Il pensiero di Gaetano Santomauro è ancora utile nella scuola di oggi
10 Aprile 2011
Riflettere su alcuni tra i numerosi spunti che la figura di pedagogista, meridionale e meridionalista, di Gaetano Santomauro (Minervino Murge, 1923- Bari, 1976), a trentacinque anni dalla sua scomparsa, offre chi voglia comprendere il dibattito pedagogico attuale nella dimensione teoretica sia in quella storiografica è l’intenzione dichiarata delle righe che seguono.
Costruire un itinerario di ricerca all’interno delle sue opere, significa accostarsi al pensiero ancora attuale di un Maestro di ispirazione meridionalista e personalista: di un personalismo realistico, che ha nella persona la misura delle cose e che nella persona ritrova il giusto equilibrio tra l’ansia del trascendente ed il presente. Per Santomauro essi erano la scuola e la società meridionali della seconda metà del XX secolo ed il ruolo che la prima doveva svolgere per il riscatto della seconda. Il suo impegno per il Mezzogiorno fu costante ed accompagnò la sua riflessione teoretica e la sua azione pedagogica: non a caso, fu assai vicino a Giovanni Modugno, ed intrattenne rapporti, anche epistolari, con Aldo Moro.
Il lascito migliore della riflessione di Santomauro, la cui prematura scomparsa ne ha impedito ulteriori sviluppi, che lo fa essere contemporaneo di noi uomini di scuola del Terzo Millennio, è, scrive R. Pagano in una sua bella monografia, “la sua fiducia inconcussa nell’educazione e nel suo ruolo positivo e propulsivo nella società, la sua speranza nell’educazione non in maniera fideistica né in forma ingenuamente ottimistica, ma in forma consapevole, responsabile, lucidamente ancorata al tempo storico e alla condizione umana”.
Di particolare interesse è la rilettura della sua opera principale Per una pedagogia in situazione (1967), se la si affronta come chiave di lettura critica e propositiva dell’oggi. La pedagogia in situazione non è una pedagogia relativistica (o nichilistica) che si smarrisce nella realtà o la ratifica. Anzi, come sostiene R. Pagano, è una pedagogia forte nei suoi principi, ma pronta a mettersi in discussione quando avverte i limiti ed i rischi di una deriva integralista. E’ una pedagogia che vuole operare nel mondo e con esso continuamente rinnovarsi.
E’ la scommessa didattica e pedagogica di oggi: formare persone competenti nell’umano significa educare, tra l’altro, alla responsabilità, alla partecipazione, alla solidarietà, al dialogo, alla tolleranza ed al rispetto della tradizione.
Nel XX secolo, per Santomauro, praticare la pedagogia in situazione significava difendere le peculiarità valoriali della civiltà contadina pugliese dall’industrializzazione e dall’urbanizzazione spersonalizzante. Non è difficile invenire nel suo impegno mai disgiunto di ricerca ed attività sociale, – consegnato a Civiltà ed educazione nel mondo contadino meridionale (1959), Il senso di una pedagogia impegnata (1963) e Problemi educativi e programmazione nel Mezzogiorno (1964) ed all’azione come Consulente tecnico dell’Ente Riforma e come rappresentante italiano presso l’UNESCO – i fondamenti teoretici per l’impegno attuale contro la spersonalizzazione di una società postindustriale, globalizzata, che tende ad omologare idee, comportamenti, costumi, linguaggi, impoverendo o svellendo le tradizioni e modificando gli stili di vita degli uomini, delle donne e dei bambini con la prospettiva ‘allettante’ dell’incremento dei consumi.
Praticare oggi una pedagogia in situazione significa riconoscere la dignità di ogni persona umana ed elaborare itinerari di “educazione compensativa” e di recupero dell’emarginazione. Tale riconoscimento è la cifra caratterizzante la cultura occidentale: la dignità dell’uomo definisce il suo essere persona ed il fine dell’educazione. Per la scuola, non è possibile educare le varie condizioni umane se non nell’ottica dell’accoglienza e della promozione di ogni persona.
La scoperta della dimensione compensativa dell’educazione nella scuola è abbastanza recente e riguarda tutti i “diversi”: gli svantaggiati, i diversamente abili, gli stranieri ma anche i geni. Ogni persona è unica ed irripetibile: la categoria della diversità consente alla scuola come comunità educante di valorizzarne ogni esperienza di vita, in un processo di reciproco arricchimento spirituale, foriero dell’estensione dei diritti di cittadinanza, delle opportunità formative e della valorizzazione delle intelligenze multiple, per dirla con Gardner.
Ogni diversità arricchisce di esperienze e di valori la comunità scolastica in un rapporto dialogico. La personalizzazione del processo didattico, attraverso la valorizzazione delle attitudini di ogni alunno, è l’idea guida del processo riformatore: favorisce la crescita della persona nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle identità di ciascuno, delle scelte educative delle famiglie.
Tutti i documenti programmatici implementano, come orizzonte valoriale e prassi di insegnamento, la filosofia della persona. Personalizzare l’insegnamento significa ‘curvarlo’ sulle necessità di apprendimento di ogni singolo allievo; significa progettare e costruire Piani di studio personalizzati, declinati sulle potenzialità effettive degli alunni in carne ed ossa, affidati alle ‘cure’ della singola équipe docente, in sinergia con le famiglie per rendere possibile il successo formativo di tutti, per ridurre/rimuovere gli insuccessi e per promuovere le eccellenze.
Per raggiungere questi fini, è possibile creare sperimentazioni dell’imparare facendo (learning by doing), mediante l’attivazione di laboratori. Essi consentono di superare lo schema logocentrico lezione/verifica/lezione, per attingere ad una metodologia educativa fondata sul lavoro (laboratorium deriva da laborare) e sull’esperienza, che stimolano la socializzazione e la relazionalità, le caratteristiche tipiche della persona che si colloca nel mondo.
I laboratori sono uno spazio didattico ed una modalità di apprendimento che consentono di conseguire in modo efficace gli obiettivi formativi e quelli di apprendimento: il sapere (conoscenze), il saper fare (abilità) il saper essere (comportamenti e competenze) poiché promuovono linguaggi plurimi e non soltanto quelli “dal collo in su”.
La laboratorialità colloca la prospettiva delle scuole autonome sulla medesima lunghezza d’onda dell’attivismo pedagogico, ampliando le opportunità formative per i bambini, i ragazzi, i giovani e gli adulti di tutte le età interessati a crescere, a migliorare se stessi ed a riqualificarsi in un mondo in continua trasformazione.
La personalizzazione ed il learning by doing possono avere il ruolo di stimolare tutta la società a riconoscere le finalità sociali ed i valori che persegue la scuola: è questa una tra le tante lezioni magistrali che la “voce” di Gaetano Santomauro può impartire alla scuola di oggi.