
“Il premier nasconde il flop della Ue. Bossi dica se vuole ancora le riforme”

15 Dicembre 2011
Gaetano Quagliariello è vicecapogruppo vicario del Pdl in Senato. In realtà la sua professione sarebbe quella di accademico, specializzato in storia della Francia (rivoluzioni e decapitazioni incluse). Il che gli consente di mantenere una certa freddezza dinanzi a tutto quello che è successo al Paese e al Pdl negli ultimi tempi.
Mario Monti accusa il governo Berlusconi di aver «invocato» la lettera inviata dalla Bce all’Italia. Si dice anche pronto a sostenere la Tobin Tax, al contrario di chi lo ha preceduto. Starà mica prendendo le distanze da voi?
«Non mi preoccupa tanto questo. Monti gioca ad alternare continuità e distanza con l’esecutivo precedente. Mi interessa, piuttosto, che il governo tecnico si comporti come tale. Se si mette a fare le cose che avrebbe fatto un governo politico, con più imperizia, allora viene meno la ragione per la quale è stato chiamato».
Sta dicendo che sulla manovra Monti non si è comportato come doveva?
«Non mi è sembrato che martedì notte alla Camera, in commissione Bilancio, il governo sia riuscito ad ottenere un clima diverso da quello tipico di certi mercati delle finanziarie…».
Monti dice che lui è stato chiamato perché voi politici avete fallito.
«Monti è stato molto ingeneroso. E sostenere una simile tesi significa coprire il fallimento dell’Europa. Quando la crisi economica è arrivata nel nostro continente ha trovato istituzioni comunitarie che non funzionavano e un’Europa senza identità. Lo strumento maggiore che l’Europa si era data, la moneta, era priva di strumenti di governo, senza una banca di ultima istanza che la governasse. Il risultato è che l’Europa e i singoli Stati nazionali sono stati privati della sovranità e messi alla mercé della speculazione. Anche se avevano fatto scelte virtuose».
Non sembrate entusiasti dei risultati ottenuti a Bruxelles da Monti e dagli altri capi di Stato.
«A Bruxelles si sarebbe dovuta dotare la moneta di quegli strumenti che ancora non ci sono. Di fronte alla impossibilità di farlo si è ripiegato su una soluzione secondaria: creare un’Europa intergovernativa, basata su una serie di vincoli nelle costituzioni nazionali. Una oggettiva limitazione della sovranità nazionale».
Sulla quale volete che si pronunci il Parlamento.
«Senza dubbio. La democrazia può essere tante cose, ma dal concetto di fondo non si può sfuggire: essa si fonda sulla sovranità del popolo. Gli elettori, a un determinato livello, devono potersi esprimere».
Il rischio è che decidano tutto i tecnici.
«Infatti. I partiti che per responsabilità appoggiano il governo devono smettere di cincischiare e dire con chiarezza se vogliono creare istituzioni più efficienti. Se vogliono un bicameralismo funzionante; se intendono porsi il problema della legittimazione del potere esecutivo o se preferiscono continuare a lamentarsi della “deriva plebiscitaria”, per affidarsi poi a un presidenzialismo di fatto».
Queste riforme siete disposti a farle anche senza la Lega?
«Noi abbiamo un punto di riferimento: un testo che porta la firma di Berlusconi e Bossi, che prevede il rafforzamento dei poteri dell’esecutivo, il bicameralismo funzionale, per cui alcune competenze sono assegnate alla Camera e altre al Senato, e il dimezzamento dei parlamentari. Se la Lega abbandona questo progetto, il problema è suo, non nostro».
Ve li aspettavate le urla e cartelli inscenati dalla Lega in aula contro Monti?
«Erano abbastanza prevedibili. Anche il governo se li poteva attendere. Resta il fatto che la Lega si trova in un’evidente contraddizione, per certi versi maggiore della nostra».
Quale contraddizione?
«Lunedì ha presentato una mozione per chiedere che venga attuato il federalismo fiscale. Questo, ricordo, è stato la risposta strutturale che Pdl e Lega, insieme, avevano dato alla crisi. Ed è stato anche la risposta per tenere insieme questo Paese senza che una parte si senta vessata dall’altra. Che linea politica è quella che il lunedì chiede il federalismo fiscale e il martedì la secessione?».
La Lega resta comunque l’unico partito che non si spaventa dinanzi all’ipotesi di un crollo dell’euro. Anzi, sembra auspicarlo.
«Non credo che la prospettiva di diventare la provincia meridionale di un’Europa a trazione tedesca possa affascinare il Nord».
(tratto da Libero)