Il Popolo della libertà già oltre il milione
03 Dicembre 2007
Sarà perché in tempi di anti-politica strisciante il termine “partito” non sembra il più adatto ad esprimere la voglia di partecipazione dal basso. Sarà perché un po’ di sano populismo – nell’accezione migliore del termine – non va mai male. Sarà pure perché il marchio alternativo, quello del “Partito della libertà”, dal notaio l’aveva depositato Michela Vittoria Brambilla, e forse lo zampino della “rossa di Lecco” non ha giovato molto alla causa.
Fatto sta che la scelta dei tre milioni di italiani che nel fine settimana si sono riversati nei gazebo non lascia dubbi: la nuova casa politica ideata da Silvio Berlusconi si chiamerà “Popolo della libertà”. Dopodiché – come ha spiegato lo stesso Cavaliere ai microfoni di Studio Aperto – saranno gli stessi cittadini i protagonisti della fase costituente: a loro, infatti, attraverso consultazioni e referendum popolari, sarà assegnato il compito di scegliere leader e programma, in nome di “una nuova forza che nasce dal basso” e che “può sconvolgere la vecchia politica”.
I numeri del secondo round nelle piazze d’Italia sono, se possibile, ancora più eclatanti di quelli di due settimane fa. Già, perché se portare otto milioni di italiani a firmare nei gazebo per mandare a casa il governo Prodi e tornare subito al voto era già stata un’impresa straordinaria, averne mobilitati altri tre dopo appena quindici giorni vuol dire aver toccato le corde giuste, e aver vinto la scommessa. E non è tutto: rapportati ai 400mila iscritti che un partito in ottima salute come Forza Italia può vantare, la valanga di un milione 176mila preiscrizioni alla nuova formazione politica raggiunte già alle 18 di domenica conferma che l’intuizione ha trovato riscontro nella realtà. Al di là di ogni immaginazione.
Erano più di vent’anni, ha fatto sapere il coordinamento nazionale azzurro, che un partito italiano non superava il milione di aderenti. E forse non è un caso che un politico accorto e navigato come Pier Ferdinando Casini abbia avvertito l’esigenza di avvicinarsi ad un gazebo per portare il suo saluto. Un gesto che Sandro Bondi ha accolto con parole di apprezzamento, e che rappresenta un primo significativo segnale di disgelo che – c’è da giurarlo – darà parecchio da riflettere anche a Gianfranco Fini.
Stravinto il primo round, irrobustito da un positivo avvio di dialogo con la controparte politica (il Pd) e da uno straordinario e concreto seguito popolare, il Cavaliere giocherà da una posizione di forza anche la partita interna a quella che fu la Casa delle libertà. Il leader dell’Udc sembra averne preso atto. Resta da capire come Alleanza nazionale si muoverà per uscire dall’angolo in cui si è cacciata.