Il povero Fini ne ha sparate troppe e ora non gli crede più nessuno

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Il povero Fini ne ha sparate troppe e ora non gli crede più nessuno

17 Maggio 2011

di Marco

Gianfranco Fini si trova nella umanamente poco piacevole situazione in cui qualunque cosa dica non c’è modo di poterlo prendere sul serio. Il motivo è banale e sotto gli occhi di tutti: quando nella tua poco edificante carriera politica all’ombra di altri hai avuto modo di affermare di tutto e di prendere qualsiasi posizione, è difficile, alla fine, trovare persone disposte ad attribuire un qualche valore d’uso (come direbbero gli utilitaristi) alle tue "sparate" marginali. Questa cosa è, come detto, banale. Però a Gianfranco nostro proprio non gli entra in testa. Così, invece di chiudersi in casa con moglie e suocera a trarre qualche insegnamento dagli ultimi, tristissimi anni di scelte personali e politiche fallimentari, continua coattivamente ad esporsi al ridicolo.

Ecco, dunque, che sabato scorso, da Reggio Calabria, ha rivendicato con orgoglio, tra gli applausi di un gruppo di cugini di Bocchino appositamente giunti in pullman nella città calabra, di avere boicottato la legge sulle intercettazioni. Negli spasmi della foga tribunizia, però, ha calcolato male le facili conclusioni che da quell’affermazione si sarebbero potute trarre. Le espongo. Da un anno circa, l’ex fascista ha cominciato a premere sull’acceleratore dei distinguo da Berlusconi. Da un anno circa, la procura di Milano ha iniziato a sperperare denaro pubblico nell’intercettazione di decine di ninfette in cerca di facile notorietà: intercettazioni a tappeto, di quelle che, guarda caso, una legge proposta dal Governo vuole impedire. Più o meno dallo stesso periodo, i cosiddetti finiani cominciano a fare melina proprio su quel testo, ribaltandone, di fatto, l’impostazione, al punto da spingere il Premier a minacciarne il ritiro. Nel frattempo, il solco con il PdL continua ad essere approfondito, fino a dare vita a gruppi parlamentari autonomi e, successivamente, ad un vero e proprio partito. Qualche decina di parlamentari vengono ingannati con magniloquenti falsità sulla nuova destra (un certo numero, più probabilmente, con promesse di privilegi personali) e si arriva, a settembre, al primo voto di fiducia.

Parallelamente, approfittando del caos politico sollevato dal neo comunista, i pm di Milano continuano a muoversi nell’ombra, lanciando messaggi conciliatori tramite Bruti Liberati. Si arriva a dicembre. Fini decide di dare la spallata a Berlusconi, togliendosi finalmente la maschera indossata fino a quel momento per trarre in inganno i compagni di fuga. L’obiettivo adesso è chiaro (ed il medesimo fin dall’inizio): fare cadere il Governo. Due meritorie e coraggiose parlamentari scelgono il buon senso e sgambettano lo sgambettatore. Fini se ne va in ferie in un paradiso turistico nel mare arabico e inizia un periodo di silenzio stampa, interpretato da molti commentatori come la definita presa d’atto, da parte dell’ex ex, della propria sconfitta. A metà gennaio, una Consulta di Pilati boicotta il legittimo impedimento, garantendo ampia autonomia discrezionale ai pm. La settimana successiva, dopo un anno di odioso e silente voyerismo, Bocassini & Co smettono di strisciare a pancia sotto nel sottobosco e, con cappellini, trombette e coriandoli, scatenano la samba dell’ipocrisia.

E siamo ad oggi. Nonostante il plateale fallimento di dicembre (l’ultimo di una imbarazzante serie), Fini ritorna a riempirsi la bocca di aria e rivendica il ruolo avuto nel boicottaggio della legge sulle intercettazioni. Come dire, insomma, che non è stato in grado di fare il suo fino in fondo (e la suocera si sarà, per questo, parecchio arrabbiata), ma qualcosina è comunque riuscito a portare a casa ed un posticino sul carro se lo merita anche lui. Magari non è proprio quello che Gianfry immaginava quando Bocchino gli riempiva la testa di eccitanti fantasie di potere, ma, in fin dei conti, egli è ormai assuefatto all’ombra e si può accucciare ancora una volta ai piedi di qualcun altro (con la suocera ci manderà a parlare quel figo di Barbareschi). Comunque, lasciando da parte le miserie di quella noiosissima macchina da sproloquio che è il Gianfry ed osservando dall’alto le vicende degli ultimi mesi, non pare anche a voi che siamo di fronte ad una manovra a tenaglia bella e buona, organizzata per incastrare super Silvio? Una specie di operazione "Bocaffini", insomma. Sulla carta un piano diabolico, nella pratica una specie di gioco dell’oca (e non tanto con riferimento al passo di marcia che in tempi ormai lontani ammaliava il “genero” nazionale, ma proprio nel senso autenticamente zoologico del termine). Un gioco in cui un destino beffardo ha inserito anche la casella dell’autorizzazione a procedere per la casa di Montecarlo (dimenticata ormai da mesi in qualche cassetto di tribunale). La regola è semplice: se ci entri, sei obbligato a fermarti due turni e lasciare che siano i pm a lanciare i dadi.