Il pessimo giornalismo “alla Rampino” è lo specchio dei nostri tempi

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Il pessimo giornalismo “alla Rampino” è lo specchio dei nostri tempi

31 Ottobre 2011

Forse mai, nella storia della trasmissione radiofonica ‘Prima pagina’, si era sentito un conduttore più fazioso di Antonella Rampino, giornalista de ‘La Stampa’, che ci ha intrattenuto, con la sua lettura dei quotidiani e i commenti alle domande dei radioascoltatori, dal 24 al 30 ottobre. Nessuna meraviglia che una autentica ‘mens totalitaria’ come la sua scriva sul quotidiano dei ‘padroni’ per antonomasia.

I lettori di Luigi Einaudi sanno bene, infatti, che il vero conflitto sociale non è quello che oppone la classe operaia a quella imprenditoriale ma quello che oppone il ‘sezionalismo’ del blocco sociale vincente al resto della popolazione attiva. Sezionalismo significa, in sostanza, che le aziende decotte salvano profitti e salari scaricandoli sui contribuenti, in nome (oggi) della ‘economia sociale di mercato’. La Fiat di Marchionne non è più quella di Montezemolo ma i giornali hanno (e per fortuna) una loro autonomia e non cambiano linea dall’oggi al domani—se ‘La Stampa’ lo facesse, sarebbe senz’altro un guadagno per la cultura liberale in Italia, ma questo è un altro discorso. Tornando alla Rampino la sua formazione etico-politica, il suo approccio ai grandi temi della politica e dell’economia nel nostro paese, il suo ‘stile di pensiero’ (chiamiamolo così) mal si distinguono da quelli dei giornalisti di ‘Liberazione’, ‘Il Manifesto’, ‘Repubblica’ etc. Non siamo neppure sul piano delle ‘due campane’ e quando le opinioni di chi la pensa diversamente vengono riportate (purtroppo non se ne può fare a meno, anche se si tratta delle opinioni di politici impresentabili..) non manca il companatico di ironia e di discredito. Insomma un pessimo esempio di giornalismo, segno inequivocabile dei tempi tristi che stiamo vivendo.

Congedandosi dai radioascoltatori, la Rampino li ha ringraziati per le numerose attestazioni di stima che ne ha ricevuto ma ha anche tratto pretesto da qualche email critico nei suoi confronti per sottolineare che la sua professionalità le ha imposto, in questa trasmissione come nella sua attività giornalistica in generale, di ‘attenersi ai fatti’. Evidentemente non deve aver mai letto la pagina di Max Weber in cui il più grande scienziato politico del secolo scorso metteva in guardia < il vero maestro> (ma la regola aurea si può estendere al ) dal sospingere i suoi allievi, .De minimis non curat praetor e non varrebbe la pena di occuparsi della Rampino se non ci trovassimo dinanzi all’ennesimo esempio dei guasti provocati dall’ ovvero da quel modo di intendere la funzione della cultura e della scienza che ne fa docili ancelle al servizio delle ‘cause buone’. Per la giornalista de ‘La Stampa’, che Berlusconi, il centro-destra, il ‘liberismo selvaggio’ etc. siano forze a difesa della reazione, intese ad azzerare le conquiste del movimento operaio e dello ‘stato sociale’, son cose che possono negare soltanto quanti sono in malafede. La ‘verità’ va detta a voce alta e se qualcuno sostiene che in etica, come in politica, ma solo opinioni e congetture a confronto, che si trovano tutte sullo stesso piano e sulle quali dovranno pronunciarsi gli lettori con il loro voto, quel ‘qualcuno’ con ogni probabilità si trova sul libro paga di Fedele Confalonieri.

Sto esagerando? Per nulla. Nell’ultima puntata della trasmissione da lei condotta, la Rampino, parlando di Matteo Renzi, di questo ambiguo individuo che rischia di scompaginare la sinistra (ma in realtà, è più pericoloso per la destra, giacché sono non pochi gli elettori delusi del PDL che guardano a lui come a un possibile ‘salvatore della patria’), non ha resistito alla tentazione di giudicare del tutto inconsistenti i suoi programmi e le sue strategie— beninteso — e, a conclusione della sua analisi pacata e oggettiva, lo ha definito un ‘manager di Pubblitalia’. Forse non sarebbe servito a nulla farle rilevare che le ragioni degli anti-renziani possono essere ben fondate argomentate ma che la visibilità conquistata da Renzi pur significa qualcosa e viene incontro a bisogni e a insofferenze che vanno registrate e demonizzate. So bene che le mie sono parole al vento che vengono da un mondo che non esiste più: un mondo in cui, prima ancora che ‘prendere posizione’ a favore dell’una o dell’altra parte, si richiedeva l’impegno a ‘capire le posizioni dell’una o dell’altra parte’. La Rampino non ha nulla da temere, però: la sua ‘linea culturale’(!) è vincente in tutti gli ambiti del sapere e della ‘Repubblica delle Lettere’. La stragrande maggioranza dei giuristi, dei filosofi politici e persino degli economisti la pensa come lei: quanti si dedicano al lavoro intellettuale come professione sono guerrieri che combattono ossia con la penna e non con la spada.

Se la destra in Italia cominciasse a occuparsi di ‘cultura’ (prendendo atto della strategia togliattiana volta a conquistare la società civile non attraverso le banche e gli enti parastatali ma attraverso le redazioni, le università, le case editrici), probabilmente presenterebbe una versione rovesciata del rampino-pensiero, in nome di ‘evidenze’ diverse ma sempre col sottinteso che ci sono verità che solo gli sciocchi e i prezzolati si rifiutano di riconoscere. A riprova della superiorità della ‘civiltà liberale’ sulle altre (di destra, di sinistra, cattoliche, marxiste etc.) c’è, sicuramente, lo stretto legame tra ‘lo spirito della scienza moderna’ e le istituzioni della libertà.