Il pressing dell’islam religioso sul Consiglio nazionale libico
10 Marzo 2011
Chi sono i nostri interlocutori all’interno del nuovo Consiglio nazionale libico e quant’è importante il fattore religioso nella rivoluzione in corso? Prima della costituzione del Consiglio, avvenuta il 5 marzo scorso, a parlare di governo di transizione è stato l’ex ministro della giustizia di Gheddafi, Mustafa Abdel-Jalil, subito smentito dall’avvocato Abdel Ghoga, portavoce del movimento rivoluzionario. A un mese di distanza dallo scoppio della rivolta, i due personaggi sono ancora divisi: Jalil disponibile a trattare con gli emissari del Colonnello, Ghoga che dice di non sapere nulla dell’argomento.
Quando c’è una rivoluzione ci sono sempre cambi di casacca, com’è accaduto a Jalil, che negli ultimi anni del regime di Gheddafi aveva già criticato la repressione delle opposizioni in Libia. Jalil ha un vistoso segno sulla fronte. I musulmani la chiamano zebiba ed è un po’ il marchio della devozione islamica: un bernoccolo provocato dal ripetuto battere della fronte sul tappeto della preghiera. Gli abitanti di Al Bayda, la roccaforte di Jalil, sono in prevalenza sunniti; negli ultimi anni questa zona è stata penetrata dai salafiti e dal wahhabismo, che hanno portato una visione neo-puritana dell’islam.
Gheddafi, che non si è fatto mancare le mani mozzate per legge durante il regime, aveva progressivamente riabilitato il "neo-sufismo", una forma di islam rispettoso della sharia ma al tempo stesso percorso da ideali di riforma e di rinnovamento. Misticismo e politica, il "sentiero verde" indicato dal rais. Gheddafi ha spinto i musulmani ad avere un rapporto diretto con la divinità, senza la mediazione degli hadith e dalla sunna, senza ulema e teocrati, il corrispettivo religioso dell’anarco-sindacalismo con cui è stato costruito lo stato. Questa ‘eresia’ ha spaventato gli ultraortodossi wahhabi e i Fratelli Musulmani che considerano ogni riforma del Corano una forma di occintossicazione. (Il "Libro verde" diffuso in milioni di copie dal Colonnello contiene spunti ascrivibili all’illuminismo e al volontarismo europeo del XVIII secolo, che si integrano nel progetto di democrazia di base della Jamaria).
Ora che la rivolta è scoppiata è lecito chiedersi se ci sono dei rapporti fra l’ex ministro Jalil e le elite religiose saudite ed egiziane ostili a Gheddafi: i Saud vendono più petrolio da quando il Colonnello ha perso il controllo dei pozzi, gli Usa hanno chiesto a Ryad di fornire armi agli insorti, il predicatore egiziano Qaradawi ha emesso una "fatwa di morte" contro il rais. Il sospetto è che il pio Jalil simpatizzi per i Fratelli musulmani, mentre Bengasi resta la patria della senussia, l’ordine monarchico-religioso che ha governato con discrezione la Libia per secoli. Non è chiaro se le diverse componenti religiose islamiche presenti all’interno del Consiglio nazionale libico siano destinate a saldarsi oppure no.