Il principe e il presidente, dove vanno i sauditi dopo il discorso di Trump a Riad

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Il principe e il presidente, dove vanno i sauditi dopo il discorso di Trump a Riad

22 Giugno 2017

Una nomina improvvisa quella del principe in Arabia Saudita e che va ad inserirsi immediatamente nelle dinamiche dell’asse Arabia-Usa-Israele. Mohammed bin Salman, 31enne, è diventato erede al trono, nella giornata di ieri, al posto del cugino, il 57enne Mohammed bin Nayef. Figlio del re dell’Arabia Saudita, è stato promosso a principe ereditario: assumerà il ruolo di vice primo ministro e manterrà la Difesa ed anche altri portafogli. Mohammed bin Salman non è uno sconosciuto per gli addetti ai lavori, già, infatti, autore di un piano economico disegnato per rendere l’Arabia Saudita meno dipendente dal petrolio, ha legami con il presidente Donald Trump. E’ dall’ascesa al trono del padre, nel gennaio del 2015, che il neo erede ha che fare con i programmi di privatizzazione dell’azienda petrolifera statale, la Aramco, e ha guidato la gestione della guerra nello Yemen, senza, a dire il vero, aver ottenuto questi grandi risultati.

La nomina assume un forte valore politico anche alla luce del ruolo centrale che il neo erede ha avuto nella frattura diplomatica con il Qatar avvenuta nei giorni scorsi, quando gli Stati arabi allineati con la amministrazione Trump hanno arroventato le relazioni diplomatiche con lo stesso Qatar, accusato di essere troppo filo-iraniano, ma anche amico dei Fratelli Musulmani. Per il Guardian addirittura la stessa decisione di isolare il Qatar è venuta proprio dall’ufficio di Bin Salman, che considera la vicinanza di Doha alla Fratellanza musulmana come una minaccia regionale per Riad. Il principe ha anche in più occasioni escluso ogni possibilità di dialogo con Teheran dopo aver accusato pubblicamente i mullah atomici di “voler controllare il mondo islamico”.

I commenti alla notizia della designazione di Bin Salman anche sulla stampa e nel mondo politico occidentale non sono mancati. “La sua nomina è percepita come precoce. All’interno dell’establishment saudita si ritiene che Bin Salman non sia degno dei poteri che gli sono stati conferiti”, ha affermato un diplomatico occidentale in visita nella capitale saudita a maggio. Ma il passo avanti di Bin Salman rafforza l’asse fra Gerusalemme e Riad, legando i due Paesi, l’unica vera democrazia dell’area, Israele, e lo stato guida del mondo sunnita, l’Arabia Saudita, nella lotta contro il nemico comune e prioritario, l’Iran. La convergenza strategica, sancita dalla comune alleanza con gli Stati Uniti, è frutto della nuova strategia di Donald Trump, con il discorso del presidente Usa a Riad delle scorse settimane e la creazione dei quella “Nato araba”, espressione del mondo sunnita, argine all’espansionismo iraniano, ma che per Riad e Gerusalemme vuole anche dire rafforzare i canali di scambio economico e commerciale.

Anche per il Times Arabia Saudita e Israele sono in fase di negoziazione per stabilire legami economici più concreti, nel nome proprio della comune inimicizia verso l’Iran. E, in questa direzione, la prima mossa sarebbe il via libera che Riad potrebbe dare alla compagnia aerea di bandiera israeliana, la El Al, a volare nello spazio aereo saudita, seguita poi dal permesso ad operare nel Paese del Golfo per le aziende israeliane. A sentire i boatos, inoltre, il genero del Don, Jared Kushner, sarebbe in buoni rapporti con bin Salman, e i due discuterebbero da tempo non solo delle relazioni israelo-saudite ma anche di come venire a capo del complicatissimo conflitto israelo-palestinese, altra questione su cui la Casa Bianca si sta muovendo senza troppo rumore, ma che potrebbe portare a risultati insperati. Va ricordato anche che Hamas, il gruppo terrorista al governo nella striscia di Gaza, sia prossimo sia alla Fratellanza musulmana, invisa sia agli Usa che all’Arabia Saudita, sia all’Iran due dei nemici giurati di Israele.

A inizio giugno, il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, aveva dichiarato che la rottura diplomatica tra Qatar e gli altri paesi arabi avrebbe “aperto opportunità di cooperazione”, precisando, però, che l’argomento israelo-palestinese sarebbe rimasto ben distinto dalla ricomposizione dei rapporti con l’Arabia Saudita e le altre monarchie ereditarie. L’avanzata di Bin Salman riapre infine la discussione sul contrasto al terrorismo jihadista, e sulla guerra a Isis, lo Stato islamico, che negli ultimi tempi ha perso numerose battaglia ma non è ancora stato sradicato fra Siria e Iraq. Qui il discorso rischia di farsi scivoloso, visto che Bin Salman viene considerato un falco nella lotta contro gli avversari di Casa Saud, in primis l’Iran, come abbiamo detto, e ricordiamo le frequenti accuse rivolte ai sauditi, meglio ancora, al potere religioso wahabita, una delle facce più integraliste del mondo musulmano, che ha una profonda influenza sulla casa regnante e non è del tutto alieno dal foraggiare la Guerra Santa nell’area e a livello internazionale. Dunque la domanda è come cambierà e in quale direzione il controterrorismo nel regno dopo la designazione a erede al trono di Bin Salman? I sauditi continueranno a combattere il terrorismo islamico, come chiede con forza Washington?