Il populismo di Al Jazeera ha toccato il suo punto più basso a Gaza

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Il populismo di Al Jazeera ha toccato il suo punto più basso a Gaza

12 Febbraio 2009

Al Jazira nasce in Qatar nel 1996 e da allora è stata la “all news” egemone nel campo arabo: l’operazione "Desert Fox" in Iraq nel 1998, l’Intifada "Al Aqsa" nel 2000, i video di Bin Laden dopo l’11 Settembre, "Endurance Freedom" in Afghanistan nel 2002 e la Seconda Guerra del Golfo, sono tutti eventi seguiti sul campo dai giornalisti dell’emittente satellitare. Per molto tempo, il mito della "qualità" di Al Jazeera consisteva in ciò che i giornalisti arabi definiscono la "rivoluzione di Al Jazeera".

"L’opinione e l’altra opinione" era il motto che la sua redazione usava per garantire dibattiti tipici di un’informazione libera e svincolata da legami politici e governativi, tanto da riuscire a offrire spesso al pubblico arabo notizie e commenti sulla corruzione dei leader, offrendo la parola agli oppositori, fino a sfiorare veri e propri incidenti diplomatici. Ma col tempo l’elemento commerciale, emotivo e populista, ha preso il sopravvento e quella che un tempo era "informazione libera" ha ceduto il posto alla partigianeria e alla faziosità politica.

Le censure applicate su alcune testimonianze compromettenti per Hamas, durante la recente Guerra di Gaza, ci riportano a una realtà araba dove la libertà di informazione, nella stragrande maggioranza dei casi, sembra ancora pura utopia. "Hamas criminale, assassina, venduta! Quelli di Hamas volevano farci crepare sotto le bombe sioniste!", così gridavano i militanti di Fatah ai giornalisti di Al Jazeera il 28 gennaio scorso, dopo che era stata colpita la prigione Saraja di Gaza, dove erano stati segretamente raccolti i palestinesi rivali di Hamas. "Non si possono mostrare le divisioni interne", intimano i portavoce di Hamas chiedendo che la trasmissione sia interrotta. E Al Jazeera non trasmette la notizia.  

Mostrare la faccia più drammatica di una guerra, scegliendo intenzionalmente di omettere i dissensi interni al campo palestinese, significa applicare una censura a quelle voci che si sentono vittime di una guerra suicida, e che molto spesso sono stati usati come "scudi umani". L’accusa rivolta ad Al Jazeera di aver censurato alcune notizie della Guerra di Gaza viene da molti media arabi, e innanzitutto dall’emittente Al Arabiya, l’unica rivale in grado di competere ad armi (impari) con Al Jazeera. Tanto che lo scorso 7 febbraio i miliziani di Hamas hanno intimato all’inviato di Al Arabiya di lasciare la Striscia. Il commento del giornalista: "Dietro la mia espulsione potrebbero esserci elementi legati all’Iran". Hamas ovviamente ha detto di avercela con il cronista e non con la catena televisiva.       

Nata a Dubai nel 2003 all’interno del gruppo MBC, Al Arabiya ha un taglio più aperto alle influenze e al dialogo con il mondo occidentale. Viene accusata di non aver concesso abbastanza spazio alla Seconda Intifada, e di aver taciuto sulla gravità delle perdite civili nella Guerra di Gaza. Secondo il parlamentare islamista yemenita Mohammed Al Hamzi, Al Arabiya è una "tromba sionista non meno pericolosa di Israele… che persegue il compito diabolico di coprire e travisare i fatti". Ma il fatto di essere schierata non compromette il suo distacco emotivo ed è per questo che Al Arabiya è stata scelta sia dal presidente Bush che da Obama per rilasciare importanti interviste destinate al mondo arabo e musulmano. Dallo scandalo delle torture americane nelle carceri di Abu Ghraib fino alla prima intervista concessa dal presidente Obama il 28 Gennaio scorso.

Al Jazeera, al contrario, viene considerata dal governo americano poco meno che una simpatizzante del fondamentalismo islamico, se non come un network islamista vero e proprio – visto che i video, le immagini e le notizie sulla cupola di Al Qaeda continuano a venire dall’emittente del Qatar. Pensiamo a uno dei personaggi di Al Jazeera, chiamato “Abu Akram dalla Svezia”, che telefonava in trasmissione facendo affermazioni tipo: "adesso vi suggerisco un piano per distruggere Israele assumendo mercenari dello Sri Lanka che pompino gasolio nel lago Tiberiade per incendiare le città israeliane". Non siamo davanti a un esempio di satira ma a dei veri e propri boomerang lanciati nel mercato satellitare per colpire il mondo islamico. Un sensazionalismo ricercato ansiosamente che trascina l’intero prodotto Al Jazira verso la banalità, in un modello che dalla tv commerciale sconfina in quella di propaganda.