Il presidente dell’INPS e i suoi privilegi veri
24 Aprile 2018
Dopo la guerra dichiarata ai “privilegi parlamentari”, il presidente dell’INPS Tito Boeri ha denunciato, con grande enfasi, un altro scandalo. Ecco le sue testuali parole: “in aggiunta ai vitalizi c’è un’altro tipo di privilegio: gli oneri figurativi. Se un parlamentare era prima lavoratore dipendente, durante il mandato alla Camera o al Senato l’INPS gli deve versare i contributi datoriali: si tratta di circa il 24% della loro retribuzione, che in alcuni casi l’INPS ha versato per 20-40 anni”.
Prime vittime di questa dichiarazione sono stati l’ex parlamentare e ministro Mario Landolfi (che non percepisce ancora nessun vitalizio, fa il pendolare tra Napoli e Roma e vive con lo stipendio da giornalista che Il Secolo d’Italia può permettersi di pagargli) e il giornalista di “Non è l’arena”, Danilo Lupo, che mentre braccava Landolfi chiedendogli conto del suo supposto privilegio è stato aggredito dall’ex ministro che ha perso il controllo e lo ha colpito con un pugno.
Davanti alla denuncia del Presidente dell’INPS non è stato facile spiegare ai cittadini che dal 1999, cioè da vent’anni, i lavoratori pubblici e privati eletti parlamentari sono l’unica categoria di lavoratori in aspettativa che è obbligata a versare per legge i contributi nella parte spettante ai lavoratori, soltanto per mantenere il posto di lavoro a stipendio zero e nessuno sviluppo di carriera. Questo non accade, per esempio, ai sindacalisti a cui sono stati mantenuti, come a tutti gli altri lavoratori in aspettativa, i diritti previsti dallo Statuto dei Lavoratori relativamente a quest’ambito.
Ma qual è invece il trattamento di cui gode il professore Boeri, professore ordinario di Economia del Lavoro all’Università Bocconi di Milano, e da quasi 4 anni presidente dell’INPS? La sua posizione è disciplinata dal DPR 382/80 che riguarda i professori universitari, in base al quale è stato collocato in aspettativa obbligatoria in quanto nominato alla carica di presidente di un ente pubblico a carattere nazionale (art 13.10)
Diversamente dagli altri lavoratori, per i professori universitari “il periodo” di aspettativa è utile ai fini della progressione della carriera” con versamento a carico dell’amministrazione di appartenenza (Legge 1078/66) dei “rispettivi fondi ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, delle ritenute eventuali, nonché delle trattenute relative al trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza sanitaria” obbligo che la legge 382/80 ha posto a carico degli enti che i professori universitari presiedono.
Con molta cortesia, l’INPS ci ha informato che il Professor Boeri, senza averne obbligo come i parlamentari, versa spontaneamente la parte dei contributi spettanti al lavoratore, mentre l’Università Bocconi ci ha cortesemente informati che dei contributi datoriali si fa carico la stessa università.
Nel dubbio che l’accantonamento di tali oneri spetti all’INPS e non alla Bocconi sorge spontanea una domanda: ma come mai il Professor Boeri gode dello stesso odioso privilegio che denuncia per i parlamentari?
E poi il Professor Boeri, che percepisce dall’INPS più di centomila euro all’anno, non è forse iscritto ad una gestione separata dove deve versare i contributi che gli daranno diritto ad una seconda pensione, parametrata agli anni di presidenza?
A noi non interessa sapere se il professor Boeri oltre che professore in aspettativa e presidente dell’INPS faccia pure il giornalista o sia membro del consiglio di amministrazione o presidente di altre società: vorremmo però capire i motivi per i quali abbia omesso di spiegare agli italiani che non versa i contributi figurativi datoriali, che godrà in futuro di una doppia pensione, e diversamente da tutti gli altri lavoratori il suo periodo di aspettativa viene valutato come “utile ai fini della progressione di carriera”.
In alternativa alle risposte a queste domande esiste ancora il vecchio, ma sempre valido, istituto delle dimissioni.