Il presidente iraniano in Italia non ha incantato nessuno
03 Giugno 2008
Se la ricorderà per un pezzo questa “vacanza romana” il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Se aveva sperato di utilizzare l’assurdo relativismo etico della Fao per farsi la propria passerella mediatica come accadde a New York alla Columbia university un anno fa si era fatto male i propri conti.
Qui nella capitale della cristianità l’ex pasdaran della rivoluzione di Khomeini, che partecipò nel 1979 al sequestro di 444 ostaggi americani nell’ambasciata a Teheran, ha rimediato solo rifiuti, gaffes, contestazioni, marce contro di lui e tanta ma tanta propaganda negativa per il regime degli ayatollah. “Non praevalebunt”, dunque.
Di buon mattino appena arrivato ha trovato simbolicamente ad attenderlo i dissidenti iraniani che insieme ai radicali italiani hanno condotto la prima delle tante manifestazioni di protesta al Campidoglio. Poi gli ebrei romani hanno distribuito qualcosa come 25 mila volantini davanti alla Fao in cui era raffigurata la faccia barbuta di Ahmadinejad, sbarrata dal segno di divieto e accompagnati da scritte come “Non posso entrare” o “Non ti vogliamo”
Alla Fao invece nella tarda mattinata qualche addetto del cerimoniale ha pensato bene di compiere la gaffe diplomatica dell’anno. Quella più pesante: negare l’accesso al giornalista iraniano dissidente Ahmed Rafat, che anni fa fu anche eletto come segretario dell’associazione della stampa estera in Italia, alla conferenza stampa dello stesso Ahmadinejad. Cosa che ha comportato un’altra tegola diplomatica sull’Iran: l’annullamento da parte del presidente della Camera Gianfranco Fini (ex ministro degli esteri nei governi Berlusconi 2 e 3) della prevista visita di cerimonia con l’ambasciatore iraniano peraltro già calendarizzata per il prossimo 9 giugno. La notizia che ha dell’incredibile però è che il divieto di entrare ad Ahmed Rafat sia stato ufficialmente comunicato proprio dagli uomini addetti alla sicurezza della Fao. “Per ordine di Ahmadinejad”, gli è stato anche detto.
Fatto sta che lo stesso Ahmed Rafat ha protestato pesantemente con le autorità italiane e con l’ordine nazionale dei giornalisti: “Considero molto grave che la censura di Ahmadinejad arrivi fino a Roma e che impedisca a un giornalista, iscritto all’Ordine dei giornalisti italiani, di esercitare la propria professione perché ha opinioni negative, come moltissimi italiani, sul governo iraniano”. “E’ molto grave – ha sottolineato Rafat – che la Fao, un organismo internazionale ospitato dall’Italia, si renda complice del regime di Teheran.”
Incredibilmente il Tg3 delle 14,15 ha dato pochissimo risalto a questa cosa, al contrario di tutti i media televisivi e non, agenzie comprese. A dirla tutta, nel sentire l’edizione giorno del tg sembrava quasi che non fosse successo niente oggi a Roma, e che la visita di Ahmadinejad fosse da considerarsi una cosa “normale”. In compenso, per una volta, almeno la figura negativa di Ahmadinejad, unita ai suoi deliranti discorsi tenuti anche davanti ai mille e rotti delegati Fao, contro l’Onu, l’America e Israele (tutti accusati di fomentare la fame nel mondo, magari operando sulla svalutazione del dollaro “per fare pagare ai poveri” i tanti conflitti in corso in Medio Oriente e sul fronte della lotta al terrorismo islamico), ha messo d’accordo praticamente tutte le forze politiche italiane contro Ahmadinejad. Che può vantare il non invidiabile record di essere riuscito indigesto al governo Berlusconi, al governo ombra di Veltroni e persino all’Italia dei valori e a Di Pietro in persona.
E infatti a fare dichiarazioni di fuoco sono stati un po’ tutti: da la Russa a Di Pietro, passando per il ministro degli esteri Franco Frattini, per Veltroni, per Polledri della Lega e per Rutelli del Pd. Neanche una nota stonata, stavolta. E gli italiani hanno potuto così anche constatare e godersi gli effetti virtuosi derivati dall’avere tenuto i verdi di Pecoraro Scanio, la Rifondazione di Bertinotti e i Comunisti unitari di Diliberto fuori dal Parlamento. Con il loro voto sovrano. Ahmadinejad qui a Roma non ha incantato nessuno.