Il Pdl va alla conta su Bocchino, pronta una mozione di sfiducia

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Il Pdl va alla conta su Bocchino, pronta una mozione di sfiducia

28 Aprile 2010

“Si va alla conta sul caso Bocchino”. E’ la frase che rimbalzava ieri nei banchi della maggioranza a Montecitorio e che riassume ciò che accadrà oggi nella Sala della Regina dove alle undici in punto sono convocati i 270 parlamentari del Pdl. Un punto solo all’ordine del giorno: le dimissioni del vicecapogruppo vicario.

La convocazione dell’assemblea è stata decisa ieri mattina e comunicata dal capogruppo Cicchitto. La fuga in avanti del finiano doc che vuole lasciare l’incarico ma si candida alla presidenza del gruppo sostenendo che i destini del vice e del capo sono legati a doppio filo, ha provocato un’accelerazione che solo ventiquattrore fa non sembrava realistica. L’orientamento di massima, infatti, privilegiava la via attendista, anche perché la mossa di Bocchino non ha centrato l’obiettivo (far decadere Cicchitto) ma in compenso ha provocato la resa dei conti dentro i finiani col suo nome finito al centro del bersaglio.

Ma cosa è cambiato in un giorno? Se da un lato la fibrillazione tra i deputati pidiellini aveva già raggiunto il livello di guardia,  ad accelerare ciò che magari sarebbe accaduto tra un paio di settimane, è stata l’irritazione del Cav. che rientrando a Roma ha trovato la patata bollente sul suo tavolo. Berlusconi avrebbe auspicato una soluzione rapida della vicenda Bocchino, esprimendosi a favore della convocazione immediata del gruppo e l’accoglimento delle sue dimissioni. Una vicenda che da giorni tiene banco sui giornali e che contribuisce ad aumentare il livello di tensione, rischiando di far impantanare nelle secche delle polemiche la road map sul programma di governo che il premier ha già pianificato.

E ieri la tensione è di nuovo salita a Montecitorio quando la maggioranza è andata sotto per un voto su un emendamento del Pd al dl lavoro (quello rinviato da Napolitano alle Camere): centocinque le defezioni nei banchi della maggioranza, tra assenze giustificate (esponenti del governo e deputati in missione autorizzata) e non. Una situazione che ha creato momenti di tensione, soprattutto nel Pdl tra alcuni berlusconiani e il drappello dei finiani, coi primi che hanno puntato l’indice sugli altri accusandoli di "sabotaggio". In realtà non è stato così, i finiani fuori dall’Aula al momento del voto erano otto e del resto sono stati gli stessi vertici del gruppo – Cicchitto in testa – a ribadire che l’episodio non portava con sè alcuna connotazione politica, bensì era riconducibile a "sciatteria e superficialità". Ma non è la prima volta che la maggioranza va sotto per "i soliti" assenti.

Dalla direzione nazionale del Pdl in poi, il nodo che Berlusconi non digerisce è che, nonostante Fini continui a ribadire di voler esprimere pacatamente le ragioni del proprio dissenso e illustrare in modo costruttivo le iniziative della componente finiana per rafforzare il Pdl, si cristallizzi l’esistenza di una minoranza dentro il partito e quindi di una piattaforma programmatica "parallela" o addirittura "alternativa". Di qui la decisione di convocare l’assemblea del gruppo parlamentare. Se ne incarica lo stesso Cicchitto con una lettera indirizzata a Bocchino che dà chiaro il segno del clima dentro il Pdl e che al tempo stesso contiene una notizia: Bocchino le dimissioni voleva ritirarle.

Nella missiva, infatti, il presidente dei deputati dà conto di una nuova lettera del suo vice in cui "pretendi semplicisticamente e con motivazione astruse e non condivisibili – scrive Cicchitto – di ritirare le tue dimissioni apparse su tutti i giornali e televisioni con voluto effetto mediatico". A questo punto, a decidere sarà il gruppo parlamentare.

Ma cosa accadrà oggi?  Sono tre gli scenari possibili. Il primo: Bocchino conferma le dimissioni, il gruppo le accoglie e la vicenda si chiude qui. Il secondo: Bocchino ritira le dimissioni. A quel punto – fanno sapere nei ranghi pidiellini – potrebbe essere presentata una mozione di sfiducia nei suoi confronti sulla quale l’assemblea sarà chiamata a pronunciarsi. Ipotesi che viene data per certa anche nel terzo scenario possibile, cioè nel caso in cui Bocchino confermi le dimissioni e contestualmente chieda che si provveda al rinnovo anche della carica del presidente dei deputati. In questo caso, siccome Cicchitto non è dimissionario e quindi la questione non è all’ordine del giorno, la richiesta del vicepresidente vicario è considerata irricevibile. Non è chiaro, invece, se oggi verrà eletto un nuovo vicecapogruppo e del resto, spiegano alcuni dirigenti pidiellini, non c’è alcun automatismo nè obbligo regolamentare e statutario. La questione potrà essere affrontata in un secondo momento e con tutta calma.

Una vicenda sulla quale Gianfranco Fini non nasconde disappunto e a Porta a Porta prova a dare il suo altolà rimarcando che se il gruppo "dovesse accettare  le dimissioni di Bocchino o peggio sfiduciarlo… altro che partito liberale di massa. E’ un modo di far cadere le teste". Se martedì aveva detto ai suoi che le dimissioni di Bocchino erano corrette, sembrando così sciogliere il nodo attorno al quale il suo fedelissimo si era avviluppato, ieri è stato in un certo senso costretto a difenderlo per tentare un "salvataggio" in extremis, poichè Bocchino ha dato continui segnali di aggrapparsi alla sorte del presidente della Camera. Se lunedì il suo messaggio era, come dire "la mia sorte è legata a quella di Cicchitto", ieri l’allusione era più pesante e chiamava in causa l’inquilino di Montecitorio. Pare infatti che nella riunione dei suoi fedelissimi Fini abbia dovuto convincerli uno per uno della necessità di difendere il vicecapogruppo anche obtorto collo e che non ci sia riuscito nè con Menia, nè con Laboccetta usciti allo scoperto con dichiarazioni inequivocabili, nè con diversi altri che oggi potrebbero manifestarsi nel segreto dell’urna.

Cicchitto, per evitare il precipitare degli eventi, ha offerto a Fini una facile via d’uscita quando nel salotto tv di Vespa ha sganciato la "questione Bocchino" dal rapporto tra Fini e Berlusconi spiegando che nel gruppo parlamentare si è creato un "problema di fiducia" tra il vice e il capogruppo che ha deciso così di aprire "una riflessione nel gruppo che non ha nulla a che fare col fatto che Bocchino e altri amici hanno posizioni vicine al presidente della Camera. Per esempio con Silvano Moffa che partecipa a riunioni del presidente della Camera, abbiamo sempre collaborato in un rapporto politico e personale ottimo". 

Se così stanno le cose, l’esito più ragionevole sarebbe la conferma da parte di Bocchino delle sue dimissioni così da evitare la conta e lasciare in sospeso ogni decisione sul vicecapogruppo vicario. Ma siccome Bocchino in queste settimane tutto è apparso fuorchè ragionevole, non sono da escludersi sosprese. Ad esempio, qualcuno si chiede se Bocchino si presenterà alla riunione o, tatticamente, la eviterà. Anche perchè è consapevole che molti di quanti condividono le posizioni de presidente della Camera non vedono l’ora di liberarsi di lui, visto che finora è sembrato giocare in proprio e non ha portato certo acqua al mulino della causa intrapresa da Gianfranco Fini.