma poi il contributo in contenuto è zero. Ci sono tre proposte concrete della sinistra oggi? Io non le vedo. È possibile che un partito di opposizione a poco più di una settimana dalla manifestazione, stia discutendo su quanto la manifestazione dovrà essere contro il Governo? Molto, o un po’ meno contro? Pare di essere dentro un film di Moretti. Avvilente, c’è una drammatica inadeguatezza tra il dibattito interno al Pd e la dimensione dei problemi in campo
Siete in 100 nel comitato costituente, Capezzone è il numero 23. Il motto popolare dice quando cantano troppi galli non si fa mai giorno.
Guai all’idea che la stanza dove si siedono quei cento sia impermeabile e vietata agli estranei, oltre ad essere un luogo dove due gruppi dirigenti sono impegnati in una fusione a freddo. Il partito deve essere aperto, come il dibattito. Dobbiamo immaginare una realtà che duri per dieci anni. Nei prossimi dodici mesi fioriranno tantissime tanti luoghi dove avverrà la elaborazioni di software culturale. La leadership forte c’è, la compattezza programmatica anche, il dibattito culturale sta crescendo.
Tra quanto avremo un bipartitismo maturo?
Il Pdl da parte sua è pronto e un passo importante, se non decisivo, lo si è avuto il 14 aprile. A questo punto aspettiamo il Pd, sperando che non si sfasci, altrimenti torneranno i nanetti. Da questa situazione di difficoltà del Pd nasce opportunità per il Pdl: quella di avere di poter parlare non solo agli elettori tradizionali di An e Fi, ma ad una platea più ampia, come gli elettori liberali, repubblicani, socialisti, liberalsocialisti, riformisti, radicali, che con tutta la buona volontà non possono riconoscersi nella politica economica di Visco o, per quel che riguarda la politica sulla giustizia, Di Pietro. Il compito del Pdl dovrà essere quello di parlare anche a questi elettori di centrosinistra liberali.
Capezzone, ma allora il Pdl è in buone mani? Sorride, annuisce con la testa, ci saluta. Sembra rispondere di sì.