Il primo problema di Tripoli è disarmare i miliziani: operazione complessa
17 Dicembre 2011
Dopo la morte di Gheddafi non sono cessate le violenze in Libia. Anzi a Tripoli sono aumentate, causando insofferenza tra i cittadini e spingendo, nella giornata del 6 dicembre, il governo, il Consiglio nazionale di transizione (CNT) e il Comune della capitale libica, a fissare una scadenza, il 20 dicembre, entro la quale i gruppi armati dovranno disarmare o ritirarsi.
Tuttavia è improbabile che le milizie prestino ascolto a tale ultimatum: esse sostengono di stare soltanto garantendo la sicurezza poiché l’apparato di sicurezza libico è debole. Khaled el-Zentani, portavoce di una milizia proveniente dalla città occidentale di Zentan, è arrivato a definire l’esercito “una forza sconosciuta, con una leadership ambigua e una struttura basata sulla forza”. Il governo provvisorio si è impegnato a rafforzare l’esercito e ad integrare gli elementi della milizia, ma non gli sarà certo possibile farlo entro il 20 dicembre.
Per fare un esempio della situazione, cinque persone sono rimaste ferite il 10 dicembre vicino all’aeroporto Internazionale di Tripoli in uno scontro tra le truppe della Brigata Seconda Fanteria dell’Esercito Nazionale libico e i membri della milizia proveniente dalla città occidentale di Zentan. Secondo il portavoce Khaled el-Zentani, tutto è iniziato i combattenti hanno sparato contro un convoglio dell’esercito libico portando il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Khalifa Haftar a fermarsi a un check-point vicino all’aeroporto. Nella successiva sparatoria due miliziani di Zentan e tre truppe dell’esercito sarebbero stati feriti.
I membri delle diverse milizie, che hanno base regionale e tribale, sono ex ribelli contro il regime di Gheddafi. Sono gli stessi che hanno guidato la rivolta contro il rais libico e che l’hanno ucciso. In tutto sono 50.000 e il governo vorrebbe a lungo termine integrarne circa 20.000 di essi nell’esercito. Inoltre il presidente del CNT ha annunciato il 12 dicembre che l’esercito operativo, la guardia di confine e la forza di polizia saranno attivi entro 100 giorni.
La popolazione è stanca di violenza, ha compreso che questi gruppi non operano per la sua sicurezza e ha partecipato a numerose manifestazioni di protesta contro di essi. Inoltre sono scoppiate rivalità tra le tribù ribelli contro Gheddafi. Inutile nasconderlo: sotto la romantica coltre della “primavera araba”, in Libia ha avuto luogo una vera e propria guerra civile. Dei combattimenti avrebbero causato negli ultimi giorni quattro morti a sud ovest di Tripoli. Gli scontri sono iniziati sabato scorso vicino alla citta’ di Shgueigua fra membri della tribu’ dei Mashashia ed ex ribelli di Zenten (città situata a 170 km da Tripoli), i cui rapporti sono ulteriormente peggiorati durante la rivolta contro il Colonnello.
Le brigate di Zenten erano a capo delle unità che hanno “liberato” la capitale libica lo scorso agosto. Le loro armi provengono in buona parte dai magazzini abbandonati dalle forze di Gheddafi. I Mashashia sono invece accusati di essere sostenitori del vecchio regime. ”Ieri alcuni dei Mashashia ci hanno tirato contro dei razzi, oggi abbiamo replicato con dei Grad”, si è giustificato all’Afp Al Jilani Salem, membro del Consiglio militare di Zenten.
Opposta naturalmente la versione della tribù rivale. Un suo membro, Fraj al Mashay, ha dichiarato le violenze sono invece cominciate dopo ”provocazioni” da parte dei combattenti di Zenten, che avrebbero installato un posto di blocco vicino a Shgueigua per effettuare controlli di identità dei Mashashia. Dunque, se i 42 anni di dittatura di Gheddafi si sono conclusi, la Libia è assai lungi dal raggiungere la pace.