Il peccato originale di Israele è esistere

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Il peccato originale di Israele è esistere

07 Ottobre 2010

Ecco uno spaccato della situazione internazionale nell’anno 2010. C’è un paese di circa 74 milioni di persone distribuite su un territorio vasto oltre un milione e mezzo di chilometri quadrati, con risorse naturali in abbondanza, governato da un regime fanatico e criminale, che mette in carcere, stupra e uccide i propri individui perché dissidenti o perfino per le preferenze sessuali. Un Paese che giustizia le donne con l’accusa di “infedeltà”, dedito alla progettazione di armi di distruzione di massa, che diffonde la sua teologia carica d’odio in tutto il mondo e promette apertamente che cancellerà un secondo stato dalla faccia della terra.

Ora immaginate questo secondo stato, circa sette milioni e mezzo di persone su 22.000 chilometri quadrati (meno della Sicilia), quasi privo di qualsiasi risorsa eccetto il talento e l’abilità del suo popolo. Un paese circondato da nemici fin dai tempi della sua nascita, vittima di ripetute aggressioni, salvato dal costate sacrificio dei suoi cittadini soldato. Uno stato guidato da un governo eletto che con rigore fa valere il principio della legalità, difende i diritti delle minoranze e la parità tra i sessi, dimostrando assai di frequente di essere disposto a cedere parti di questo suo scarno patrimonio in nome della pace. E adesso ponetevi queste domande: quale tra i due è costantemente oggetto di sdegno e di diffamazioni in tutto il mondo? Quale è attaccato dalla stampa liberale, condannato dagli intellettuali “progressisti”, oggetto delle proteste di studenti attivisti? Quale viene colpevolizzato per la sua legittima difesa? A quale dei due viene negato il diritto di esistere? Conoscete già la risposta: non è l’Iran, ma Israele. Non lo stato del terrorismo islamico, ma la Repubblica ebraica.

Non la terra di Ahmadinejad, ma la mia nazione. Noi, popolo ebraico, siamo da tempo avvezzi all’odio cieco dei nostri arretrati vicini. A loro che, prendendo spunto dai libri “sacri”, insegnano che “i musulmani devono combattere contro gli ebrei e ucciderli”, non ho proprio nulla da dire. Ma non riesco a comprendere chi, in nome dei diritti umani e della pace, innalza lo stesso vessillo di odio e di genocidio.

Perché, ammettiamolo, quelli che vogliono bandire i prodotti di Israele o boicottarne artisti e scienziati, annientano l’economia del paese per privazione, non cercano la pace sulla base di due nazioni. Ciò che vogliono è semplicemente distruggere lo stato ebraico. Oggi, tra molti di coloro che si definiscono “progressisti”, è convinzione diffusa che Israele, la cui creazione fu sancita dalle Nazioni Unite, sia comunque figlia del peccato. Solo a noi ebrei viene negato il diritto fondamentale di un popolo all’autodeterminazione, siamo gli unici a non poter avanzare rivendicazioni su alcuna parte del mondo. E’ uno strano connubio tra i radicali di oggi e i classici antisemiti di un tempo: in entrambi i casi l’ebreo buono è sempre e solo Ahasver, l’ebreo errante. Provate un po’ a chiedervi: quale mente può ostinatamente rinnegare l’evidenza di ciò che vede e ascolta? Gli arabi israeliani hanno uguali diritti, tuttavia quante volte avete sentito l’espressione “stato dell’apartheid” rivolta a Israele? Dal 1967, la popolazione palestinese è cresciuta in numero e qualità di vita, ma si è diffusa l’idea che gli ebrei stiano attuando una “pulizia etnica in Palestina”. Tutte le nostre guerre entrano di diritto tra i crimini di guerra, mentre lanciare razzi a obiettivi puramente civili o bombardare autobus e caffè è degno di appoggio e perfino di adorazione per il “trionfo dei più deboli”.

Più di una volta i governi israeliani hanno avanzato proposte di pace, eppure continuano a essere accusati di ostacolare la fine dei conflitti. Esiste un metodo dietro questa follia.
C’è un fiume di soldi macchiati di sangue e petrolio che alimenta chi inneggia alle sommosse antisraeliane, organizza boicottaggi contro Israele, diffonde falsità sul mio paese mascherate da “giornalismo obiettivo” e “analisi accademiche”. Carriere su carriere si fondano sul tradimento degli standard intellettuali, il velato incitamento antisemita, la cieca venerazione del debole sul giusto. Non è nemmeno Israele la prima vittima.

Infiammati dall’odiosa retorica, giustificati dai docenti universitari e da media rispettabili, gli “attivisti” si scagliano contro donne e uomini loro connazionali in attacchi antisemiti presenti quasi quotidianamente in tutto il mondo occidentale, mentre gli istigatori imputano alle vittime il reato di “sostenere Israele”. In “Letter to an Anti-Zionist Friend” dell’agosto 1967, Martin Luther King scriveva: “[…] Tu affermi, amico mio, di non odiare gli ebrei, ma di essere solo ‘antisionista’… E io rispondo, lascia che la verità riecheggi dalle alte cime dei monti, lascia che l’eco si diffonda tra le valli della verde terra di Dio: quando le persone criticano il sionismo, intendono gli ebrei… l’antisionismo è insito nell’antisemitismo, e così sarà sempre”.

Settantadue anni fa l’Italia ha tradito i propri cittadini ebrei. Oggi vogliamo che sia l’Italia a guidare la lotta contro chi vuole portare a termine il lavoro cominciato dai nazisti. Proprio l’Italia dovrebbe aiutare l’Europa a trovare la voce per prendere una chiara posizione: a favore della pace e contro il terrorismo; a sostegno del dialogo e contro i boicottaggi; per la libertà e contro la tirannia; e infine, in nome della verità e contro ogni menzogna antisemita.

*Yuli Edelstein è Ministro per la Diaspora d’Israele.

Tratto da "Il Foglio".

Traduzione di Studio Brindani.