Il problema della crescita zero ruota attorno all’energia

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il problema della crescita zero ruota attorno all’energia

Il problema della crescita zero ruota attorno all’energia

05 Maggio 2008

Ci dicono che avremo una crescita economica vicino
allo zero. Che saremo “il cucchiaio di legno” dell’Europa, peggio di tutti. Che stiamo perdendo competitività, che il potere di acquisto diminuisce
sensibilmente e che l’inflazione comincia a divenire un problema serio.

Mille
le colpe: politiche, industriali e sindacali. Sarà tutto vero, anche se sui
pareri e sui conti del burosauro europeo qualche dubbio bisogna mantenerlo. Qui
però vale la pena sottolineare una peculiarità negativa, tutta italiana, che
tende ad affossare ogni sforzo di crescita del Paese: si tratta della totale
(o quasi) dipendenza energetica dall’estero e in particolare da risorse come il
petrolio e il gas, il cui mercato, per motivi diversi, è esploso, tanto da
poter spiegare da solo, la crescita semi-zero prevista per l’Italia.

L’energia, nell’economia di un Paese, è
servizio (per esempio, gas e elettricità domestici); è prodotto di consumo,
spesso essenziale per la vita quotidiana collettiva e individuale; è fattore
di produzione diretto per gli impianti industriali, sia sotto forma di
elettricità, che di olio o gas.

Quando il prezzo dell’energia schizza in alto,
l’Italia  va sempre in ginocchio.  Perché tutti i costi dei prodotti e anche dei
servizi, seguono quanto meno la tendenza al rialzo dei prezzi energetici; e
talvolta tendono addirittura a superarla, in una spirale di attese economiche
negative e di corse irrazionali ai cosiddetti “accaparramenti” ( come nelle
economie di guerra).

A questo mercato dell’energia spinto alle stelle e trattato
in dollari, fa riscontro una politica monetaria della BCE , che di fatto
privilegia la continua rivalutazione dell’Euro sul dollaro. Questa politica, se
da un lato contrasta gli aumenti in dollari dei prezzi degli idrocarburi, dall’altro
penalizza i Paesi, che producono e vendono in Euro. E tra i più
industrializzati, quelli più deboli e maggiormente dipendenti dagli scambi
internazionali. E, come noto, non essendo l’Italia ricca di risorse naturali,
è solo un  Paese che importa, trasforma
e in gran parte esporta (estero dipendente perciò): oggi ci troviamo nella
tenaglia  dell’aumento di gran parte dei
prodotti importati a causa dell’esplosione dei prezzi energetici, da un lato, e
delle esportazioni in Euro (continuamente rivalutati, rispetto alle altre
monete), sempre meno competitive. E tutto questo reso ancora più complicato in
peggio dalla mondializzazione dei mercati e dalla spirale della crisi
alimentare in atto. 

Da queste brevi note risulta chiaro che
l’indebolimento del nostro sviluppo dipende innanzitutto da nostre carenze
energetiche. Se fossimo nelle condizioni energetiche di Francia, Germania o
Inghilterra, i nostri parametri economici sarebbero probabilmente analoghi ai
loro ( i conti, se pur complessi, si possono fare ). Quindi dobbiamo prendere
decisioni in campo energetico, capaci di ridurre la bolletta che paghiamo per
comprare idrocarburi. Come noto le politiche energetiche strutturali sono di
medio e lungo periodo. Ma bisogna iniziarle, subito, marginalizzando l’azione
dei giullari dell’energia che finora l’han fatta da padroni. La scienza e la
tecnologia hanno delle regole : se invece che nelle accademie queste regole si
discutono al bar, sicuramente andiamo a picco.

Ci sono anche politiche immediate da mettere in
atto. La razionalizzazione dei consumi, nelle case e nelle
fabbriche, negli uffici e nelle aree metropolitane.

Un sistema di trasporti nuovo, capace di usare i
mezzi in funzione dei fini. L’auto non può più essere solo moda o immagine:
essa deve essere  uno strumento e non un
bene da esibizione. Il treno deve essere ristrutturato e rilanciato in termini
di competitività reale. Le cosiddette autostrade del mare per il trasporto
merci devono essere attivate e incoraggiate.

Nuove piccole forme di produzioni energetiche e
nuovi combustibili possono essere realizzati in tempi rapidi e a costi
competitivi, con gli idrocarburi a questi livelli; il solare termico è da tempo
competitivo. Quasi un terzo dei consumi energetici complessivi è composto da
acqua calda. Produciamola con il sole e cominciamo ad usarla obbligatoriamente
in tutti gli edifici pubblici, scuole, ospedali, caserme, carceri, uffici;
anche per avviare un processo industriale nazionale che con le quantità
prodotte, può diventare sempre più competitivo ed avere un futuro sia nelle
tecnologie che nel design.

Resta il fatto che non possiamo più restare
prigionieri della bolletta petrolifera: pena non solo la crescita zero, ma
anche la recessione. Se,come dicono, il nuovo traguardo del petrolio è a 200
dollari a barile, l’Italia potrà solo farsi il segno della croce.